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Vi spiego i veri numeri della manovra (controversa) del governo

L'articolo di Enrico Zanetti, già viceministro all’Economia e alle Finanze nel governo Renzi, sulla manovra in cantiere nel governo Conte

Il totale della “manovra finanziaria” sarà di 36,7 miliardi sul 2019, 34,9 miliardi sul 2020 e 35,3 miliardi sul 2021.

Questi i saldi comunicati dal Ministro dell’Economia Giovanni Tria, con relativa nota di dettaglio per macro voci, sia sul lato degli impieghi che su quello delle fonti.

In particolare:

  • i 36,7 miliardi sul 2019 saranno finanziati per 21,7 miliardi dall’aumento del deficit, per 8,1 miliardi da aumenti di entrate e per 6,9 miliardi da tagli di spesa; e verranno impiegati per 12,5 miliardi a integrale sterilizzazione dell’aumento dell’IVA, per 16 miliardi a introduzione del reddito di cittadinanza e a superamento della Legge Fornero, per 0,6 miliardi a riduzione delle tasse mediante ampliamento della “flat tax” per le piccole partite IVA, per 3,5 miliardi a incremento della dotazione per investimenti pubblici, per 1,8 miliardi a finanziamento di incentivi a investimenti privati e del pubblico impiego, per 2,3 miliardi a copertura di spese indifferibili;
  • i 34,9 miliardi sul 2020 saranno finanziati per 27,1 miliardi dall’aumento del deficit, per 3,9 miliardi da aumenti di entrate e per 3,9 miliardi da tagli di spesa; e verranno impiegati per 5,5 miliardi a integrale sterilizzazione dell’aumento dell’IVA, per 16 miliardi a introduzione del reddito di cittadinanza e a superamento della Legge Fornero, per 1,8 miliardi a riduzione delle tasse mediante ampliamento della “flat tax” per le piccole partite IVA, per 5 miliardi a incremento della dotazione per investimenti pubblici, per 3,2 miliardi a finanziamento di incentivi a investimenti privati e del pubblico impiego, per 3,4 miliardi a copertura di spese indifferibili;
  • i 35,3 miliardi sul 2021 saranno finanziati per 25,4 miliardi dall’aumento del deficit, per 5,2 miliardi da aumenti di entrate e per 4,7 miliardi da tagli di spesa; e verranno impiegati per 4 miliardi a integrale sterilizzazione dell’aumento dell’IVA, per 16 miliardi a introduzione del reddito di cittadinanza e a superamento della Legge Fornero, per 2,3 miliardi a riduzione delle tasse mediante ampliamento della “flat tax” per le piccole partite IVA, per 6,5 miliardi a incremento della dotazione per investimenti pubblici, per 4,1 miliardi a finanziamento di incentivi a investimenti privati e del pubblico impiego, per 2,4 miliardi a copertura di spese indifferibili.

Questo primo livello di dettaglio mette in evidenza due aspetti, l’uno relativo alle dinamiche del finanziamento della manovra, l’altro ai “rapporti di forza” tra le tipologie di impiego.

Quanto al primo aspetto (che è quello su cui si concentra maggiormente l’attenzione degli osservatori ed investitori internazionali), emerge come, nonostante l’effetto ottico di un deficit “venduto” in diminuzione dopo il 2019 (2,4, poi 2,1, infine 1,8) la componente di finanziamento in deficit della manovra sia crescente e non decrescente: si passa dai 21,7 miliardi del 2019 ai 27,1 miliardi del 2020, per poi attestarsi a 25,45 miliardi nel 2021.

Crescita che diventa ancora più significativa se si considera che restano ancora da disinnescare 13,6 miliardi di clausole IVA sul 2020 (con un deficit 2020 “a IVA zero” che sale dunque dal formale 2,1 al sostanziale 2,9) che salgono a 15,6 sul 2021 (con un deficit 2021 “a IVA zero” che sale dunque dal formale 1,8 al sostanziale 2,6).

Quanto al secondo aspetto (che è quello destinato ad alimentare il dibattito interno anche tra quanti convengono sull’opportunità di spingere sull’acceleratore del deficit), emerge l’assoluta marginalità delle risorse destinate a ridurre la pressione fiscale rispetto a quelle destinate ad incremento della spesa corrente, per altro in un quadro finanziario che ipoteca ogni margine di manovra anche sugli anni successivi.

Da questo punto di vista, per chi si attendeva interventi robusti per la riduzione della pressione fiscale anche a costo di tirare la corda sul deficit, si tratta di un vero e proprio shock fiscale, ma nel senso che è scioccante constarne la totale assenza non solo nel 2019, ma anche negli anni successivi, al netto di un intervento apprezzabile nelle intenzioni di aiutare un maggior numero di piccole partite IVA individuali, ma che, riguardando poco più dell’1% dei 40,8 milioni di contribuenti, lascia a tempo indefinito il restante 99% nello stato in cui si trova.

 

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