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Lo sapete che a Bruxelles sono ancora fissati con la stabilità dei conti?

Le incredibili ma vere impostazioni di Eurogruppo e Consiglio Ecofin. L'analisi di Giuseppe Liturri

 

A leggere le conclusioni della rituale due giorni europea – dedicata all’Eurogruppo ed al Consiglio Ecofin – torna in mente la famosa frase attribuita a Tito Livio “mentre a Roma si discute, Sagunto viene espugnata”.

Nel nostro specifico caso dovremmo dire “mentre a Bruxelles si discute, Roma viene espugnata”. Ad indicare il nuovo centro decisionale e le conseguenze a carico della nuova periferia delle sterili discussioni che avvengono nella capitale belga.

In particolare, le conclusioni di lunedì sera sono il manifesto di una ben precisa volontà che rade al suolo (Roma come una novella Sagunto) tutte le ambizioni ed i progetti che negli ambienti politici romani continuano a circolare. Illudendosi di avere un, sia pur minimo, spazio di manovra.

Le parole del comunicato finale dei ministri economici affondano come una lama nel corpo già inanimato del chiacchiericcio romano. Per il 2023, coerentemente con quanto già evidenziato nelle raccomandazioni Paese, il sostegno della domanda complessiva da parte delle politiche di bilancio “non è giustificabile”. Bisognerà concentrarsi su aiuti mirati ai soggetti più vulnerabili e la sostenibilità del debito dovrà essere al centro dell’attenzione. Addirittura si dovrà facilitare il compito della banca centrale di riportare l’inflazione sotto controllo, e quindi una politica di bilancio espansiva è preclusa anche per questo motivo, perché porterebbe pressioni inflattive dove si cerca di attenuarle.

La strada del consolidamento fiscale, nel bel mezzo di una recessione che appare già in atto, è indicata senza tanti giri di parole dai ministri economici dell’eurozona.

Anzi, dopo aver protetto le famiglie più deboli, pare proprio che la crisi dei prezzi energetici sia un fattore positivo per determinare una sufficiente tensione verso le fonti rinnovabili. Se le fonti fossili tornassero a buon mercato, la transizione ecologica perderebbe la sua convenienza, è il succo del messaggio che arriva da Bruxelles.

Sulla stessa lunghezza d’onda anche il Commissario agli affari economici Paolo Gentiloni che ha sottolineato il cambio di marcia (indietro) dell’impostazione della politica di bilancio. Aiuti temporanei e mirati anziché a largo raggio ed attenzione alla stabilità ed alla sostenibilità dei conti. Ove mai non fosse stato abbastanza chiaro, ha aggiunto che la sospensione del Patto di Stabilità non è un “liberi tutti”.

Non deve stupire che, in conseguenza di tale quadro programmatico, il presidente Mario Draghi abbia ribadito proprio oggi in conferenza stampa,  che lo scostamento di bilancio non è necessario. Sta semplicemente eseguendo le direttive che gli giungono da Bruxelles.

Resta da capire come sarà possibile far convivere imprese e famiglie italiane con una recessione che dall’Europa viene vista come un male “necessario”, se non proprio benvenuta per raffreddare tensioni sui prezzi energetici che stanno diventando insostenibili.

A questo si aggiungono i dubbi che cominciano a serpeggiare, soprattutto in Germania, alimentati dal fatto che la recessione si stia rivelando l’unico effetto di breve periodo delle sanzioni verso la Russia. Spegnere l’economia russa, spegnendo quella europea e tedesca in particolare, comincia ad apparire una scelta strategica non particolarmente saggia ed efficace. E l’indice ZEW tedesco uscito oggi indica che le aspettative degli imprenditori sono crollate ad un livello che non si vedeva dai tempi del primo lockdown del 2020.

Tali perplessità si sono riflesse anche nella scelta del Consiglio Ecofin di decidere un finanziamento a favore dell’Ucraina per un solo miliardo, assistito da stringenti condizioni sulle finalità a cui destinare quel denaro e sulla sua rendicontazione. A Bruxelles, superata la vanitosa esibizione muscolare dei primi mesi, la realtà dei conti sta cominciando ad imporsi e la casse sono vuote.

Su tutto aleggia il fantasma della BCE. Se il prossimo 21 luglio deludesse le aspettative tedesche o italiane, si aprirebbero orizzonti finora inesplorati per la tenuta dell’eurozona.

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