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Lo Stato nelle aziende? Divergenze tra Confindustria e Assonime

Proposte e idee non collimanti fra Assonime e il nuovo vertice di Confindustria sulle nazionalizzazioni più o meno temporanee...

Il mondo industriale è a favore o contro l’intervento dello Stato nelle aziende per evitare un tracollo economico dell’Italia? I grandi gruppi italiani sono favorevoli o contrari a nazionalizzazioni temporanee?

Non sono domande oziose, perché in questi giorni stanno emergendo posizioni non collimanti tra associazioni e confederazioni di imprese.

Sul Sole 24 Ore, dopo che in prima pagina posizionato a mo’ di editoriale è stato pubblicato un articolo dell’economista Mariana Mazzucato invocare un ruolo pervasivo dello Stato nell’economia e nella produzione attraverso anche la Cdp, ieri è stato dato risalto nella titolazione di prima pagina ad alcune frasi del presidente designato di Confindustria, Carlo Bonomi.

Che cosa ha detto Bonomi nel giorno in cui ha presentato la sua “squadra”? Ecco un estratto saliente dell’articolo del Sole 24 Ore con le frasi del successore di Vincenzo Boccia alla testa della confederazione degli industriali:

«Un conto è chiedere un freno alla corresponsione dei dividendi, altro e del tutto inaccettabile è avviare una campagna di nazionalizzazioni dopo aver indotto le imprese a iperindebitarsi», ha detto Bonomi. «Siamo contrari a sottoporre a sostegni pubblici la liquidità delle imprese a condizione che poi lo Stato possa decidere di convertirli in una presenza diretta o nazionalizzare. Mentre lo Stato chiede per sé in Europa trasferimenti a fondo perduto a noi chiede di continuare a indebitarci per continuare a pagare le tasse allo Stato stesso» ha continuato il presidente designato. «La tentazione di una nuova stagione di nazionalizzazioni è errata nei presupposti e assai rischiosa nelle conseguenze, sottraendo risorse preziose alle aziende per soli fini elettorali».

Eppure le grandi aziende che sono associate di Confindustria tramite un’altra associazione, Assonime, hanno un’altra posizione.

Le grandi società private infatti – come emerge da un documento che Assonime ha inviato al governo – invocano lo Stato in maniera temporanea per ricapitalizzare una fascia di aziende private.

Assonime – presieduta da Innocenzo Cipolletta, già direttore generale di Confindustria – ha proposto un fondo di investimento a capitale prevalentemente pubblico, che possa supportare le imprese italiane attraverso: nuovi aumenti di capitale, iniezioni di liquidità trasformabile in capitale a determinate condizioni e un incremento della patrimonializzazione attraverso operazioni di debito-equity swap.

“Le società target sarebbero identificate tra le società non finanziarie con fatturato superiore a 25 milioni o più di 50 dipendenti, ma non superiore a 5 miliardi di fatturato”, specifica il documento dell’associazione guidata dal direttore generale Stefano Micossi. La dimensione del Fondo – si legge – “è ipotizzabile in 20 miliardi (eventualmente incrementabili fino a un massimo di 25 miliardi)”.

L’intervento del Fondo immaginato da Assonime dovrebbe essere temporaneo, senza diritti di voto o con limitati diritti di voto tesi a preservare i valori aziendali; si dovrebbero prevedere meccanismi di uscita verso gli stessi azionisti o verso il mercato. Gli azionisti manterrebbero la gestione dell’impresa, ma sarebbero vincolati nella distribuzione degli utili, nei compensi del management e nell’acquisto di azioni proprie.

Nel comitato di presidenza dell’associazione che riunisce e rappresenta le maggiori società per azioni italiane ci sono tra gli altri: Luigi Abete (ex presidente di Confindustria), Matteo Del Fante (capo azienda di Poste Italiane), Gian Maria Gros Pietro (presidente di Intesa Sanpaolo) e Andrea Moltrasio (già con incarichi di vertice in Confindustria).

ECCO NEL DETTAGLIO LA PROPOSTA DI ASSONIME

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