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Kevin Murphy Google

Kevin Murphy, chi è il prof-manager di Google che ha svelato gli affarucci con Apple

Colpo di scena al processo contro Google per pratiche anticoncorrenziali. Il suo testimone, Kevin Murphy, ha infatti rivelato che l'azienda sborsa il 36% delle sue entrate relative ai ricavi pubblicitari ad Apple per garantirsi il privilegio di essere il motore di ricerca predefinito. Tutti i dettagli

 

Se usiamo tutti, o quasi, Google come motore di ricerca un motivo ci sarà. Come afferma il gigante di Mountain View in parte sarà perché “è semplicemente un prodotto superiore”. Ma non solo. È anche il motore di ricerca predefinito su molti prodotti tecnologici, come smartphone, tablet, iPhone, iPad e così via. Certo, si può sempre decidere di passare a un altro, ma chi l’ha mai veramente fatto?

Tutto questo ha spinto il dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, prima sotto la presidenza del repubblicano Donald Trump e poi con il democratico Joe Biden, ad avviare una causa contro Google per aver violato le norme antitrust. L’accusa sosteneva che il colosso guidato da Sundar Pichai si fosse garantito il monopolio nella ricerca online anche attraverso pagamenti illegali ad aziende come Apple e Samsung. Accusa confermata ieri da un testimone che avrebbe dovuto sostenere le ragioni di Google e che invece potrebbe aver dato uno straordinario assist al governo degli Stati Uniti.

Kevin Murphy, professore di economia alla Booth School of Business dell’Università di Chicago, si è infatti lasciato sfuggire (?) che Google ha stretto un accordo con Apple, a cui versa il 36% – ovvero oltre un terzo – delle sue entrate relative ai ricavi pubblicitari, che gli consente di essere il motore di ricerca predefinito.

CHI È KEVIN MURPHY

Nato in Irlanda, ma cresciuto in Inghilterra, Kevin Murphy ha conseguito il BA (bachelor’s degree) presso l’Università di Cambridge, il MEng (Master of Engineering) presso l’Università della Pennsylvania e il dottorato presso l’Università di Berkeley. In seguito ha svolto un postdoc al MIT e dal 2004 al 2012 è stato professore associato di informatica e statistica presso la University of British Columbia di Vancouver, in Canada.

Dopo aver ottenuto la cattedra, si è preso un anno sabbatico per volare in California da Google e non è più tornato indietro. Si è infatti dimesso dall’università ed è entrato a far parte dell’azienda a tempo pieno come ricercatore scientifico.

Attualmente, si legge sul suo cv, gestisce un team di 12 ricercatori all’interno di Google Deepmind che lavora su modelli generativi, inferenza bayesiana e altri argomenti. Ha pubblicato oltre 134 articoli e 3 libri sull’apprendimento automatico (machine learning) pubblicati da MIT Press.

LA TESTIMONIANZA AL PROCESSO CONTRO GOOGLE

Con un simile cv, nemmeno l’avvocato di Google che l’ha chiamato a testimoniare al processo ha potuto nascondere lo sconcerto quando Murphy ha spifferato che Google paga ad Apple il 36% delle entrate derivanti dalla pubblicità di ricerca effettuata tramite il browser Safari. Ma oltre a trattarsi di una bomba, la rivelazione è arrivata nell’ultima settimana di dibattimento, quando ormai sembrava già stato detto tutto (e cioè niente di simile che potesse inchiodare così Google).

Nemmeno a farlo apposta, la scorsa settimana, fa sapere Bloomberg, l’azienda aveva depositato un documento in tribunale in cui sosteneva che la rivelazione di ulteriori informazioni sull’accordo “comprometterebbe in modo irragionevole la posizione competitiva di Google nei confronti sia dei concorrenti che delle altre controparti”. Oggi quell’accordo – stretto nel 2002 – è il più importante tra gli accordi predefiniti di Google, poiché imposta il motore di ricerca per l’iPhone, lo smartphone più utilizzato negli Stati Uniti.

A quanto dichiarato da Eddy Cue di Apple a settembre, l’azienda per cui lavora avrebbe voluto in realtà una fetta maggiore dei soldi che Google ricava dal traffico di Safari, ma le parti si sono poi accordate sulla cifra rivelata da Murphy, il quale ha anche riferito che i pagamenti ai produttori di dispositivi e ad altri soggetti sono stati spesso trasferiti agli utenti sotto forma di un telefono più economico o di un migliore piano dati.

QUANTI SOLDI HA DATO GOOGLE AD APPLE (E NON SOLO)

Stando a The Verge, Google però non ha pagato solo Apple. Per garantirsi il privilegio di essere il motore di ricerca predefinito di browser come Safari e Firefox ha speso 26,3 miliardi di dollari solo nel 2021, di cui 18 miliardi di dollari sono andati al produttore di iPhone.

SARÀ LA FINE DI GOOGLE?

Un simile colpo di scena fornisce al dipartimento di Giustizia Usa una prova del fatto che Google sta mantenendo illegalmente il suo dominio sui mercati dei motori di ricerca e della pubblicità di ricerca, impedendo di fatto qualsiasi concorrenza. Lo stesso Satya Nadella, Ceo di Microsoft, ha recentemente testimoniato al processo affermando che con Google non c’è competizione.

Tuttavia, resta difficile prevedere che esito avrà il processo perché sebbene sia innegabile che Google domina le ricerche online, l’accusa deve dimostrare che riesce a farlo perché usa pratiche anticoncorrenziali e non perché “è semplicemente superiore”, come affermano a Mountain View. Inoltre, Google potrà sempre rispondere che gli utenti hanno la possibilità di cambiare motore di ricerca, se lo vogliono. La sentenza, quindi, non è dietro l’angolo ma chissà se Google resterà per sempre quello che conosciamo.

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