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Libertà

Le risposte monetarie e fiscali nel mondo contro la pandemia

Il commento “Covid-19: una pandemia senza precedenti in un'economia moderna”, a cura di Paul Doyle, Responsabile azionario per l'Europa (Regno Unito escluso) di Columbia Threadneedle Investments

L’epidemia di Covid-19 ha destabilizzato i mercati azionari di tutto il mondo. Da quando la Cina ha allertato l’Organizzazione mondiale della sanità segnalando casi di una “polmonite insolita” a Wuhan lo scorso dicembre, siamo entrati in quello che l’OMS definisce “territorio inesplorato”. L’Italia è stata il primo paese europeo ad attivare le misure di contenimento su tutto il territorio, seguita poi da altri. Il virus ha agito in modo rapido e indiscriminato, contagiando membri di famiglie reali e politici, ma anche lavoratori essenziali a basso salario.

Ma prima di valutare la possibile evoluzione futura di questa situazione, vale la pena osservare la salute finanziaria del Vecchio Continente all’inizio della crisi.

Lo scorso anno si è concluso su una nota favorevole, con i mercati azionari globali ed europei in rialzo rispettivamente del 27% e del 29%, nonostante la scarsa crescita degli utili. A tale risultato ha contribuito una serie di eventi: i Conservatori di Boris Johnson hanno vinto le elezioni nel Regno Unito, placando i timori sulla Brexit; le tensioni commerciali tra Stati Uniti e Cina si sono affievolite; negli Stati Uniti è invece svanita l’ipotesi di una vittoria di Elizabeth Warren e poi di Bernie Sanders alle primarie del Partito Democratico.

Notizie incoraggianti sono giunte anche sul fronte della Fase 1 dei negoziati commerciali tra Washington e Pechino, oltre che dalla decisione del governo statunitense di lasciare passare la scadenza relativa all’imposizione di dazi sulle importazioni di auto dall’Europa, permettendo ai produttori di automobili che si erano ritrovati nell’occhio della contrazione dell’industria europea di tirare un respiro di sollievo. Inoltre, a novembre le banche centrali di Cina, Stati Uniti e Unione europea hanno riavviato i rispettivi QE.

Gli ottimisti speravano che tutto ciò avrebbe impresso slancio alla crescita globale… fino all’arrivo del Covid-19.

Inizialmente il virus è rimasto circoscritto alla provincia cinese di Hubei in cui si trova Wuhan, una città industriale di medie dimensioni. Gli investitori hanno assimilato la notizia, ipotizzando generalmente che si trattasse di una nuova SARS ma niente di più, e che quindi sarebbero state colpite solo le aziende con operazioni o catene di produzione nelle aree interessate. Invece il virus ha iniziato a diffondersi, in modo rapido e disomogeneo.

L’Italia è stata la più colpita e ha mostrato un tasso di mortalità elevata, per via dell’età più avanzata della popolazione, ma è stata ben presto raggiunta dalla Francia e addirittura superata dal Regno Unito e dagli Stati Uniti. Ovunque nel mondo sono state adottate misure drastiche, tra cui chiusura delle frontiere, sospensione del traffico aereo, restrizioni agli spostamenti, telelavoro e distanziamento sociale, con le più svariate conseguenze. Universale è stato invece l’impatto sui mercati azionari, che hanno incassato bruschi ribassi.

Le compagnie aeree e il comparto del tempo libero hanno accusato maggiormente il colpo, dato che i consumatori erano relegati a casa. La paralisi dell’attività economica ha colpito gli utili, i bilanci e i crediti inesigibili. I titoli del settore dei consumi arrancano poiché mancano gli acquirenti cinesi; le speranze di un ritorno alla normalità con la riapertura in Cina sono state spazzate via dai blocchi imposti in Europa, che hanno polverizzato la domanda.

Le ripercussioni sulle economie appaiono profonde, come confermato dall’OCSE, che stima un -25% per il dato mediano. Per gli Stati Uniti si prospetta una flessione annualizzata del 50% nel secondo trimestre.  A titolo di riferimento, il declino dal punto massimo a quello minimo durante la crisi finanziaria globale è stato del 4% nell’arco di sei trimestri e all’epoca è stato percepito come una catastrofe. Benché formulare previsioni in un contesto talmente volatile e incerto sembri una battaglia persa, ipotizziamo una contrazione del PIL dell’eurozona del 9% quest’anno, cui seguirà un rimbalzo del 7% nel 2021.

La triste verità è che tutti abbiamo perso denaro. Ciononostante, taluni approcci e stili si sono distinti. Gli investitori value fermi su una valutazione semplicistica dei prezzi hanno sofferto maggiormente, soprattutto nel caso dei portafogli orientati ai titoli visibilmente a buon mercato nel settore bancario o in quello del tempo libero. La qualità dei modelli operativi e la resistenza alla volatilità a breve termine delle economie (o persino dei mercati azionari) sono diventate virtù preziose, al punto da minimizzare se non addirittura evitare il crollo delle quotazioni azionarie.

Ora cosa succede?

Ci troviamo di fronte a una recessione non sistemica, bensì innescata da un evento specifico. Pertanto allo shock iniziale, che potrebbe rientrare rapidamente, seguirà il rischio di precipitare in un circolo vizioso dagli effetti deleteri. La fase rialzista durata 11 anni è stata trainata dalla creazione e dalla disponibilità di posti di lavoro, che hanno alimentato la spesa per consumi. Negli Stati Uniti, l’impennata delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione per effetto del Covid-19, a quota 6,6 milioni,  garantisce che il tasso di disoccupazione salirà ben oltre il dato del 4,4% registrato a marzo. Tuttavia, l’impatto sui consumi potrebbe non essere così drammatico, alla luce delle misure di sostegno alle famiglie implementate del governo.

La ripresa sarà trainata dagli sviluppi sul fronte medico: quando la diffusione del virus rallenterà o verrà arrestata, sarà possibile allentare le misure di restrizione, consentendo un certo ritorno alla normalità economica. Ma tutto questo dovrà accadere con una certa rapidità, se si vuole evitare che la contrazione si trasformi in una recessione che si autoalimenta. D’altro canto, una revoca precoce dei lockdown rischia di tradursi in un nuovo aumento dei contagi.

Il sostegno

Le risposte monetarie e fiscali sono state rapide. La Fed ha fatto più in tre settimane di quanto non abbia fatto durante tutta la crisi finanziaria globale. La BCE si è impegnata ad acquistare titoli di Stato e obbligazioni societarie a un ritmo senza precedenti: un pacchetto di stimoli pari al 2,3% del PIL dell’eurozona, a cui si aggiungono garanzie del credito pari a un ulteriore 13% del PIL. Quest’anno i disavanzi pubblici nell’eurozona raggiungeranno il 10-13% del PIL.  Il mix di aumento della spesa e calo della produzione spingerà al rialzo i rapporti debito/PIL di 20-40 punti percentuali. Per la Germania, che parte dal 60%, potrebbe anche essere tollerabile, mentre per l’Italia comporterebbe una grave minaccia, siccome il rapporto debito/PIL salirebbe al 170% o anche oltre.

A nostro giudizio tutto lascia ipotizzare una ripresa dell’attività economica a forma di U, ma non prima della fine del 2020, come minimo. Nel secondo trimestre si registrerà un declino alquanto marcato (a doppia cifra), il terzo sarà dominato dalla debolezza e nel quarto si potrà forse osservare un recupero. Una paralisi più prolungata dell’attività economica potrebbe invece protrarre la contrazione fino al 2022. Insomma, le tempistiche potranno anche cambiare, ma la recessione è certa.

Le conseguenze più a lungo termine della crisi del Covid-19 sono numerose. Le interruzioni delle catene di produzione imputabili al blocco dell’attività in Cina andranno a rafforzare l’idea secondo cui il trasferimento della produzione nei paesi a basso costo è stato eccessivo. Ad esempio, l’80% degli antibiotici statunitensi proviene dalla Cina.  Indipendentemente da chi vincerà le presidenziali statunitensi, vi sarà una forte pressione politica e sociale a favore dell’inversione della delocalizzazione.

In Europa, il sistema Schengen è stato smantellato e non si sa quando i controlli alle frontiere tra paesi membri verranno rimossi; la libera circolazione delle persone dovrebbe essere un caposaldo dello spirito europeo. Le regole del Trattato di Maastricht sul rigore fiscale sono state completamente ignorate. Finora la globalizzazione ha tenuto l’inflazione sotto controllo, ma ora le cose sono destinate a cambiare?

Le tradizionali analisi dei cicli economici non sono di grande aiuto durante una pandemia, il che complica la formulazione di ipotesi sulla ripresa. Tuttavia, siamo avvantaggiati dal fatto di poter contare su un approccio incentrato su modelli operativi di alta qualità con rendimenti elevati e sostenibili anche nei contesti difficili. Alla luce di ciò, i nostri portafogli si sono finora dimostrati in grado di reggere alla situazione, ma è impossibile negare che i prossimi mesi saranno alquanto interessanti.

 

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