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Klaas Knot Euro Olanda Euro

L’euro? Una manna per i Paesi del Nord. Parola della banca centrale dell’Olanda

L'euro ha impoverito i Paesi del Sud Europa come l'Italia, ha sostenuto Klaas Knot, governatore della Banca centrale dell'Olanda. L'articolo di Tino Oldani per Italia Oggi

Finalmente un olandese che non racconta balle. Mi riferisco a Klaas Knot, 53 anni, governatore della Banca centrale dell’Olanda, che in una recente lectio magistralis svolta presso la Hendrik Jan Schoo, ha spiegato ai suoi connazionali che l’introduzione dell’euro è stata per loro un grande vantaggio, come lo è stato per i paesi del Nord Europa, mentre per i paesi del Sud, Italia in testa, ha provocato un impoverimento progressivo dell’economia e delle famiglie. Una divaricazione che dura da 20 anni, accentuata dalla crisi economica indotta dal Covid-19, dalla quale non basterà certo il Recovery Fund per uscire.

La lezione di Klaas (sul web, in inglese) si distingue non poco dalle posizioni anti-italiane espresse più volte dal premier olandese Mark Rutte, che in un video su youtube mostrò di condividere l’invito di un operaio portuale a non dare neppure un euro di aiuto all’Italia, considerata un paese cicala che vive a scrocco dei paesi frugali. Non solo. Pochi giorni dopo, nel vertice Ue del 17-21 luglio, Rutte fece di tutto per ostacolare la concessione di aiuti al nostro paese con il Recovery Fund, imponendo una serie di condizionalità che, di fatto, sottopongono l’erogazione dei fondi a clausole capestro, compreso l’eventuale veto dell’Olanda sui progetti italiani da finanziare.

Fin dal titolo della sua lezione, il governatore Klaas si prefigge di dare una serie di indicazioni affinché l’Unione europea esca dal Covd-19 «più resiliente, prospera e sostenibile». Prima di arrivarci, però, rifà la storia dell’euro e delle sue conseguenze, con alcuni passaggi a dir poco inconsueti per la loro franchezza, specie se detti da un banchiere del Nord Europa. «La creazione dell’euro è stata, prima di tutto, un progetto politico. Dopo la caduta del Muro di Berlino e la riunificazione della Germania, i maggiori partner europei, a cominciare dalla Francia, vollero essere sicuri che la Germania continuasse a fare parte dell’Europa unita. Da qui l’accordo tra Mitterrand e Kohl: l’unificazione per te, l’euro per noi».

Oltre a quella politica, spiega Klaas, vi erano forti ragioni economiche per la moneta unica: «Anzitutto un mercato unico europeo, dove gli intensi scambi commerciali tra i paesi membri avrebbero tratto beneficio dalla moneta comune». Benefici che, però, hanno premiato soprattutto i paesi del Nord Europa. In proposito, con una tabella (pagina 4), Klaas dimostra che il Lussemburgo ha tratto il maggiore vantaggio dal mercato unico, con un beneficio di 20 mila euro l’anno per famiglia, seguito dall’Olanda con 7.500 euro, dalla Germania con 4mila, mentre l’Italia non arriva a 500 euro, penultima in classifica, seguita solo dalla Grecia. «Se mettiamo in conto anche il contributo annuo che l’Olanda versa al budget dell’Unione europea», commenta Klaas, «vi è un guadagno sostanziale per il nostro welfare, per cui dobbiamo ringraziare il mercato unico europeo per la nostra grossa fetta di torta».

C’è poi il rovescio della medaglia. «Purtroppo, una moneta unica porta anche degli svantaggi», afferma Klaas. «Per esempio, una moneta comune significa un eguale tasso d’interesse, e tale tasso non sempre è adatto a ciascun paese. Può contribuire all’accumulo del debito o all’impennata del prezzo degli immobili. I tassi di cambio fissi non offrono solo stabilità, ma implicano anche che i paesi membri non possano più utilizzare il loro tasso di cambio per ripristinare la loro competitività. Di conseguenza, non tutti i paesi dell’area euro hanno tratto beneficio allo stesso modo dalla moneta comune. Per dirla tutta: i paesi con economie più forti, come i Paesi Bassi, ne hanno beneficiato di più rispetto ai paesi con economie più deboli».

Un esempio? «Confrontiamo Olanda e Italia», dice Klaas. «Per mantenere i prodotti italiani competitivi con quelli olandesi, la valuta italiana avrebbe dovuto deprezzarsi rispetto alla nostra moneta. Prima che il fiorino e la lira diventassero legati in modo irreversibile, abbiamo assistito regolarmente a questo deprezzamento della lira. Ma questo non è più possibile». Ancora: «Grazie all’euro, l’Olanda ha goduto di una competitività più forte di quella che avrebbe se avesse mantenuto la propria moneta. Ciò ha spinto il nostro export, con benefici per l’intera economia e per il Tesoro del governo olandese. Vale invece il contrario per paesi come l’Italia, dove la produttività è più bassa. Semplificando: l’assenza di un tasso di cambio tra i paesi dell’area euro è un beneficio per le economie più forti, mentre è uno svantaggio per quelle più deboli».

A questo punto, l’analisi di Klaas, per quanto possa sembrare paradossale, coincide con quanto in Italia sostengono da tempo intellettuali euroscettici come l’economista Paolo Savona e gli esponenti della Lega Alberto Bagnai e Claudio Borghi, considerati per questo pericolosi nemici dell’Europa dai giornaloni e dai sedicenti europeisti del Pd, da Romano Prodi in giù. Una sinistra miope, che farebbe bene a leggere e studiare la lezione di Klaas, che ovviamente non si ferma qui.

Se l’euro è «uno svantaggio per le economie più deboli», di conseguenza «le economie più forti e quelle più deboli tendono a divergere anche nei debiti pubblici. Il che persiste da molto tempo e ci conduce ai problemi che abbiamo visto nel 2011 nella crisi dei debiti sovrani, dove si sfiorò la disintegrazione dell’euro, cosa che non vogliamo più rivedere». Una sfida che, però, si ripropone con la crisi post Covid-19, l’impennata dei debiti pubblici in tutti i paesi Ue e il varo del Recovery Fund. Interessanti, in proposito, le ricette suggerite da Klaas all’Ue e allo stesso governo olandese. Ne riparleremo.

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