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risalita Pil

Luci e ombre su Pil, disoccupazione e inflazione. Report

Il commento di Paolo Mameli, senior economist della direzione studi e ricerche di Intesa Sanpaolo, sui dati odierni che riguardano Pil, disoccupazione e inflazione

 

La batteria di dati sull’economia italiana diffusa dall’Istat è risultata migliore del previsto: 1) il Pil è risultato stazionario anziché calare come atteso nel 2° trimestre; 2) la disoccupazione ha toccato un minimo da oltre 7 anni a giugno; 3) l’inflazione è scesa ulteriormente per il terzo mese a luglio.

 

Il Pil italiano è risultato stagnante nel 2° trimestre, dopo l’incremento di +0,1% t/t visto a inizio anno. Anche la variazione annua è nulla (dopo il -0,1% precedente, che rappresentava un minimo dal 2013). Il dettaglio non è ancora noto (sarà diffuso il prossimo 30 agosto), tuttavia Istat ha comunicato che: 1) il contributo negativo al valore aggiunto dall’industria e dall’agricoltura è stato compensato dall’apporto dei servizi; 2) sia la domanda interna (al lordo delle scorte) che quella estera sono rimaste sostanzialmente invariate nel trimestre.

Noi riteniamo che la domanda interna al netto delle scorte abbia dato un contributo negativo, specie per via della flessione degli investimenti, compensato da un apporto positivo dei magazzini (dopo il deciso calo di inizio anno). La crescita “acquisita” per il 2019 risulta pari a zero (in caso di stagnazione nella seconda metà dell’anno), il che suggerisce che restano rischi al ribasso sul target governativo di crescita di 0,2% quest’anno (che coincide anche con la nostra ultima previsione ufficiale).

In prospettiva, ci aspettiamo che il PIL torni a crescere nella seconda metà dell’anno; in particolare, il trimestre corrente potrebbe vedere un rimbalzo dell’industria, che è stata il principale freno all’attività economica nei mesi primaverili. Tuttavia, poiché gli indici di fiducia delle imprese nel settore hanno continuato a calare negli ultimi mesi, sospettiamo che la ripresa del secondo semestre possa risultare marginale (probabilmente dell’ordine di 0,1% t/t a trimestre, il che significherebbe una crescita annua limitata a 0,1%).

In questo contesto di sostanziale stagnazione, una notizia positiva è venuta dai dati preliminari di giugno sul mercato del lavoro: la disoccupazione è calata ulteriormente, a sorpresa, a 9,7% da 9,8% di maggio (rivisto al ribasso da una prima stima a 9,9%). Si tratta di nuovo minimo da oltre 7 anni. Nel mese, gli occupati sono rimasti circa stabili (-6 mila unità, dopo il balzo di +66 mila unità di maggio), nonostante la contrazione delle forze di lavoro (-35 mila unità dopo l’aumento di +15 mila il mese precedente). Quest’ultima peraltro è dovuta a motivi demografici e non a un aumento degli inattivi, che anzi sono calati di 14 mila unità (il tasso di inattività è rimasto stabile al 34,3%).

La sostanziale stabilità dell’occupazione è il risultato di un aumento dei lavoratori dipendenti (soprattutto permanenti) a fronte di un calo dei lavoratori autonomi. Il tasso di disoccupazione giovanile è calato anch’esso, in misura significativa, a 28,1% da 29,7% precedente (rivisto al ribasso rispetto al 30,5% della prima stima): si tratta di un minimo da aprile del 2011. Tuttavia, l’aumento degli occupati su base annua resta preponderante tra gli ultracinquantenni (+3,7% ovvero +2,1% al netto della componente demografica), il che potrebbe essere ancora il risultato dell’effetto delle passate riforme del sistema pensionistico, con l’aumento tuttora in corso dell’età effettiva di pensionamento (trend non intaccato dalle recenti misure per il pensionamento anticipato, vista l’adesione relativamente contenuta).

In ogni caso, la tenuta dell’occupazione su base annua (+0,5%, a fronte di un Pil stagnante), e specialmente dell’occupazione stabile (+1,2%), ha conseguenze positive sia sul fronte della crescita (favorendo una tenuta di consumi), sia su quello della finanza pubblica (in effetti, il buon andamento delle entrate fiscali e contributive nonostante una sostanziale stagnazione del Pil nella prima metà dell’anno è stato dovuto soprattutto alla crescita dell’occupazione, il che ha consentito al governo di tagliare il target sul deficit 2019 ed evitare perciò una procedura d’infrazione europea).

Infine, l’inflazione è calata ulteriormente, per il terzo mese, a luglio, a 0,5% a/a sull’indice nazionale e a 0,4% sull’armonizzato. Nel mese i prezzi sono aumentati di un decimo sul NIC e sono calati di -1,7% m/m sull’IPCA (che tiene conto dei saldi estivi). Sull’indice domestico, il maggior contributo alla salita dei prezzi è venuto dai rincari stagionali nelle spese per il tempo libero (+1,1% m/m); rialzi più moderati hanno riguardato le comunicazioni (+0,4% m/m), i trasporti (+0,2% m/m), e i servizi ricettivi e di ristorazione (+0.2% m/m). Viceversa, come atteso, il capitolo che mostra i maggiori ribassi è quello delle spese per la casa (-0,5% m/m), per via del taglio delle tariffe sul gas (-6,9%). Si registrano flessioni più moderate per alimentari e abbigliamento (-0,1% e -0,2% m/m, rispettivamente).

L’inflazione di fondo è salita di un decimo ma rimane su livelli molto contenuti, essendosi allineata all’indice generale a 0,5% (i prezzi core sono cresciuti di +0,3% m/m). Sia i beni ad alta frequenza di acquisto che il cosiddetto “carrello della spesa” (beni alimentari, per la cura della casa e della persona) hanno mostrato un rimbalzo su base tendenziale, a 0,8% (da 0,5% e 0,2% di giugno, rispettivamente). In prospettiva, riteniamo che il trend di calo dell’inflazione sia pressoché esaurito: a partire da fine estate si dovrebbe vedere una sia pur lenta risalita. In ogni caso, a nostro avviso l’inflazione tornerà sopra l’1% solo nel corso del 2020 (il persistente undershooting dell’inflazione consentirà alla Bce di annunciare verosimilmente nuove mosse espansive nella riunione di settembre del consiglio direttivo).

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