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Perché l’economia europea resterà un po’ fiacca

Dalla newsletter dell'ifo un sondaggio sulle nuove stime degli esperti europei sugli effetti dei dazi, che evidenziano il rallentamento atteso per investimenti, crescita e prezzi in tutta l’Ue.

L’ondata di incertezza che attraversa il commercio globale arriva dritta al cuore dell’economia europea. Secondo le nuove rilevazioni del sondaggio internazionale Economic Experts Survey, coordinato dall’Istituto ifo di Monaco e da EconPol Europe, la persistente instabilità nella politica commerciale frenerà investimenti e crescita dell’Unione Europea nei prossimi anni. Le stime elaborate dagli esperti coinvolti indicano una riduzione degli investimenti del 4,7% e un rallentamento del ritmo di espansione economica pari a 0,6 punti percentuali, prospettando un quadro in cui le tensioni sui dazi continuano a incidere sulle scelte delle imprese e sull’andamento dei mercati.

PREVISIONI MACROECONOMICHE IN CALO

Il sondaggio raccoglie trimestralmente le valutazioni di circa 10.000 specialisti provenienti da 135 Paesi. L’ultima edizione, focalizzata sul tema dei dazi e delle loro ricadute, ha registrato il contributo di oltre 600 esperti degli Stati membri dell’Ue. Le aspettative raccolte delineano un impatto negativo esteso a gran parte del continente, con differenze significative tra i paesi.

Per la Germania, il calo previsto degli investimenti raggiunge il 6,1%, mentre i decrementi più marcati vengono attribuiti a Polonia, Irlanda e Finlandia, con stime comprese tra il 6,7% e il 6,8%. La Francia, invece, registra valori inferiori alla media europea, con una contrazione attesa degli investimenti pari al 4%. I dati sulle prospettive di crescita segnalano effetti più pronunciati in Irlanda, Slovenia e Lettonia, dove il rallentamento potrebbe oscillare tra 1 e 1,5 punti percentuali. In Paesi come Croazia, Estonia e Francia l’impatto appare più contenuto.

Il quadro generale messo in evidenza dagli esperti sottolinea come le tensioni commerciali non si siano attenuate neppure dopo l’intesa doganale tra Ue e Stati Uniti siglata il 27 luglio 2025, alimentando un clima di incertezza che continua a essere considerato particolarmente elevato.

IMPATTO DEI DAZI SULL’INFLAZIONE

Un punto di convergenza quasi unanime riguarda gli effetti inflazionistici associati all’introduzione di un dazio del 10% sulle importazioni. In tutti gli Stati membri, gli esperti prevedono un trasferimento dell’aumento dei costi commerciali sui prezzi al consumo, con variazioni più consistenti attese in Romania (2,6 punti percentuali), Lettonia (1,9) ed Estonia (1,6). Nei Paesi dell’Europa centrale gli incrementi stimati risultano più moderati, compresi tra 0,6 e 1,5 punti, con l’Italia collocata a quota 1.

Gli aumenti più contenuti sono previsti in Slovacchia (0,4), Bulgaria e Finlandia (0,3 ciascuna) e Lituania (0,1). Al di fuori del continente europeo, gli Stati Uniti registrano una variazione attesa di 1,2 punti percentuali, superiore alla media Ue fissata allo 0,9.

SCENARI CON DAZI PIÙ ELEVATI

Secondo il sondaggio, un inasprimento delle misure tariffarie produrrebbe effetti ulteriormente negativi sul sistema economico europeo. Partendo dalla soglia del 10%, gli esperti stimano un incremento dell’inflazione di 0,9 punti e un aumento della disoccupazione pari a 0,2 punti, accompagnati da un ulteriore calo della crescita economica di 0,5 punti percentuali e da una contrazione degli investimenti dello 0,9%.

La valutazione complessiva mette in evidenza un messaggio chiaro: un dazio uniforme sulle importazioni “comporterebbe impatti macroeconomici prevalentemente sfavorevoli, con effetti combinati su crescita, commercio, investimenti diretti esteri e occupazione”. Sebbene alcuni Stati possano beneficiare marginalmente in termini di entrate, “la maggior parte delle economie dell’Ue risulterebbe penalizzata, anche a causa della stretta integrazione nelle catene del valore globali”. L’aumento dei costi delle importazioni, infatti, rischierebbe di indebolire la competitività e di creare ulteriori difficoltà alle filiere produttive.

Il sondaggio, condotto nel secondo e terzo trimestre del 2025, segnala in definitiva come l’incertezza commerciale rappresenti un ostacolo significativo agli investimenti e alla crescita di medio periodo. Gli esperti bavaresi si affidano a una speranza, un messaggio insolito nei report economici: in uno scenario caratterizzato da pressioni protezionistiche crescenti, “la stabilizzazione delle relazioni commerciali e il ripristino di regole prevedibili” emergono come “condizioni essenziali” per mitigare i rischi e sostenere un’economia europea già esposta a molteplici fattori di fragilità. “Per garantire una crescita economica sostenibile, non dovrebbero essere imposti vincoli al libero scambio internazionale”, conclude Niklas Potrafke, ricercatore dell’ifo, “i dazi doganali e il protezionismo sono velenosi per l’economia, sia per l’Europa che per tutti gli altri paesi del mondo”.

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