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Iva, cashback e pagamenti elettronici. Come funziona il modello portoghese? Il corsivo di Seminerio

Il governo punta ad agevolare i pagamenti elettronici. E indica il modello portoghese. Ecco il commento di Mario Seminerio, curatore del blog Phastidio.net

Stop all’aumento dell’Iva e avvio del taglio delle tasse sul lavoro, grazie a 14 miliardi di flessibilità e 7 miliardi di proventi dalla lotta alla evasione agevolando anche i pagamenti elettronici. Questa in pillole la Nota di aggiornamento al Def approvata ieri dal consiglio dei ministri (qui e qui gli approfondimenti di Start).

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Poiché “in God we trust, all others must bring data, ci tenevo a significarvi che ho cercato numeri che potessero suffragare l’ipotesi di aumento del gettito Iva e conseguente riduzione dell’evasione, a seguito di introduzione di lotterie fiscali ma non ne ho trovati, malgrado il numero non basso di paesi che hanno seguito quella strada, non a caso spesso dopo aumento delle aliquote delle imposte indirette, che tende a produrre aumento dell’evasione. In caso ne aveste,segnalate.

Quello che vorrei evitare di leggere sono commenti del tipo “In Portogallo l’evasione Iva è crollata con la lotteria fiscale!”. Perché ovviamente non è vero. Queste cose lasciamole dire a trasmissioni radiofoniche dove la tesi centrale è che Germania e Francia ci rubano la felicità.

A proposito di Portogallo, la loro lotteria si chiama “fattura fortunata”, (Fatura da Sorte), funziona con il numero di codice fiscale. Ogni 10 euro di controvalore di acquisti si ha diritto ad un “biglietto” della lotteria, con minimo di un biglietto per acquisti inferiori alla soglia. Ad oggi, l’estrazione settimanale prevede come premio un certificato di credito del Tesoro di 35 mila euro. In origine si vinceva un’auto di grossa cilindrata ma poi la sensibilità “verde” ha prevalso e si è passati al titolo di stato, che inquina meno. C’è anche un’estrazione semestrale, del valore di 50 mila euro, a cui partecipano tutti i “biglietti” del semestre precedente.

Il sistema portoghese funziona anche attraverso un portale, dove i consumatori possono verificare se i loro acquisti (effettuati fornendo il codice fiscale) sono stati inseriti dal commerciante. Interessante il fatto che, disponendo di fattura o scontrino “parlante”, cioè col proprio codice fiscale, il consumatore può a sua volta inserire i dati nel sistema, in caso non avesse trovato l’acquisto inserito dal venditore.

In sintesi, poiché non si inventa nulla e le esperienze altrui aiutano, spesso elevandosi al rango di best practice, ecco premesse e sequenze.

In primo luogo, la necessità di aumentare l’Iva (ed addolcire la pillola) o condizioni di elevata evasione della medesima sono spesso il catalizzatore di lotterie degli scontrini e restituzioni fiscali. Dopo di che, si impone ai commercianti (ma anche ad artigiani e professionisti) di emettere fattura o scontrino elettronici, con trasmissione telematica dei dati all’agenzia fiscale nazionale. Il consumatore viene allettato alla cooperazione fiscale mediante fruizione di un credito d’imposta sugli acquisti con tetto massimo (i già citati 250 euro annui del Portogallo) e di estrazione a sorte sugli acquisti fatturati o scontrinati fornendo il proprio numero di codice fiscale.

È appena il caso di segnalare che queste iniziative si basano anche sulla behavioural economics: pensate alla gioia dei consumatori che possono dire “posso scaricare gli acquisti dalle tasse come gli ammerigani, evviva!!”, vedendosi restituire sino a 250 euro annui di Iva sulla spesa. Ma è utile sapere che il venditore ha sempre l’arma finale dello sconto per il nero, e vince lui a meno che non gli venga installata in fronte una videocamera fissa collegata con l’Agenzia delle Entrate.

cashback sono molto più facili da elargire, se hanno un tetto e se si applicano dopo aver aumentato l’Iva, cioè essersi precostituiti le risorse da erogare. Non solo: la misura potrà/potrebbe essere presentata come “progressista” per i motivi detti sopra, oltre che devolvendo piccoli importi del gettito aggiuntivo spostando alcuni beni all’aliquota “di prima necessità” del 4%.

(Estratto di un articolo pubblicato su Phastidio.net; qui la versione integrale)

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