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Le filiere si stanno frantumando? I casi di Toyota, Honda e Samsung

Che cosa succede a Toyota, Honda e Samsung secondo il Wall Street Journal 

“Problemi di approvvigionamento per la produzione globale”. Così ha titolato ieri il Wall Street Journal in prima pagina, riflettendo il livello di allarme a livello mondiale. La crisi economica e le misure di contenimento dell’epidemia hanno profondamente stravolto quasi tutte le filiere di fornitura internazionale, provocando rilevanti variazioni nei volumi e nei prezzi. Non sappiamo se si tornerà allo stato pre Covid, ma è ragionevole prevedere che nulla sarà più come prima. Troppa fiducia era stata riposta in un modello di sviluppo basato sulla crescita ininterrotta del commercio internazionale. Tale modello si è rivelato vulnerabile e, nel migliore dei casi, nessuno si fiderà più ciecamente della sua infallibilità.

Di seguito una sintesi dell’articolo.

“Lungo le catene di approvvigionamento, in tutto il mondo, si stanno sempre più frequentemente notando casi di carenze di materie prime e colli di bottiglia. Nessun settore fa eccezione, dall’auto-motive, l’abbigliamento fino alle attrezzature mediche.

Toyota, Honda e Samsung sono stati gli ultimi casi di multinazionali a riscontrare dei problemi. In particolare le due aziende del settore dell’auto-motive hanno addirittura affermato nella giornata di mercoledì di voler arrestare la loro produzione presso gli stabilimenti del Nord America. Toyota ha lamentato una carenza di prodotti petrolchimici, la produzione dei quali è stata pregiudicata durante lo scorso mese dal gelo Texano.

Honda si è invece giustificata affermando la presenza congiunta di problematiche quali ritardi nelle spedizioni navali, carenze di materiali semiconduttori, inconvenienti connessi alla pandemia e il meteo rigido delle ultime settimane negli Stati Uniti.

Samsung, primo produttore mondiale di smartphone, ha affermato che la grave carenza di componenti, soprattutto chip, potrebbe avere gravi ripercussioni sul fatturato del prossimo trimestre.

I succitati sono solamente tre casi peculiari, ma le problematiche di approvvigionamento stanno generando continui ritardi e aumenti nei costi per numerosi settori e aziende a livello globale, affermano analisti di mercato e vertici aziendali.

Tutto ciò si sta ripercuotendo sui margini e sui prezzi finali ai consumatori.

“Stiamo riscontrando molta fatica nell’approvvigionamento delle materie prime”, afferma il Ceo di Summit Plastics, azienda del Mississippi che produce componenti in plastica, tra gli altri, per ospedali e packaging industriale.

Questi colli di bottiglia nelle catene di approvvigionamento, che arrivano tra l’altro proprio nel momento in cui l’economia statunitense e mondiale sta cercando di tornare ai livelli pre-pandemici, mostra tuttavia quanto il percorso sia ancora lungo e tortuoso, e facendo comprendere soprattutto l’alto grado di vulnerabilità delle catene di fornitura globali.

Ma l’impatto a lungo termine di questi fenomeni non è ancora ben chiaro. Il governatore della FED ha affermato in conferenza stampa mercoledì che si attende queste problematiche si risolveranno del tutto in parallelo alla ripartenza e alla crescita economica.

La gelata che ha colpito il Texas il mese scorso ha contribuito a piene mani, essendo stato un duro colpo per l’economia degli Stati Uniti ma non solo. Difatti è proprio lì che ha sede lo stabilimento petrolchimico più grande al mondo, che trasforma in plastica petrolio, gas e i rispettivi sottoprodotti. La gelata di febbraio ha costretto questi stabilimenti a chiudere del tutto.

“Gli eventi metereologici avversi in Texas sono capitati nel peggior momento possibile,” riferisce Michael McKim, responsabile acquisti per Anchor Industries, azienda produttrice di prodotti per eventi all’aria aperta. L’azienda, avente sede nello stato dell’Indiana sta riscontrando difficoltà nell’approvvigionamento di cinghie in polipropilene, un prodotto di solito reperibile rapidamente e a buon mercato. “Qui qualcuno rischia di ritrovarsi come ultimo della fila, e a mani vuote. Stiamo solo pregando di non essere noi quel qualcuno”.

Persino Samsung, uno dei più grandi produttori di chip mondiali, il mese scorso è stato costretto a far chiudere due dei suoi più importanti stabilimenti di tale prodotto ad Austin, in Texas.

Nel frattempo però, i porti Californiani di Los Angeles e Long Beach, che complessivamente controllano più di un terzo dell’intero traffico di container di importazione degli Stati Uniti, continuano a rimanere intasati di scorte in seguito a una campagna di rifornimento iniziata verso la fine dello scorso anno.”

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