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Bitcoin Sec

La Sec farà gioire o attapirare i Bictoin?

È presto per dire se la volatilità della criptovaluta si ridurrà o aumenterà dopo l’ammissione alla quotazione dei fondi passivi che investono direttamente in Bitcoin. Quali conseguenze ci saranno per le monete digitali progettate dalle banche centrali. L'articolo di Riccardo Puglisi per Lavoce.info

Dopo una rocambolesca sequenza di pasticci comunicativi (in particolare, l’aver postato su X (Twitter) in anticipo la notizia, per poi denunziare subito un attacco hacker), la Sec- Securities and Exchange Commission – ha davvero autorizzato la quotazione di undici fondi Etf che investono direttamente sui Bitcoin (cosiddetti Etf “spot”). Tra gli Etf ammessi alla quotazione, spiccano quelli gestiti da Ark, BlackRock, Invesco e Fidelity.

Per districarci negli aspetti tecnici della questione bisogna innanzitutto chiarire o ripetere che cosa sia una moneta digitale (o cripto-valuta) come i Bitcoin e che cosa sia un Etf (Exchange Traded Fund).

L’Etf è un fondo di investimento sostanzialmente passivo, che si concentra su categorie di investimento specifiche (in questo caso, i Bitcoin), ovvero permette di acquistare un paniere di titoli senza acquistare i singoli titoli. Ad esempio, un Etf sul Nasdaq consiste in un investimento sui titoli appartenenti alla borsa Nasdaq senza alcun contributo attivo del gestore nella scelta strategica o tattica dei titoli inseriti: il fondo rispecchia meccanicamente l’indice stesso. Nel caso degli Etf spot sui Bitcoin, l’investimento dei fondi è per l’appunto concentrato nell’acquisto diretto della criptovaluta chiamata Bitcoin. Al contrario, prodotti precedenti permettevano un investimento nei Bitcoin in forma indiretta, acquistando titoli derivati come opzioni e future sui bitcoin stessi. La conseguenza principale del provvedimento di autorizzazione è che l’investimento effettuato negli Etf spot rispecchia in maniera più fedele l’andamento del titolo sottostante, cioè i Bitcoin stessi.

E che cosa sono i Bitcoin? Per lavoce.info ho scritto il mio primo pezzo sui Bitcoin quasi dieci anni fa, nel febbraio del 2014, soffermandomi sul funzionamento della criptovaluta e sull’effetto della concorrenza esercitata da altre valute dello stesso tipo sul prezzo del Bitcoin stesso, che notoriamente è stato ed è assai volatile.

Una criptovaluta è una moneta virtuale che non è emessa da un’autorità statale, ma funziona grazie alla vigilanza decentrata messa in atto da una serie di utenti. Nel caso delle criptovalute, le quali per definizione sono prive di un elemento fisico come le banconote o di un meccanismo contabile gestito dal soggetto depositario come i depositi bancari, l’elemento essenziale da sottoporre a vigilanza è il fatto che nessun utente faccia “double spending”, cioè spenda una certa somma di Bitcoin (accrescendo i depositi del venditore) senza che il suo deposito scenda dello stesso ammontare: i soggetti che vigilano sul sistema dei pagamenti in criptovaluta si chiamano “miner” e vengono pagati con somme espresse in Bitcoin.

LA VOLATILITÀ DEL BITCOIN

Quella parte quasi filosofica dell’economia che si occupa di teoria della moneta evidenzia come una certa attività finanziaria possa per l’appunto qualificarsi come “moneta” se è utilizzabile come mezzo di scambio per evitare il baratto, possa funzionare come riserva di valore per essere spesa successivamente conservando il potere d’acquisto (dunque: male l’inflazione) e come unità di conto per confrontare i prezzi dei diversi beni, servizi e delle ore lavorate, cioè i salari. Pur essendo vero che la legge di crescita dell’ammontare totale di Bitcoin è deterministica e “cauta”, in quanto avviene a un tasso che decresce nel tempo, la criptovaluta ha mostrato una forte volatilità nel suo valore rispetto alle monete tradizionali, dando forza a chi ritiene che – insieme con le altre criptovalute – non appartenga di fatto all’insieme delle monete tecnicamente intese come tali. Dall’altro lato, quanto più è vero che pragmaticamente imprese, commercianti e privati cittadini accettano i Bitcoin per farsi pagare ed estinguere debiti, tanto più acquista forza la tesi contrapposta secondo cui siamo di fronte a una moneta vera e propria, pur fortemente ballerina nel suo valore.

Forse la domanda cruciale da porsi dopo l’autorizzazione degli Etf spot sui Bitcoin è semplicemente questa: è vero che la maggiore facilità con cui investitori possono oggi investire nei Bitcoin (a patto che la Sec non decida di limitare la classe degli investitori autorizzati a farlo direttamente) porterà a una maggiore stabilità nella loro quotazione? Oppure si andrà nella direzione opposta, cioè una maggiore frequenza e profondità di oscillazioni speculative? Difficile dare una risposta sicura oggi, ma si tenga presente che nel frattempo le banche centrali (compresa la Banca centrale europea e l’americana Fed) stanno progettando e calendarizzando l’introduzione di monete digitali non decentrate come le criptovalute ma gestite dalle banche centrali stesse. Oppure passerà loro la voglia perché i Bitcoin e le altre criptovalute diventeranno sufficientemente stabili e prevedibili nella loro quotazione?

 

Articolo pubblicato su lavoce.info

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