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Mediobanca o Caltagirone. Chi gongola di più dopo l’assemblea di Generali?

L'esito dell'assemblea di Generali. ll peso di Mediobanca. La posizione a sorpresa di Unicredit. Le mire di Caltagirone. Il ruolo di Intesa Sanpaolo. E non solo. Il punto sul risiko bancario-finanziario all'ombra del governo Meloni

 

Possono davvero brindare Mediobanca e i vertici di Generali dopo l’assemblea del Leone di Trieste?

Non tanto. Certo, la lista presentata dal maggiore azionista Mediobanca ha superato quella di Caltagirone e di Assogestioni. Così presidente e amministratore delegato del colosso assicurativo, Andrea Sironi e Philippe Donnet, sono stati riconfermati. Diverse le mire dell’oppositore: “La lista presentata è di minoranza e non suggerisce nomi per il governo della società, ma è sufficientemente lunga per chiedere agli azionisti di bloccare lo sciagurato progetto Natixis”, aveva detto Caltagirone. E all’orizzonte c’è l’Ops lanciata da Mps (quindi da ministero dell’Economia, Caltagirone e Delfin dei Del Vecchio) sostenuta anche da grandi fondi internazionali visto l’esito dell’assemblea dell’istituto senese sull’aumento di capitale funzionale all’Offerta su Mediobanca. E se l’Ops va in porto, i vertici di Mediobanca saranno scalzati con effetti a cascata anche su azionariato e top management di Assicurazioni Generali.

Pure le due maggiori banche del Paese stanno remando contro Mediobanca.

Intesa Sanpaolo ha propiziato la presentazione della lista di Assogestioni per l’assemblea di Generali provocando le silenti ire di Mediobanca. Non solo. Il gruppo capeggiato da Carlo Messina sta foraggiando le mire sistemiche di Caltagirone: maxi prestito da mezzo miliardo al costruttore romano per il risiko Mediobanca-Generali, in pegno parte delle quote detenute da Caltagirone in Mediobanca, Generali e Mps, ha rivelato di recente Mf/Milano Finanza.

Unicredit, ieri, a sorpresa ha voltato le spalle a Mediobanca e ad Assogestioni, votando la lista Caltagirone: ma adesso la partecipazione in Generali di Unicredit non può essere più considerata solo finanziaria ma assume anche una valenza decisamente industriale e strategica, ha rimarcato Camilla Conti sul Giornale. Anche per le motivazioni del voto: volontà di cambiamento nell’azionariato e ai vertici di Generali; critiche al progetto di Donnet con la francese Natixis sul risparmio gestito.

In sostanza, una convergenza parallela tra Intesa Sanpaolo e Unicredit che hanno risposto implicitamente sì a una sorta di appello di Caltagirone, sotto forma di critica a Donnet, nel corso di un’intervista rilasciata al Sole 24 ore: “Non capisco perché il management non abbia cercato di fare progetti congiunti con partner italiani”. In primis Anima e le piattaforme Fideuram ed Eurizon di Intesa Sanpaolo. Ma pure Unicredit, sotto certi versi, può aspirare a forme di partnership con Generali.

La mossa di Orcel è stata letta da molti come un ramoscello d’ulivo per il governo che con il golden power sta di fatto cercando di azzoppare l’Ops di Unicredit su Banco Bpm. Lettura negata da Orcel: “Chi pensa che si sia trattato di voto di scambio, per cui il capo di Unicredit carezza la pantofola dell’esecutivo per ottenere dal Tesoro meno vincoli su credito, filiali e gestione del risparmio della “preda”, conosce poco Orcel. L’altra sera, in cda, si è chiarito che la distanza di Unicredit dalla politica italiana non è in discussione, né cambierà”, ha scritto Andrea Greco di Repubblica. Si vedrà.

Certo i gruppi Unicredit e Intesa Sanpaolo non si sono messi alla finestra da spettatori ma con ruoli diversi sono scesi in campo: l’82enne Caltagirone festeggia. Festeggerà anche l’Italia?

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