skip to Main Content

Meloni, Giorgetti e il pastrocchio sulla Guardia di Finanza

Che cosa sta succedendo ai vertici della Guardia di Finanza? Fatti, nomi e indiscrezioni

 

Sul caso dei vertici della Guardia di Finanza, il ministero dell’Economia – ma non solo – si è messo nel più classico dei cul de sac.

Nel momento in cui si scrive, la Guardia di Finanza ha un comandante generale, Andrea De Gennaro. Eppure, a differenza del suo predecessore, De Gennaro non è stato nominato, non è frutto di un accordo consensuale all’interno della maggioranza né tantomeno di una scelta da parte di Giancarlo Giorgetti, il ministro al quale risponde la GdF.

De Gennaro è ‘C1’ perché non è previsto il vuoto di potere, la vacatio che dir si voglia, ma è automatico il passaggio di consegne.

Andrea De Gennaro ha parecchie ragioni per essere imbufalito. La prima e più importante: per settimane è stato tenuto sulla graticola. Gli articoli che lo descrivono come “fratello di” (Gianni, ex capo della Polizia, poi ai Servizi, poi ancora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, poi ancora presidente di Leonardo, poi ancora presidente della Banca Popolare di Bari, perché forse c’era una questione di sicurezza del passato da vigilare) e “raccomandato da Luciano Violante” non si contano più.

Se venisse confermato nella posizione al posto di Giuseppe Zafarana (voluto dal governo alla presidenza dell’Eni), sarebbe comunque una vittoria mutilata.

Se invece la politica nominasse un altro comandante generale, l’onta sarebbe duplice.

Ovviamente, il titolare del dicastero dell’Economia e delle Finanze sarebbe uno – se non il – principale indiziato per questa frittata.

Che il dossier-GdF potesse andare storto, lo si era capito subito. Bastava osservare la dinamica sulle partecipate di Stato, e le polemiche che le scelte del governo hanno sollevato (nel caso di Enel e Leonardo anche oltreoceano, come se non bastasse).

La maggioranza di centrodestra pare balcanizzata (e con la mossa di Giorgia Meloni sulle riforme costituzionali che pare più che altro un modo per affossare l’autonomia voluta dalla Lega, si bisbiglia in ambienti delle opposizioni), i singoli ministri fanno il proverbiale gioco delle tre carte e i generalissimi della Guardia della Finanza, uomini sovente duri e talvolta incattiviti, schiumano rabbia.

Tanti auguri a tutti noi e ai finanzieri.

Back To Top