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Intesa Sanpaolo

Intesa Sanpaolo, che cosa ha detto Bazoli di Mediobanca, Rcs e non solo

L'articolo di Luca Gualtieri, giornalista di MF/Milano Finanza

Il capitalismo di relazione in Italia è stato oggetto di dure polemiche. Ma in ambito economico, come in molti altri campi, non è possibile raggiungere risultati senza coltivare rapporti personali. L’essenziale è che questi rapporti vengano costruiti all’insegna della trasparenza. Con questa chiave di lettura negli scorsi giorni Giovanni Bazoli, presidente emerito di Intesa Sanpaolo, ha scelto di raccontare il ruolo avuto dal ministro del Tesoro Beniamino Andreatta e dal governatore di Banca d’Italia Carlo Azeglio Ciampi nella nascita del Nuovo Banco Ambrosiano.

CHE COSA HA DETTO BAZOLI DI INTESA SANPAOLO

Nell’ambito della Giornata della Virtù Civile, Bazoli ha ripercorso la storia ventennale che dal salvataggio dell’istituto di Roberto Calvi ha portato alla nascita di Intesa Sanpaolo. Il racconto del professore è partito da una ricognizione della cause del crack per poi soffermarsi sulle circostanze che nell’estate del 1982 hanno portato alla nascita del Nuovo Banco Ambrosiano. Un passaggio in cui ha giocato un ruolo essenziale il rapporto umano e professionale con Andreatta: «Ero molto amico di Andreatta, ma lo persi di vista per un certo tempo per poi riagganciarlo nei mesi che precedettero il salvataggio. In quel periodo mi manifestò forte preoccupazione sia per la Rizzoli che per il Banco Ambrosiano e da quel momento si consolidò un rapporto molto stretto».

LE PAROLE DI BAZOLI, PRESIDENTE EMERITO DI INTESA

Altra relazione fondamentale è stata quella con Ciampi: «Ho conosciuto Ciampi nel luglio del 1982. Quando fu fatto il mio nome per la presidenza dell’Ambrosiano, chiesi 24 ore per decidere che poi diventarono 48. Tornai in Bankitalia con tutti i miei dubbi, ma Andreatta e Ciampi mi accompagnarono lungo i corridoi di Palazzo Koch per tentare di convincermi. E quando obiettai che non ero idoneo per quel ruolo essendo un avvocato e non un economista, il governatore mi rispose che lui dopo tutto era laureato in lettere». Nel corso del racconto Bazoli si è soffermato sulla contabilità del vecchio Ambrosiano e sui misteri ancora irrisolti: «Le perdite emersero soprattutto nelle consociate estere che spesso compravano azioni della capogruppo per blindarne il controllo. I soldi insomma sono stati persi in operazioni sbagliate e l’andamento del dollaro ha ulteriormente aggravato la situazione. Quanto ai presunti finanziamenti a Solidarnosc, non se n’è avuto alcun riscontro».

RIZZOLI SECONDO BAZOLI

Quanto alla Rizzoli, Bazoli ha ricordato la battaglia di Ciampi per mantenere La Centrale sotto il controllo del Nuovo Banco Ambrosiano, con le partecipazioni nel Credito Varesino, nella Banca Cattolica del Veneto, nella Toro e naturalmente nella casa editrice milanese. Sulla cessione di Rizzoli a Gemina è stato invece rievocato lo scontro al calor bianco con Craxi: «Craxi mi chiamò nei suoi uffici di piazza Scala per conoscere l’identità del gruppo di intervento sulla Rizzoli. Avevamo già preso accordi con Gemina, ma sapevo che Giovanni Agnelli avrebbe fatto saltare l’operazione se fosse trapelata prima dell’annuncio. Così risposi a Craxi che non potevo fare alcun nome. Lui ne fu molto risentito e minacciò di usare l’autorità di presidente del Consiglio per organizzare una soluzione alternativa. Risposi che mancavano solo cinque giorni per evitare il fallimento e che nemmeno il presidente del Consiglio avrebbe potuto trovare un’alternativa».

I DIFFICILI RAPPORTI CON MEDIOBANCA

Capitolo conclusivo del racconto di Bazoli è stato il difficile rapporto con Mediobanca. L’ostilità che fin dall’inizio Enrico Cuccia nutrì verso il Nuovo Banco Ambrosiano («Salvare l’Ambrosiano è come allacciarsi il cappotto partendo dal bottone sbagliato», avrebbe commentato nel 1982 il dominus di via Filodrammatici) trovò conferma in due assalti all’arma bianca: quello del 1989 e quello del 1994. Due battaglie che ieri Bazoli ha arricchito di dettagli inediti: nel 1989 ad esempio la lettera con cui il Crédit Agricole si impegnava a comprare la quota messa in vendita dalla Bpm di Piero Schlesinger aveva un errore di data. Fu così necessario far venire il direttore generale della banca francese da Venezia a Milano con ancora il costume di carnevale addosso. Il ventennale scontro con Cuccia si concluse però con una riappacificazione che ieri Bazoli ha voluto rievocare ancora una volta: dopo l’acquisizione della Comit da parte di Cariplo e la nascita di Banca Intesa, «gli incontri più cari furono quelli degli ultimi anni. Radi, ma ispirati ad autentico rispetto umano».

 

Articolo pubblicato su MF/Milano Finanza

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