Skip to content

dazi

Il ruolo di Meloni fra Trump e von der Leyen sui dazi

Meloni ha avuto una telefonata d’emergenza con Trump, poi ne ha fatto un’altra con von der Leyen e poi quest’ultima ha chiuso il cerchio con l’ultima telefonata con Trump. Il punto di Liturri

Aveva ragione il segretario al Tesoro Usa, Scott Bessent. Quando venerdì Donald Trump ha annunciato dazi al 50% sulle importazioni dalla Ue, l’obiettivo era quello di scuotere il pachiderma di Bruxelles intrappolato tra le sue mille contraddizioni e interessi divergenti.

E la scossa ha impiegato poco meno di 48 ore per arrivare a destinazione e sortire gli effetti desiderati.

Nel pomeriggio di domenica Trump ha annunciato che il 1 giugno non sarebbe accaduto nulla e che qualsiasi decisione era stata rimandata al 9 luglio. La stessa scadenza prevista anche per gli altri Paesi.

Cos’è accaduto in quelle 48 ore? Detto in breve: Giorgia Meloni ha avuto una telefonata d’emergenza con Trump, poi ne ha fatto un’altra con Ursula von der Leyen e poi quest’ultima ha chiuso il cerchio con l’ultima telefonata con Trump. Due telefonate decisive per far parlare tra loro due che in 4 mesi di mandato di Trump alla Casa Bianca si sono scambiati solo fuggevoli saluti, con la von der Leyen che cerca ancora di essere ricevuta per la prima volta nello studio ovale.

Naturalmente non troverete alcuna traccia di tutto questo su gran parte dei giornali italiani. La vulgata parte e si ferma alla telefonata tra Trump e il Presidente della Commissione. Ma il rapporto personale con Trump ce l’ha la Meloni non Ursula. E la sequenza delle telefonate è riportata correttamente dal Financial Times («Giorgia Meloni, premier italiana, ha svolto un ruolo chiave nel promuovere il dialogo, esercitando una cauta mediazione per evitare un’escalation commerciale che danneggerebbe l’Italia, fortemente dipendente dalle esportazioni verso gli USA. La sua pragmatica leadership nazional-conservatrice, elogiata per la disciplina fiscale che ha portato Moody’s a migliorare l’outlook italiano a “positivo” (Baa3), ha rafforzato la sua influenza nei negoziati UE-USA, cercando di bilanciare gli interessi europei con le pressioni interne contro ritorsioni aggressive»).

Anche su Bloomberg, è stato correttamente riconosciuto al capo del governo un decisivo ruolo di mediatrice e, in questo ruolo, è stata ancora lei a promuovere un vertice Usa-Ue a giugno per comporre le divergenze col nostro storico alleato d’oltreoceano. Nel muro di incomunicabilità tra Washington e Bruxelles, chi ha aperto una crepa decisiva per evitare una misura decisamente punitiva è stata Giorgia Meloni.

L’istituzione concepita per realizzare il superamento degli interessi nazionali e per mettere in secondo piano gli Stati membri, se non fosse stato per il cellulare della Meloni, per dimostrare di esistere, domenica ha dovuto ricorrere al cellulare della Meloni. Non proprio un grande successo.

Pur di evitare di riconoscere meriti, ieri abbiamo ascoltato e letto a reti quasi unificati una insostenibile retorica sulla telefonata della von der Leyen. Invece è bastato grattare un po’ sotto la coltre di propaganda e veline preconfezionate ed è venuta fuori la vera sequenza delle telefonate.

Risultato finale: la portavoce della von der Leyen lunedì ha dichiarato che «ora c’è un nuovo impulso per i negoziati”; il capo negoziatore della UE Maros Sefcovic è subito tornato a parlare con Howard Lutnick (segretario al commercio USA) e gli ambasciatori degli Stati membri presso la UE hanno tenuto una riunione d’emergenza con la Commissione per allineare le rispettive posizioni negoziali.

Esattamente lo «sprone» di cui parlava Bessent. Nel frattempo, mentre il Financial Times ieri ha titolato che «Bruxelles comincia a ballare al ritmo di Donald Trump» (giusto per far comprendere a chi ancora non lo ha compreso, chi dà le carte in questa vicenda), si ipotizza che il silenzio di Emmanuel Macron sia colpa dei Giga esauriti sul suo cellulare e in Italia le elezioni del sindaco di Vattelapesca di sopra dominano i giornali.

Le cose andranno peggio prima di andare meglio.

Torna su