Giochi così preziosi da attrarre persino Invitalia? La “nuova Iri” guidata dall’amministratore delegato Bernardo Mattarella si sta distinguendo per attivismo anche se, al momento, le sue statalizzazioni sembrano parecchio distanti da quelle a matrice industriale e strategica del modello originale. Dopo l’ingresso nella catena di abbigliamento Coin, gli investimenti nelle Terme di Chianciano, nel produttore di treni passeggeri Firema e nel progetto di rilancio dello stabilimento ex Ferrosud di Matera, l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa sembra pronta a salvare Giochi Preziosi, marchio di giocattoli fondato nel 1978 e controllato dall’ex patron del Genoa Enrico Preziosi, alle prese da diversi mesi con una nuova ristrutturazione del debito (la prima crisi una decade fa) attraverso lo strumento della composizione negoziata della crisi.
LA CRISI DI GIOCHI PREZIOSI
Concorrenza sempre più forte, soprattutto di origine asiatica, aumento dei costi di trasporto e delle materie prime e con ogni probabilità un cambio di gusti dei bambini del Terzo millennio (più attratti dai device che non dai giocattoli tradizionali) hanno via via ridotto i margini a un Gruppo che in realtà non si è davvero mai ripreso dalla pandemia.
Nell’ultimo periodo, le banche hanno ceduto i crediti vantati nei confronti del gruppo brianzolo, risalenti al 2019 e già scaduti. In particolare, Dea Capital Alternative Funds, la sgr guidata da Gianandrea Perco, ha rilevato le esposizioni nei confronti di Unicredit e di Banco Bpm mentre Europa Investimenti ha incamerato i crediti vantati da Intesa Sanpaolo. Totale: 300 milioni di debiti.
L’ASSETTO
Attualmente, il gruppo è controllato attraverso una catena societaria dalla famiglia Preziosi. Sino a due mesi fa il fondatore avellinese Enrico era titolare del 100% del capitale. A metà marzo, però, il patron ha fatto ricorso all’istituto del patto di famiglia per distribuire l’80% delle quote delle holding ai quattro figli — Matteo, Fabrizio, Paola ed Eleonora — conservando per sé la proprietà del 20%.
IL SALVATAGGIO DI INVITALIA
E qui entrerebbe in gioco Invitalia, società per azioni e partecipata interamente dal Ministero dell’economia e delle finanze attualmente guidata dal nipote del capo dello Stato. Secondo indiscrezioni riportate dal Corriere della Sera, Invitalia sottoscriverà una quota dell’aumento di capitale da 40-50 milioni di euro a supporto del piano di rilancio del gruppo dei giocattoli. Al rafforzamento patrimoniale dovrebbero poi partecipare le società di gestione del risparmio che ne hanno incamerato i debiti, dunque le già citate Dea Capital Alternative Fund del gruppo De Agostini ed Europa Investimenti, parte del gestore Arrow Global. L’apporto del fondatore della società, Enrico Preziosi (nella foto), si aggirerebbe infine intorno ai 10 milioni.
Il tempo è poco: come scriveva Il Sole 24 Ore qualche mese fa una linea di credito da 70 milioni di euro è in scadenza a giugno, mentre un altro finanziamento di 65 milioni dovrà essere onorato pochi mesi dopo. Anche Famosa, la filiale spagnola acquisita da Giochi Preziosi nel 2019 poco prima di quest’ultima crisi e ora già a rischio vendita, ha in scadenza un prestito di circa 33 milioni di euro con le banche locali guidate da Banco Santander. Si era vociferato in merito anche di una possibile fusione con Toys Center, marchio di giocattoli di proprietà di Artsana, società lombarda nel portafogli di Investindustrial, gruppo di private equity di Andrea Bonomi. Ma a quanto pare il giocattolo piace più a Invitalia.