Ieri il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto una cena al Palazzo dell’Eliseo, la sua residenza ufficiale, con diversi amministratori delegati di aziende europee. Lo scopo dell’incontro era convincerli a non spostare le loro produzioni negli Stati Uniti, dove potrebbero però approfittare di prezzi più bassi dell’energia e dei sussidi contenuti nell’Inflation Reduction Act.
LO SCONTRO UE-USA SUI SUSSIDI
L’Inflation Reduction Act è la grande legge anti-inflazione firmata dal presidente americano Joe Biden lo scorso agosto. Prevede, tra le altre cose, una serie di incentivi alla manifattura nazionale e in particolare al settore automobilistico, che si trova nel mezzo di una transizione all’elettrico.
Secondo l’Unione europea, gli aiuti offerti dall’amministrazione Biden riducono la competitività dell’Europa e potrebbero incentivare la delocalizzazione negli Stati Uniti delle aziende europee, causando una crisi di deindustrializzazione nel Vecchio continente.
Un funzionario francese ha detto appunto a Reuters che “stiamo avendo difficoltà con le aziende che iniziano a considerare la possibilità di delocalizzare la produzione o di effettuare futuri investimenti al di fuori dell’Europa”.
CHI C’ERA ALLA CENA ALL’ELISEO
All’Eliseo Macron si è riunito con i dirigenti di aziende strategiche come le case automobilistiche Volvo e BMW, le società chimiche Air Liquide e Solvay, la compagnia farmaceutica AstraZeneca e i gruppi di telecomunicazione Orange ed Ericsson.
LA PROPOSTA DI “EUROPEAN BUY ACT”
Il presidente francese ha invitato le autorità dell’Unione a introdurre un “European Buy Act” in risposta alla legge di Biden, per sussidiare la produzione europea. Nei giorni scorsi Parigi ha svelato una serie di misure volte a contenere l’impatto dei prezzi alti dell’energia per le aziende francesi.
TRAPPIER (DASSAULT) È D’ACCORDO CON MACRON
Favorevole alla linea di Macron è Éric Trappier, amministratore delegato dell’azienda aeronautica francese Dassault Aviation, che ha scritto un editoriale sul quotidiano Les Echoes per invitare l’Europa a proteggere con maggiore decisione le proprie industrie, altrimenti dovrà fare i conti con il loro trasferimento.
NORTHVOLT GUARDA AL NORDAMERICA
Northvolt, azienda svedese che produce batterie, viene considerata uno degli asset industriali più importanti per l’Europa, che vuole creare una filiera interna per questi componenti strategici in modo da ridurre la dipendenza dall’estero.
Da piccola startup focalizzata sul Vecchio continente (tra i suoi sostenitori ci sono Volkswagen e BMW), però, adesso Northvolt pare avere intenzione di puntare sugli Stati Uniti per la sua crescita: grazie all’Inflation Reduction Act potrebbe infatti ricevere 600-800 milioni di dollari in sussidi per l’apertura di una fabbrica di batterie in territorio americano; in Germania, per fare un paragone, gli aiuti si fermano a 155 milioni di euro.
COSA RISCHIA L’EUROPA
“Credo che sia necessario un risveglio europeo su questo punto”, disse la settimana scorsa Macron.
L’Unione europea rischia infatti di perdere la rivoluzione industriale della mobilità elettrica, che potrebbe venire dominata dagli Stati Uniti. Attualmente l’Europa vale oltre un quarto della produzione globale di veicoli elettrici e contiene il 20 per cento della filiera associata. Gli Stati Uniti valgono appena il 10 per cento della produzione di veicoli elettrici e il 7 per cento di quella di batterie. Ma la società di consulenza Benchmark Mineral Intelligence ha stimato recentemente che al 2030 l’Europa potrebbe ritrovarsi indietro al Nordamerica e all’Asia per capacità produttiva di batterie agli ioni di litio, le più diffuse.
L’EUROPA È CAUSA DEL SUO MALE?
Un anonimo funzionario europeo ha detto al Financial Times che le autorità dell’Unione preferirebbero non introdurre sussidi sul modello di quelli statunitensi, cioè riservati alla produzione interna. “Abbiamo progettato le nostre regole perché siano aperte e non diano preferenze alle aziende europee: ora siamo vittime del nostro stesso purismo”, ha ammesso al quotidiano.
La Germania, in particolare, non vorrebbe “entrare in una competizione sui sussidi” con gli Stati Uniti, dicendo piuttosto di voler “creare condizioni davvero eccellenti per gli investimenti in Europa”: sono parole del ministro delle Finanze Christian Lindner.
La posizione della Francia è completamente opposta. “L’Europa”, ha detto Macron, “non può essere l’unico posto al mondo a non avere un Buy European Act e l’unico posto al mondo in cui si ha ancora un sistema di aiuti di stato che stabilisce regole come se non ci fosse concorrenza esterna”.
ANCHE IBERDROLA PUNTA SULL’AMERICA PER L’IDROGENO?
La società elettrica spagnola Iberdrola, una delle più grandi al mondo, ha portato la sua quota di investimenti negli Stati Uniti alla metà circa del totale, rispetto alla quota del 23 per cento riservata all’Europa. L’amministratore delegato Ignacio Galán ha dichiarato che gli Stati Uniti sono un posto molto più conveniente in cui investire. Ad esempio, l’Inflation Reduction Act offre un sostegno di circa 100 miliardi di dollari per la produzione di idrogeno da fonti rinnovabili (“idrogeno verde”, in gergo), contro i 5 miliardi di euro messi da Bruxelles.