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Metalmeccanici, tutte le vertenze. Report Fim Cisl

Dossier metalmeccanici. L’intervento di Roberto Benaglia, segretario generale Fim Cisl Il nostro report dimostra come pur dentro una robusta ripresa del settore metalmeccanico, molto importante nel 2021, si sono confermati i casi di crisi “storiche” e  manifestati dei nuovi. Sono 107 i casi sul tavolo del settore metalmeccanico a dimostrazione che il settore continua a…

Il nostro report dimostra come pur dentro una robusta ripresa del settore metalmeccanico, molto importante nel 2021, si sono confermati i casi di crisi “storiche” e  manifestati dei nuovi.

Sono 107 i casi sul tavolo del settore metalmeccanico a dimostrazione che il settore continua a ristrutturare pur nella ripresa.

Questo è un tema che richiede sempre di più un accompagnamento di politiche adeguate; accanto a vertenze storiche stiamo vedendo l’emergere di nuove, ma la chiusura positiva di alcuni casi ci dimostra come il confronto costruttivo possa sempre trovare delle alternative e delle soluzioni. Il caso della Elica, in questo senso, per noi è stato indicativo, in quanto  invece di delocalizzare si è riusciti a mantenere e far rientrare produzioni in un settore industriale pur con bassi margini. Per questo siamo fortemente impegnati nelle ultime tre vertenze manifestate nel settore metalmeccanico: SaGa Coffe, Speedline, Caterpillar, nelle quali abbiamo davanti scelte di delocalizzazione prodotte da grandi gruppi in maniera immotivata trattandosi di aziende che hanno margine e competitività.

Per questo pensiamo che i confronti al MiSE e nelle sedi istituzionali debbano  sempre riuscire a raggiungere obiettivi che concilino la ricerca della competitività con il lavoro. Certamente in questo 2022 siamo da subito interessati a gestire la norma su Piani Sociali che il Governo ha introdotto nella Legge di Bilancio. Si tratta a nostro avviso, per il momento, di una norma debole che richiedeva tempi e impegni da parte delle imprese, ma ora è il momento di adottarla e di verificarla per vedere dove possibile di correggerla in futuro.

Per quanto riguarda le prospettive delle crisi e delle ristrutturazioni, noi vediamo due importanti campi difficili e significativi per questo avvio del 2022. Uno è senza dubbio quello dell’automotive, un settore che più di tutti gli altri rischia di aumentare i casi di ristrutturazione e di utilizzo degli ammortizzatori se non addirittura di scelte di abbandono industriale e questo sia a fronte del grave calo del mercato che della transizione ecologica che comincia a far cambiare le scelte industriali  e occupazionali.

Su questo tema riteniamo l’urgenza di un confronto tra le parti sociali direttamente con Federmeccanica sulle ristrutturazioni del settore e con il Governo per dar vita, come in Francia e Germania, a piani industriali tripartiti che traccino le linee di sostegno al settore e investimenti che permettano la riconversione industriale e la tenuta occupazionale.

Sul sostegno al settore dell’automotive si gioca la crescita del settore manifatturiero di questo Paese.

Il Secondo aspetto che evidenziamo è che paradossalmente la ripresa in atto venga abbattuta dall’aumento delle materie prime e dai costi vertiginosi dell’energia  che stanno diventando insostenibili.

I settori  primari come la siderurgia, fortemente energivori, stanno vedendo in queste settimane il costo dell’energia superare il costo del lavoro, si tratta di una contraddizione evidentemente insostenibile.

Noi ci schieriamo accanto alle associazioni del settore che stanno denunciando il tema ma soprattutto stanno chiedendo interventi concreti, noi ne evidenziamo due: calmierare e redistribuire gli extra profitti  che le imprese di produzione e gestione dell’energia stanno avendo nel nostro Paese e dall’altro intervenire soprattutto con ulteriori sostegni che possano calmierare i costi delle aziende trasformatrici per evitare, di avere aziende con tanti ordini ma che devono mettere in cassa integrazione i lavoratori perché: più si produce e più si rischia di perdere soldi.

Si tratta di aspetti in questo momento centrali e delicati che richiedono a partire dai primi giorni di gennaio risposte urgenti.

IL REPORT FIM CISL 2021 SULLE VERTENZE DEL SETTORE METALMECCANICO NEL SECONDO SEMESTRE

Nel presente report sono stati analizzati i tavoli di crisi regionali e nazionali del settore metalmeccanico delle diverse regioni italiane nel II semestre del 2021. Il quadro che emerge è quello di un settore che nonostante la crisi innescata dalla pandemia ha tenuto bene durate il periodo di lockdown e nel corso della seconda metà del 2021 sta recuperando i livelli pre-pandemia. Nonostante siano aumentati i tavoli di crisi nazionali con nuove vertenze Gkn, Gianetti Ruote, SaGa Coffé, Speedline cala seppur di poco il numero di lavoratori coinvolti nelle crisi, che passa da 56 a 54 mila. È anche vero che l’anno che si va chiudendo ha visto purtroppo l’epilogo anche di due vertenze storiche, la Whirlpool di Napoli e la ex-Embraco con la chiusura e il licenziamento di tutti i lavoratori.

L’aumento delle materie prime nel secondo semestre dell’anno e la carenza di componentistica in particolare nel settore auto i semiconduttori, insieme all’aumento del costo dell’energia sta però compromettendo la ripresa frenando diversi settori metalmeccanici in particolare l’automotive e l’elettrodomestico.

Il Contratto dei metalmeccanici rinnovato il 5 febbraio di quest’anno, in pieno lockdown ha raccolto quanto di meglio è stato fatto nei mesi precedenti mettendo nero su bianco una riforma degli inquadramenti professionali. Dopo oltre 40 anni (l’ultima riforma è del 1973) sono stati rivisti i criteri di inquadramento della professionalità che danno giusto valore al lavoro, insieme a importanti novità in termini welfare e salute e sicurezza. Di questo mese di dicembre l’importate accordo sullo smartworking che riconfigura il rapporto tra prestazione di lavoro e orario, svincolando definitivamente quest’ultimo dalla prestazione.

Diverse le situazioni di crisi legate a vertenze “storiche”: ex-Ilva, Blutec, Piombino JSW (ex-Lucchini), Whirlpool, Bekaert, IIA ecc. che si trascinano da anni e che vanno assolutamente risolte. A queste si sono sommate nella seconda metà dell’anno altre vertenze che sono salite alla ribalta mediatica, la Gianetti Ruote e la Gkn entrambe legate alla filiera dell’automotive e di questi giorni la Speedline di Venezia, Caterpillar di Jesi che hanno annunciato la delocalizzazione della produzione. A queste si è aggiunta a novembre di quest’anno la SaGa Coffè ( ex-Saeco) di Gaggio Montano (Bo) azienda del gruppo Evoca che ha annunciato la delocalizzazione nel 2022 delle attività in Spagna e Romania.

Queste sono solo alcune delle aziende in crisi che nella seconda metà dell’anno hanno avuto l’attenzione mediatica – anche e soprattutto – per le modalità con cui è stata comunicata senza preavviso e in condizioni di commesse e lavoro la chiusura e il trasferimento delle attività, senza coinvolgere istituzioni e sindacato. Questo rende ancor più urgente una normativa che vincoli le aziende dentro un percorso di responsabilità sociale quando decidono di chiudere un sito produttivo o traferire le attività.

A queste poi si aggiungono quelle legate ai cambiamenti e alle transizioni tecnologiche che alcuni importanti settori metalmeccanici stanno attraversando, a partire dal settore dell’automotive e quelle strettamente legate alla crisi covid, come il settore dell’aeronautica, in sofferenza per il calo del traffico aereo. In ultimo, va registrata anche una situazione diffusa di crisi delle aziende metalmeccaniche legate all’indotto petrolifero, in particolare in Sicilia per quanto riguarda il polo chimico di Priolo/Augusta e in Sardegna nella raffineria Saras di Sarlux (Cagliari).

Nel dettaglio, attualmente al Ministero dello Sviluppo Economico si contano 51 tavoli di crisi nazionali. Solo per quanto riguarda il settore metalmeccanico si tratta di aziende sopra i 200 dipendenti, a cui si sommano altri 56 tavoli di crisi regionali. In totale si parla di 54 mila 712 lavoratori coinvolti. A questi poi si aggiungono tutta una serie di aziende per le quali non sono aperti tavoli regionali o ministeriali, in genere si tratta di piccole e medie imprese intorno ai 15/20 dipendenti e che sono quelle che stanno maggiormente accusando la crisi.

Dei 51 tavoli di crisi aperti al Ministero dello Sviluppo economico, la maggior parte riguarda crisi storiche per le quali o non c’è stata continuità d’impegno al cambio di governo oppure l’investitore si è rivelato inaffidabile. Rispetto a inizio 2021 le vertenze “storiche” Whirpool Napoli e ex-Embraco Torino, hanno visto la definitiva chiusura e perdita di prospettive di reindustrializzazione dei rispettivi siti.

La siderurgia e l’alluminio sono i settori su cui sono aperte da oltre 5 anni vertenze che non sembrano approdare a soluzione. In testa il caso dell’Ex- Ilva, madre di tutte le crisi, che dopo l’accordo raggiunto nel 2018 con la multinazionale Arcelor Mittal ha fatto un clamoroso balzo indietro con il Governo Conte 2, dopo che è stato in discussione lo scudo penale e aperta una nuova fase, che ha portato a marzo 2020 ad un nuovo accordo che ha visto l’ingresso dello Stato e un nuovo assetto societario a partecipazione pubblica. Di questo mese di dicembre l’incontro in cui è stato annunciato un piano decennale da 4.7 miliardi di euro per la “decarbonizzazione” del sito tarantino, e nel mese di maggio 2022 si concluderà il graduale ingresso dello Stato nella nuova società con il 60 % delle quote azionarie. Ci sono poi il polo dell’ex-acciaieria di Piombino oggi JSW dove è stata confermata la cassa integrazione ma ancora non è stato definito un percorso per il piano industriale. All’ex-Alcoa di Portovesme, oggi di proprietà di Sider Alloys, si sta concludendo la fase delle autorizzazioni; il 2022 dovrebbe vedere la seconda fase con l’avvio produttivo. Sempre dell’ex Alcoa, il sito di Slim Fusina (VE) si trova ormai dal settembre 2020 in concordato.

L’Acciai Speciali di Terni, messa in vendita da ThyssenKrupp e di cui si è chiusa il 15 dicembre l’operazione di cessione al Gruppo Arvedi con il positivo pronunciamento dell’antitrust sulla cessione.

A queste si sommano tutta una serie di piccole fonderie e impianti di laminazione e lavorazione sparsi in tutt’Italia che sono in concordato o in crisi. L’aspetto preoccupante è che i settori come quello dell’acciaio e l’alluminio, di importanza strategica per un Paese manifatturiero come l’Italia, meriterebbero un’attenzione prioritaria, perché rappresentano la spina dorsale dell’intera industria manifatturiera. Questo dovrebbe essere ancor più vero oggi, avendo visto come la pandemia covid-19 abbia creato, e stia creando problemi di approvvigionamento per molte aziende. Attualmente continua a crescere la quota dell’import di acciaio da Germania, Turchia, Russia, Cina, India, proprio nel momento in cui il prezzo dell’acciaio è aumentato in maniera vertiginosa: da settembre dello scorso anno a oggi siamo passati da 40 centesimi a un euro al kg.

Sull’elettrodomestico, dopo la ristrutturazione degli anni ‘90 e quella dell’ultimo decennio in quel che restava dei gruppi storici Italiani a partire dai Merloni. Dopo le varie promesse di soluzione di Conte1 e 2 si è chiusa la vertenza della Whirlpool di Napoli, con la definitiva chiusura del sito partenopeo e il licenziamento di tutte le lavoratrici e lavoratori.

C’ è poi il tema della crisi del settore automotive. A parte le storiche vertenze della Blutec di Termini Imerese (ex-Fiat) e della ex- Iribus (Industria Italiana Autobus IIA), oggi alle preoccupazioni del crollo del mercato dell’automotive del 2020/21 si sommano in prospettiva a quelle legate alla transizione ecologica del settore e la crisi delle materie prime e dei semiconduttori che come pare ci accompagnerà per tutto il 2022.

È un cambio che coinvolgerà, oltre che direttamente i plant produttivi del Gruppo Stellantis, tutti quelli legati alla produzione di motori e alla componentistica. La cassa integrazione è stata una costante per tutto il 2021 per tutti i siti del gruppo da Melfi alla di Sevel in Abruzzo dove si producono i furgoni, a Cassino, Pomigliano e Torino. Da questo punto di vista sarebbe utile un ragionamento di filiera con le uniche due aziende produttrici di semiconduttori presenti in Italia: STM di Catania e Lfoundry di Avezzano.

Per quanto riguarda il settore aeronautica, preoccupa la situazione di forte crisi che stanno vivendo le aziende legate alla manutenzione del trasporto aereo. Si tratta di aziende ad alta specializzazione, per lo più concentrate tra Campania e Puglia su cui però ci aspettiamo già dalla prima metà del 2022 una ripresa del lavoro.

Una situazione analoga si registra rispetto all’indotto dei grandi petrochimici nazionali, dove sono presenti molte aziende del settore metalmeccanico che si occupano di manutenzione degli impianti. Ciò riguarda in particolare il sito siciliano di Priolo-Augusta e quello della Saras a Sarlux in Sardegna, che a causa del calo dei consumi energetici prima che nel 2020/21 avevano ridotto notevolmente le manutenzioni, oggi con la transizione energetica lasciano presagire ripercussioni sul piano occupazionale. Si tratta di un indotto importante che riguarda circa 3000 unità anche perché collocate in aree del Paese con un alto tasso di disoccupazione e difficoltà di ricollocamento.

Ci sono poi alcune situazioni di crisi storiche nel settore del revamping ferroviario (ex-Firema, Ferrosud, Keller quest’ultima, in particolare in Sardegna dovrebbe avere una soluzione industriale per il 2022 ).

 

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