Caro direttore,
continuo a pensare che sfogli troppo in fretta i quotidiani, la mattina presto. Prenditi più tempo. Oggi infatti hai soltanto segnalato la mega-intervista del Corriere della Sera a Paolo Barilla, nella veste però di presidente di Unione Italiana Food anziché di vicepresidente del gruppo di famiglia.
Quell’intervista, infatti, merita qualcosa di più di un post dissacrante su X; ci penso io, ché tu sei evidentemente distratto o assonnato o accaldato.
Innanzitutto, ti confesso che non avevo mai sentito nominare questa Unione Italiana Food, che leggo venire abbreviata in Unionfood. Si tratterà – ho pensato – di una nuova associazione del settore alimentare italiano, con le solite menate sulla qualità e l’irripetibilità del cibo nostrano. Così, sono andato sul loro sito e mi sono imbattuto in un lunghissimo elenco di aziende associate, tra cui Ferrero, Balocco, Lavazza, Galbusera, Bauli e l’immancabile Barilla. Ma non solo: la lista è piena anche di società farmaceutiche come Bayer e Menarini, più tante altre di dimensioni più piccole. E che c’azzeccano? Servono a fare massa (di associati) e a fare cassa (di quote)?
Sono ignorante in materia di food, quindi per evitare figuracce ho girato la domanda a un amico esperto del settore, che mi ha risposto così: “Sono tutte imprese farmaceutiche legate agli integratori, ai prodotti chimici per l’industria alimentare, all’agri-farm e alla salutistica in generale. Sono associati multipli. Li trovi anche in Federchimica e altrove. Uniofood è Confindustria”.
Chiaro: ora capisco perché nell’elenco compaiono anche aziende come Herbalife che col cibo italiano c’azzeccano poco o nulla.
Notevole, peraltro, la presenza di Coca-Cola tra le associate. Metto subito le cose in chiaro: da americano d’adozione adoro la Coca-Cola, la bevo sempre e nessuno potrà mai convincermi che faccia male alla salute, checché il tuo ex collega Guido Mattioni dica su Facebook. Mi chiedo però: ha senso la sua presenza in un’associazione dedicata al settore alimentare italiano? Ovviamente il gruppo Coca-Cola ha una sussidiaria nel nostro paese e possiede qui degli stabilimenti, ma non è una bevanda che io inserirei – e penso nessuno lo farebbe – tra “le eccellenze della nostra industria”, come recita la presentazione di Unionfood. Ma del resto alla presidenza dell’associazione c’è Paolo Barilla, che proviene dalla famiglia che da decenni viene associata allo slogan “Dove c’è Barilla c’è casa”: non ho dubbi, allora, che anche Unione Italiana Food sia come una grande casa, accogliente e aperta a tutti.
Comunque, nell’intervista di Barilla al Corriere c’è un passaggio notevole, quando dice che “il governo ci sta sostenendo nel nostro percorso e siamo sicuri che continuerà a farlo”. Come mai tante lodi?
La risposta è in un pezzo di Mario Sassi, esperto di grande distribuzione organizzata, ripreso da Start Magazine una decina di giorni fa. Scrive Sassi:
Da una parte Coldiretti e la “sua” Filiera Italia, dall’altra UnionFood (Confindustria) e Confagricoltura con Mediterranea. In mezzo il Governo di centro destra che pur avendo Coldiretti tra i suoi sponsor più coinvolgenti cerca di avere buoni rapporti anche con le altre due Confederazioni. La posta in gioco (in apparenza) è chi deve assumere, in commedia, la parte dello strenuo difensore del Made in Italy.
“Mediterranea” è il nome dell’associazione (l’ennesima) formata a gennaio da Unione Italiana Food e Confagricoltura, che mette insieme l’industria alimentare e gli agricoltori. Si tratta, per citare ancora Sassi, della “risposta a Filiera Italia, l’alleanza tra la produzione agricola con un centinaio di imprese italiane di trasformazione alimentare e diverse catene della distribuzione organizzata, creata da Coldiretti”.
In sostanza, Unionfood vuole porsi in antitesi rispetto a Coldiretti, la più grande associazione di rappresentanza del settore agricolo italiano che è in strettissimi rapporti con il governo Meloni tramite il ministro Francesco Lollobrigida; non vuole però entrare in contrasto con il governo, che infatti ricopre di lodi.
In sé, l’intervista del Corriere a Barilla non è niente di che, ma quello che gli gira intorno – e che viene tenuto nascosto al lettore, ovviamente – è molto interessante.
Tuo,
Francis Walsingham