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Intesa Sanpaolo, Unicredit e non solo: cosa succede su garanzie e tassi

Il punto della situazione sulle garanzie previste dal decreto Liquidità, i numeri forniti da Mcc, i rilievi degli imprenditori e le precisazioni delle maggiori banche come Intesa Sanpaolo e Unicredit

Un “bazooka di liquidità”, un intervento che “non solo punta a difendere e preservare l’intelaiatura industriale del Paese dalle conseguenze economiche del Coronavirus ma aiuterà le aziende, gli imprenditori, i lavoratori a ripartire. Lo Stato è vicino alle imprese e se ne prende cura”. Questo il decreto Liquidità nelle intenzioni del ministro dell’Economia e delle Finanze, Roberto Gualtieri (Pd). Un provvedimento che però si sta rivelando più complicato di quello che di sicuro avrebbero voluto sia il governo sia Via XX Settembre: le difficoltà, a detta degli imprenditori, nascono sia dalla procedura – che si è rivelata meno semplice del previsto – sia dai tempi di erogazione, sia dai costi richiesti dalle banche per quanto riguarda spese di istruttoria della pratica e tassi d’interesse applicati, che non devono superare il 2% secondo quanto previsto dal decreto.

COSA PREVEDE IL DL LIQUIDITA’ PER I PRESTITI

Il decreto legge n. 23 dell’8 aprile 2020 è stato ideato per aiutare imprese e professionisti in difficoltà economica a causa della pandemia da Covid 19. In particolare stabilisce la garanzia al 100% per i prestiti non superiori al 25% dei ricavi fino a un massimo di 25 mila euro, senza alcuna valutazione del merito di credito, durata massima sei anni e rimborso che decorre non prima di 18 mesi dall’erogazione; garanzia al 100% (di cui 90% Stato e 10% Confidi) per i prestiti non superiori al 25% dei ricavi fino a un massimo di 800mila euro; garanzia al 90% per i prestiti fino a 5 milioni di euro, senza valutazione andamentale.

Il primo step per i finanziamenti fino a 25 mila euro è quello di compilare (e inviare poi per mail) il modulo per la richiesta di garanzia disponibile sul sito del Fondo di Garanzia PMI – operativo già dal 2000 – che grazie al decreto Liquidità ha una dotazione di 7 miliardi.

MA COSA DICONO GLI IMPRENDITORI?

Per tastare il polso della situazione il Sole 24 Ore ha creato una casella di posta elettronica il cui nome già la dice lunga sui bisogni attuali delle imprese: “Sos Liquidità”.

Dalle lettere ricevute se ne ricava che gran parte delle richieste di finanziamenti sono fino a 25mila euro e arrivano da microimprese di produzione, ristoratori, pasticceri, parrucchieri, artigiani, negozianti al dettaglio. “Imprese – scrive il quotidiano confindustriale – che rischiano di venire stritolate da una crisi di liquidità nella quale sono già immerse e che, nel giro di pochi mesi, potrebbe travolgere, dal basso verso l’alto, l’intera filiera produttiva italiana. Procedure farraginose, costi nemmeno occulti e ritardi sono ai primi punti del cahier de doléances che emerge dalle mail”.

Ecco alcune storie.

C’è F.P., ristoratore brianzolo con cinque dipendenti, la cui pratica è partita “ma le condizioni non sono quelle di cui si parla da giorni: mi è stata richiesto Unico 2019, il tasso d’interesse applicato è l’1,85% fisso per sei anni, il costo dell’istruttoria è stato azzerato, ma ci sono 150 euro di spese accessorie. Soprattutto non c’è certezza sui tempi di erogazione. Abbiamo bisogno di quei soldi subito. Non abbiamo pagato i fornitori che, se riapriamo, ci hanno chiesto il saldo delle fatture prima di darci altra merce. La ripresa, quando ci sarà, sarà lenta, temo di dover licenziare almeno un paio di dipendenti e di dover lavorare sei anni per ripagare i debiti”.

A.B., imprenditore milanese attivo da 27 nel settore degli strumenti musicali, racconta che la banca ci ha comunicato che non ci saranno fondi per tutti e che, in ogni caso, prima di un mese, non sarà garantito l’avvio delle operazioni di finanziamento. A noi la liquidità serve adesso, ma ci dicono che siamo stati inseriti in una fantomatica ‘lista delle manifestazioni d’interesse’. Senza un’iniezione immediata di risorse saremo costretti a chiudere l’attività”.

Problemi arrivano anche dall’Allegato 4, il modulo da compilare per accedere ai finanziamenti fino a 25mila euro: senza un commercialista o un consulente esterno, denunciano al Sole gli imprenditori, non si riesce a inoltrare la domanda “anche perché gli sportelli delle banche sono inondati da richieste e se non si ha un rapporto preferenziale con la propria agenzia i tempi diventano biblici”.

C’è poi un gran numero di mail in cui si lamenta che la propria banca “non aderisce” al decreto liquidità: molti sono correntisti di Poste Italiane, soggetto non abilitato all’erogazione di credito. “Io sto sperimentando una sequela di no perché da correntista di un istituto finanziario che non aderisce al decreto liquidità non posso accedere al prestito – si legge in una missiva -. In questo momento sto constatando che è praticamente impossibile aprire un conto corrente presso qualsiasi altra banca. Ho provato con tre istituti leader in Italia ma tutti dicono che la possibilità di chiedere il finanziamento è solo per chi è già correntista”.

Ancora sulla questione del tasso d’interesse riferisce la sua esperienza M.T. di Legnano, pizzaiolo con servizio di asporto. “Ho chiesto alla mia banca informazioni per avere il prestito” e “la sorpresa è stata il tasso d’interesse: inizialmente si parlava fosse zero, poi vicino allo zero-0,5%, adesso risulta che è l’1,8-1,9 % e prevede due anni di preammortamento con il pagamento d’interessi. Il finanziamento che mi è stato prospettato prevede anche uno 0,25% di sostituto d’imposta. Se così fosse, non è più un aiuto per le aziende in difficoltà piuttosto un’opportunità per qualcun altro”.

Un’altra storia è quella raccontata ieri da Tgcom 24 e riguarda un imprenditore con fatturato di circa un milione di euro che ha chiesto nei giorni scorsi un prestito da 50mila euro a uno dei maggiori istituti di credito del Paese. Il quadro che ne esce è che la procedura prevede 1.000 euro di spese d’istruttoria della pratica, uno spread di poco inferiore al 3% e 4 euro di spese incasso rata ogni mese. “Il tutto – si legge nell’articolo – per un tasso di interesse complessivo TAEG/ISC al 4,68%”.

Da sottolineare anche l’eventuale 1,5% di interesse sul capitale residuo che la banca chiede nel caso in cui l’imprenditore intenda ripagare il debito prima della scadenza.

COSA DICE L’ABI

L’Associazione bancaria – per bocca del presidente, Antonio Patuelli, che è intervenuto qualche sera fa alla trasmissione di Raitre “Piazza Affari” – ha chiarito che “a seconda della tipologia di garanzie è la legge che dispone i documenti necessari” per chiedere i prestiti alle banche: non sono queste ultime “che inventano le leggi, noi dobbiamo applicare sia il decreto legge dell’8 aprile che tutte le altre che non sono state abrogate”. E ancora: “Non è che pesa la burocrazia ma la legislazione complicata. Questa legge di aprile è giuridicamente molto complessa”.

Riguardo ai tassi d’interesse che gli istituti di credito stanno applicando, ha evidenziato che non superano il 2%, il massimo previsto dalla legge, e che anzi “si stanno facendo la concorrenza al ribassa”: alcune banche, ha aggiunto, “hanno parlato pubblicamente di tassi all’1 e allo zero virgola per cento. La concorrenza velocizza e tiene bassi i prezzi”.

LE PAROLE DI MATTARELLA (MCC)

Il portale del Fondo per le Pmi è operativo ormai da quasi una settimana ma ancora mercoledì sera il numero complessivo delle richieste autorizzate per i prestiti entro i 25 mila euro superava di poco quota 2 mila, a fronte di centinaia di migliaia di domande pervenute alle banche. «Sono state presentate alle 20 di ieri 2.002 domande per le coperture fino a 25 mila euro e con garanzia al 100 per cento. Ancora le grandi banche non hanno iniziato a presentare operazioni in formato massivo. Noi le abbiamo sensibilizzate a utilizzare flussi già a disposizione da tempo, in modo da poter utilizzare le funzionalità del fondo anche nelle ore notturne, per caricare il più rapidamente possibile le loro richieste», ha detto ieri durante un’audizione presso la commissione d’inchiesta sulle banche è stato l’amministratore delegato di Mediocredito centrale, che gestisce il Fondo per le Pmi, Bernardo Mattarella.

Le ragioni di un flusso ancora non sostenuto non sono del tutto chiare, scrive il Sole 24 Ore: “E qualcuno arriva anche a ipotizzare che una ragione potrebbe essere che la dotazione del fondo, pari a 1,7 miliardi, non sarebbe sufficiente a fare fronte al numero delle richieste di garanzie e per questo gli istituti di credito potrebbe avere qualche cautela nel muoversi per non trovarsi a finanziare e poi a restare senza la copertura al 100 per cento dello Stato. Ma in realtà le cose non stanno in questo modo, perchè sono due le verifiche che il fondo fa prima di dare riscontro alla banca (che al quel punto può erogare da subito) : la prima è che la stessa richiesta non sia stata fatta anche tramite un’altra banca. La seconda è che ci sia disponibilità di copertura della garanzia. In verità le banche, soprattutto quelle di maggiore dimensione, si sono organizzate per affidare a services esterni l’aggregazione delle domande e l’invio massivo al Fondo per le Pmi, processo che potrebbe prendere il via a breve”.

COSA DICONO LE BANCHE

Secondo quanto riporta oggi il Sole 24 ore le informazioni che arrivano dal mondo bancario rivelano che i tassi sarebbero in media sotto l’1,2%, soprattutto per i maggiori istituti di credito, come Intesa Sanpaolo e Unicredit. I tassi più bassi, pari allo 0,04%, sono applicati nel caso di finanziamenti che hanno durata inferiore ai 72 mesi, il massimo consentito dalla legge. Inoltre i prestiti con durata inferiore a tre anni possono beneficiare di condizioni più vantaggiose perché “coincidono con la durata della raccolta fatta dalle banche presso la Bce, attraverso i programmi di acquisto Tltro che hanno durata triennale (e tassi negativi)”.

I CHIARIMENTI DI INTESA SANPAOLO

Il gruppo guidato da Carlo Messina è stato anche il primo a fronteggiare una polemica nata via social e a confutare le informazioni circolate. Un ex bancario di Intesa Sanpaolo, Salvatore Cincotta, proprio via social, ha infatti raccontato che la banca avrebbe applicato un tasso d’interesse intorno all’8 ai finanziamenti entro i 25mila euro, quelli peraltro più richiesti. L’istituto ha fatto sapere in una nota che si tratta di “notizie in gran parte errate e sicuramente motivate da una non immediata comprensione di un articolato complesso, conseguente alla gravità dell’emergenza in corso, che richiede particolare attenzione”. Il decreto, prosegue la nota di Ca’ de Sass, “prescrive che il tasso sia calcolato in modo rigoroso e infatti saranno applicati per tali finanziamenti tassi d’interesse ad oggi, già per legge, inferiori al 2% e su cui Intesa Sanpaolo agirà in ulteriore significativa riduzione”.

Inoltre “si fa riferimento al fatto che sarebbe decisione della Banca, e non invece una specifica disposizione del decreto, l’erogazione di rifinanziamenti solo a fronte di un incremento del 10% del debito in essere e che i nuovi finanziamenti garantiti verrebbero utilizzati dalle banche per sostituire il credito in essere non garantito, a tutto beneficio dei propri bilanci: si tratta in entrambi i casi di interpretazioni erronee delle disposizioni di legge e delle intenzioni di Intesa Sanpaolo”.

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