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Variante Delta

Che cosa succede di strano in Lombardia sui test sierologici?

In Lombardia sono le Ats, le aziende sanitarie territoriali, a decidere chi deve sottoporsi ai test sierologici. Si ribellano alcuni comuni, come Milano, dove Sala ha avviato dei test con la collaborazione della Francia. Ma le imprese che vogliono riprendere a lavorare come faranno a controllare i dipendenti?

La vicenda dei test sierologici in Lombardia diventa una saga. Nel territorio più martoriato d’Italia dall’infezione da Sars-Cov-2 i test sierologici che ricercano gli anticorpi continuano a scarseggiare.

Prima i test sierologici non sono stati effettuati in attesa che arrivasse l’unico test validato dalla regione, quello della Diasorin (qui l’approfondimento di Start Magazine), ora perché sono le Ats, le aziende sanitarie territoriali, a decidere chi deve sottoporsi a verifica. Il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, ha deciso di muoversi in autonomia, ma quale sorte spetta alle aziende che intendono riaprire e vorrebbero effettuare dei test ai propri dipendenti? Andiamo per gradi.

LE NORME DELLA LOMBARDIA

In Lombardia sono le aziende territoriali ATS a decidere chi sottoporre al test sierologico del San Matteo di Pavia, distribuito dalla Diasorin (tutti gli altri test sierologici non vengono ritenuti validi). Attualmente, spiega la Regione, le analisi sono rivolte a cittadini in quarantena e ai loro contatti, che non hanno eseguito il tampone.

“In Lombardia le aziende territoriali le ATS decidono a chi farlo, alle categorie. Ma se una azienda vuole scoprire se il personale ha avuto il coronavirus non può farlo”, ha denunciato ieri Beppe Servegnini, intervenuto a Otto e mezzo su La7.

LE MOSSE (IN SOLITUDINE) DI GIUSEPPE SALA

Ed è per questo che Giuseppe Sala, sindaco di Milano, ha scelto di fare da sé. “Ha deciso di condurre uno studio in collaborazione con il professor Galli sui conducenti dell’Atm, quelli che guidano gli autobus ed i tram di Milano”, racconta Severgnini, e i test sierologici vengono “analizzati in Francia, a Grenoble”.

Anche altri comuni, da Cisliano (Milano) a Segrate (Milano), a Robbio (Pavia) e Cocquio Trevisago (Varese) hanno scelto di effettuare i test ai loro concittadini nonostante le diverse disposizioni della Regione.

E LE IMPRESE?

Ma se Sala ha i mezzi per muoversi in solitudine, le imprese non sempre possono. E questo ha ripercussioni per la Fase 2: le aziende che riaprono come faranno a sapere se i dipendenti sono venuti a contatto con il coronavirus? Unica soluzione: affidarsi ai test a pagamento che vengono effettuati in alcuni laboratori, non validati dalla Regione.

“La Lombardia – ha aggiunto Servegnini ad Otto e Mezzo – è stata talmente decisa in questa cosa che ha anche scoraggiato gli imprenditori e un comune come Milano a rivolgersi a Veneto ed Emilia (per le analisi, ndr) e sono finiti in Francia”.

“Come fa un ristoratore ad aprire? Vuole fare i test ai dipendenti. Armani è andato in Francia a fare il test”.

GALLERA PRENDE DISTANZA DA MOSSE SALA

Quel che è certo è che la Regione, nonostante le mosse in solitudine e le difficoltà delle imprese, non intende cambiare passo. Giulio Gallera, assessore al Welfare della regione di Milano, ha preso le distanze da quanto stanno facendo Sala e tutti gli altri che hanno deciso di fare da sé.

“In relazione alle segnalazioni di iniziative di enti e aziende che propongono di effettuare test sierologici per l’effettuazione di ricerca anticorpi anti Sars-Cov-2 a cittadini e lavoratori, l’assessore Gallera precisa che l’Ats Città Metropolitana di Milano ha già provveduto nei giorni scorsi a richiamare le caratteristiche, le tipologie e i destinatari delle analisi sierologiche validate dalle autorità di sanità pubblica competenti che rientrano nelle misure ufficiali di contenimento e risposta all’emergenza Coronavirus”, si legge in una nota diffusa della Regione. “Ogni altra iniziativa ricade pertanto sotto la responsabilità degli organizzatori, anche per ciò che attiene gli aspetti di corretta e consapevole informazione delle persone coinvolte e nel rispetto del regime autorizzativo vigente”.

NESSUN TAMPONE AI POSITIVI DEI TEST SOLITARI

Ma cosa significa tutto questo? Chi avesse la fortuna e i mezzi per far effettuare il test sierologico ai dipendenti della sua impresa non può richiedere un tampone nel caso qualcuno di questi risultasse positivo. In pratica, in caso di positività agli anticorpi con test non validati, alla persona non viene effettuato il tampone faringeo per indagare se il Coronavirus è ancora in circolo.

LE RASSICURAZIONI DELLA REGIONE LOMBARDIA

“Di test ne stiamo facendo il più possibile. Li vorremmo fare a tutti, a tappeto, ma è impossibile su 10 milioni di abitanti. Per adesso li stiamo facendo a chi viene segnalato dai medici di base. Cercheremo di allargarli agli istituti privati”. Così l’assessore al Lavoro della Regione Lombardia, Melania Rizzoli, che è anche medico chirurgo, a proposito delle polemiche legate al numero di test sierologici e di tamponi in Lombardia, giudicati insufficienti. “Tutti – continua – vogliono fare i test sierologici, ma il tampone è l’unico test diagnostico che conferma la positività alla malattia, il test sierologico è un esame epidemiologico”. Di test sierologici “ce ne sono centinaia, ma gli unici autorizzati e riconosciuti sono quelli di Diasorin che usiamo in Lombardia e quelli della Abbott scelti dal Governo. Questi sono specifici covid perché individuano gli anticorpi neutralizzanti, gli altri, come i pungidito, non sono ritenuti pienamente attendibili. I test offerti a pagamento ci sono, ma noi eseguiamo quelli validati da Iss, non possiamo promuovere test ritenuti non attendibili, non fa parte del nostro compito istituzionale”.

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