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Consumatori Cinesi

Lo shopping cinese si fa patriottico (e i brand occidentali provano a correre ai ripari)

I consumatori cinesi non sono più quelli di una volta. Ai brand occidentali preferiscono ora quelli locali e dall’America all’Europa i grandi marchi tentano di riconquistarli cercando di intercettare i loro gusti e cambiando strategie di marketing. Ecco come. Fatti, nomi e numeri

 

Le abitudini dei consumatori cinesi sono cambiate e questo è un problema per i brand occidentali. Il rallentamento della crescita della seconda economia mondiale causato dalla pandemia, infatti, non solo li ha resi più parsimoniosi ma gli ha anche fatto riscoprire un orgoglio nazionale un po’ assopito.

Inoltre, si è ormai consolidata la passione per il live stream shopping, una modalità di acquisto nata in Cina nel 2016 ma che ha preso piede negli ultimi due anni e che consiste nel fare shopping direttamente da un canale social mentre un personaggio famoso, spesso un influencer, promuove un prodotto durante una diretta streaming. Insomma, una televendita ma sui social.

L’ASCESA DEI BRAND CINESI IN CINA…

Fino a cinque anni fa, afferma il Wall Street Journal, il mercato cinese dei beni di consumo era dominato da marchi stranieri e i nomi locali faticavano a competere, spesso ostacolati da una qualità inferiore e da un marketing debole.

Adesso, invece, molti brand cinesi si trovano sia online che nei negozi fisici. Hanno migliorato la loro reputazione in termini di qualità, design e tecniche di vendita, ma soprattutto sembrano intercettare meglio di quelli occidentali i gusti dei consumatori.

“Stanno creando prodotti su misura per i consumatori locali – si legge sul Wsj -, dalle palette di ombretti pensate per la pelle cinese al dentifricio al ginseng e alle scarpe da ginnastica da 200 dollari con il marchio della medaglia d’oro olimpica Li Ning”.

I brand cinesi, inoltre, stanno ricevendo una spinta dallo Stato. Durante il Congresso annuale del Partito Comunista Cinese (Pcc), tenutosi a marzo, diversi delegati hanno invitato i consumatori cinesi a sostenere i marchi locali.

Infine, a trainare i consumi – soprattutto online – sono i giovani, aperti alle novità e anche orgogliosi del loro patrimonio che esprimono attraverso la tendenza del guochao, un termine che si riferisce allo “chic nazionale” e che incorpora design con elementi culturali cinesi.

…E LA DISCESA DI QUELLI OCCIDENTALI

Tutto questo sta spingendo quindi colossi come Adidas, Procter & Gamble e L’Oréal, per cui il mercato cinese rappresenta un’importante fetta delle loro vendite globali, a potenziare e modificare le strategie di marketing.

La francese L’Oréal, per esempio, tra il 2016 e il 2021 ha visto diminuire la sua quota di mercato e, per provare a riprendersela, ora gestisce vetrine online su Douyin, il fratello cinese di TikTok, dove i consumatori possono richiedere l’assistenza di consulenti di bellezza tramite videochiamate in diretta.

Adidas, secondo il quotidiano statunitense, sta invece già facendo i conti con il suo rivale cinese Anta Sports, che nel 2021 lo ha superato diventando la seconda azienda di abbigliamento sportivo per vendite in Cina (solo Nike per ora resiste in prima posizione) e Morgan Stanley ha previsto che la quota di mercato di Anta Sports, insieme a quella di un altro brand cinese, raggiungerà il 22% entro il 2024, rispetto al 15% del 2020. I consumatori infatti, dopo le accuse pronunciate da Adidas nei confronti di Anta Sports circa il lavoro forzato nella regione dello Xinjiang, hanno intrapreso un vero boicottaggio contro l’azienda tedesca.

La stessa Dolce & Gabbana, che in passato ha avuto rapporti turbolenti con Pechino, l’anno scorso per riconquistare i consumatori cinesi gli ha dedicato una campagna a tema Capodanno lunare.

QUANTO VALE IL MERCATO CINESE

La Cina, infatti, rimane un’attrazione enorme poiché stando alle stime della società di consulenza Bain & Company riportate dal Wsj, “si prevede che in questo decennio supererà gli Stati Uniti come il più grande mercato di consumo del mondo, con una spesa che raggiungerà i 5,4 trilioni di dollari nel 2026”.

IL BOOM DEL LIVE STREAM SHOPPING

Ai brand occidentali, dunque, non resta che adattarsi a queste nuove abitudini e provare a intercettare i gusti dei consumatori cinesi non solo realizzando prodotti pensati per loro ma anche cambiando strategie di vendita. L’apertura di un negozio in Cina, che un tempo sembrava un importante traguardo, è ormai cosa superata.

“Molti acquirenti che si sono rivolti all’online durante la pandemia vi rimangono: le vendite di e-commerce in Cina sono aumentate del 13,8% nei primi cinque mesi dell’anno, mentre le vendite presso le boutique dei singoli marchi sono aumentate del 6%”, afferma il Wsj.

La conferma arriva anche dal boom che ha avuto negli ultimi anni la modalità di live stream shopping che, secondo McKinsey, con il traino della Cina potrebbe rappresentare il 10-20% di tutto l’e-commerce mondiale entro il 2026.

Inoltre, sempre McKinsey stima che nel 2020 gli eventi di live stream shopping abbiano generato vendite per 5,6 miliardi di dollari negli Stati Uniti e Coresight Research ha previsto che raggiungeranno il valore di quasi 25 miliardi di dollari entro il 2023.

Numeri che fanno gola a tutti i venditori. Stando infatti ai dati Shopify citati da Digital4, tra il 1° gennaio 2021 e il 30 settembre 2021, il numero di commercianti presenti sulla piattaforma che ha installato app per il live shopping è cresciuto del 61% a livello globale rispetto allo stesso periodo del 2020 e, secondo una ricerca di Forrester, il 49% dei marchi intervistati prevede di aumentare gli investimenti nel social commerce fatti nel 2022, mentre l’81% pensa di aumentare o mantenere gli investimenti nel live shopping per incrementare le vendite.

La stessa Apple, che sta lottando per mantenere la sua quota di mercato in Cina, ha recentemente ospitato il suo primo evento di live stream shopping, offrendo allettanti sconti temporanei su diversi prodotti.

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