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Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Bpm, Ubi, Bper. Chi ha più Btp in portafoglio

Cosa sta succedendo nei portafogli delle banche italiane con i Btp? Ecco tutti i dettagli su Intesa Sanpaolo, Unicredit, Mps, Banco Bpm, Ubi, Bper e non solo. 

 

E’ un rapporto sempre molto stretto quello tra le banche italiane e i Btp nonostante i nostri istituti stiano riducendo la loro esposizione, approfittando dell’aumento dei prezzi dei bond del Tesoro e realizzando qualche plusvalenza. Se dunque il clima favorevole sui mercati pare stia agevolando la riduzione della rischiosità del portafoglio, sono ancora molti i titoli di Stato in pancia alle banche nostrane le quali però devono fare attenzione ad un possibile peggioramento climatico. E anche a qualche vento freddo in arrivo dal Nord: l’avvertimento lanciato dal ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, sulla necessità di ridurre i rischi nei bilanci, in particolare quelli connessi ai titoli pubblici in portafoglio, ne è un esempio.

QUANTI SONO I BTP IN PANCIA ALLE BANCHE ITALIANE

Come ricorda Mf, ad agosto i nostri istituti di credito avevano in pancia Btp per 402 miliardi di euro, +10% su anno. Una cifra che vale circa il 10% del totale degli attivi e che assegna loro il primato in Europa. Negli ultimi tre mesi le prime otto banche italiane hanno alleggerito il portafoglio di titoli di Stato per circa 4 miliardi e dunque al 30 settembre il totale è sceso da 146 a 142 miliardi.

Entrando nel dettaglio, Unicredit ha ridotto l’esposizione di oltre 5 miliardi (-9,6% rispetto a fine giugno), portandola a 47,9 miliardi (44% della detenzione complessiva di titoli di debito e 6% del totale degli attivi del gruppo). Sulla stessa scia anche Creval, che si è alleggerita di titoli per 1 miliardo circa ma la cui esposizione – scesa di un quinto da inizio 2019 – è comunque alta e pari al 65% degli asset finanziari totali.

Intesa Sanpaolo invece ha portato il totale Btp a 35,8 miliardi (+4,6%), pari al 44,7% della sua esposizione globale ai rischi sovrani, e Bper a 6,4 miliardi. Pressoché stabile l’esposizione di Banco Bpm e Ubi (-0,5% a 19,3 miliardi e +3% a 10 miliardi) mentre variazioni più significative si registrano per Montepaschi e Credem (-5,5% a 15,4 miliardi e +22% a 3,3 miliardi).

Quasi tutti gli istituti, sottolinea il quotidiano finanziario, hanno adottato una strategia di riclassificazione massiccia dei Btp disponibili alla vendita e da mantenere fino a scadenza: in tal modo viene ridotta la sensibilità allo spread. Atteggiamento diverso da parte di Intesa Sanpaolo che ha aumentato di circa 2 miliardi il portafoglio di Btp disponibili alla vendita nel tentativo – suppone Mf – di “realizzare laute plusvalenze” nell’ultimo trimestre dell’anno.

GLI UTILI RICAVATI DAI BTP

Secondo stime elaborate da Giovanni Razzoli di Equita Sim, e riportate dal Sole 24 Ore, il 13% dei 10 miliardi di profitti netti delle prime 9 banche italiane quest’anno sarà realizzato grazie alle cedole sui titoli di Stato italiani. Ci saranno picchi con Banco Bpm e Popolare Sondrio, che con i Btp conseguiranno il 35-36% dell’utile netto; un buon risultato anche per Ubi Banca (24%); percentuali più basse per Unicredit (10%) e Intesa Sanpaolo (8%).

Da tutto ciò emerge chiaramente come il legame tra banche e Btp continui ad essere” forte e determinante per il conto economico” dei gruppi maggiori. Secondo Razzoli, peraltro, per i piccoli istituti non quotati il fenomeno dovrebbe essere ancora più accentuato perché in genere quelle le banche meno significative investono una quota degli attivi più elevata come ha ricordato il governatore di Bankitalia Ignazio Visco al Forex di gennaio. Attenzione però, avverte l’analista di Equita Sim, perché la riduzione dello spread e il rialzo dei prezzi per la contrazione del rischio “Italexit” “non devono essere un pretesto per nascondere i pericoli di un’eccessiva concentrazione degli investimenti bancari in titoli sovrani” che spesso sono quasi soltanto italiani. In media l’esposizione delle banche italiane è pari al 137% del capitale primario di vigilanza (Cet1) con punte del 364% in Creval e del 250% in Montepaschi, Banco Bpm e Popolare Sondrio.

COME SI COMPORTERANNO LE BANCHE CON I BTP?

Ora non è facile capire come intenderanno muoversi gli istituti nostrani sul fronte dei Btp. Se infatti “il clima di bonaccia sui mercati sta creando condizioni favorevoli per la riduzione dell’esposizione e in parte sta accadendo”, scrive il Sole, se si pensa al mancato contributo agli utili “è difficile pensare che gli istituti decidano di privarsi troppo degli interessi derivanti dai titoli di Stato nonostante le pressioni della Vigilanza”. La Bce infatti chiede da tempo una riduzione del rischio sovrano come premessa per il completamento dell’Unione Bancaria sebbene la normativa attuale non fornisca alcun obbligo. Da Basilea 4, ad esempio, è stato tolto ogni riferimento al trattamento dei titoli di Stato nei portafogli bancari. Il rischio però è che la bonaccia non duri in eterno e che gli istituti possano in futuro pagare l’eccessiva concentrazione del rischio di cui parla Equita.

LA PROPOSTA SCHOLZ

Nel frattempo dalla Germania spira un vento non tanto propizio a riguardo. Il ministro delle Finanze tedesco, Olaf Scholz, sul Financial Times ha evidenziato la necessità di sbloccare lo stallo per il completamento dell’Unione bancaria. Tra l’altro, come ricorda Giuseppe Liturri su Start Magazine, Scholz ha puntato l’attenzione sulla necessità di ridurre i rischi nei bilanci delle banche, partendo dalla riduzione dei prestiti in sofferenza per giungere alla riduzione del rischio connesso ai titoli pubblici in portafoglio. “Non sono state necessarie accurate analisi per capire che il principale Paese danneggiato dalle condizioni poste da Scholz sarebbe proprio l’Italia, come prontamente fatto notare da un successivo articolo del Financial Times” scrive l’analista di Start Magazine che in conclusione si domanda: “Non è forse il caso di prendere atto che quest’unione monetaria può reggere solo con il sostanziale annichilimento del contraente più debole (quasi sempre il nostro Paese), non avventurarsi nemmeno in negoziati senza via d’uscita ed invitare gli altri contraenti ad uno smantellamento coordinato e controllato di un progetto che per completarsi richiederebbe il rispetto di condizioni impossibili?”.

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