Caro direttore,
ti scrivo perché è arrivata la classifica di Top Manager Reputation di ottobre che, non so te, ma io ormai attendo con la stessa spasmodica e malcelata ansia con cui un tempo si attendeva l’ultimo Postalmarket (qualcuno se lo ricorda ancora?).
Anche perché l’ultima volta ti avevo proposto – sperando che il mio invito non sia caduto nel vuoto – di giocare al fanta-manager: ciascuno di noi sceglie tot imprenditori, fa la propria squadra e alla fine dell’anno fiscale si vede chi ha vinto. Potrebbe spodestare tombola e monopoli dai tavoli imbanditi delle feste: già immagino nonna puntare tutti i fagioli su Piersilvio e litigare con lo zio che a gioco iniziato già urla “ambo!”
Solo che spulciando la classifica proprio in tale ottica, desideroso di capire se i manager del mio vivaio stessero salendo o meno, mi sono accorto che potrebbe non essere così agevole impiantarci su un gioco. Sì, perché, a leggere l’editoriale a commento della graduatoria di fatto vincono tutti: non c’è un manager che scenda (anzi, uno c’è: ma non voglio spoilerare), solo vittorie, conferme e pacche sulle spalle.
Questo tende a uccidere ogni spirito competitivo e qualsiasi sano agonismo. Fortuna però che l’inserto economico del Corriere della Sera pubblica anche la tabella, altrimenti dall’articolo di Andrea Barchiesi mica si capirebbe come stanno le cose. Mi spiego meglio: il pezzo di Barchiesi indugia molto sui manager che avanzano ma tende a omettere di specificare chi sia sceso. L’importante, del resto, è partecipare. Come quando all’oratorio si giocava a pallone.
Ti faccio un esempio: se guardo la tabellina del Corsera mi accorgo che Descalzi ha la freccia rossa che indica la perdita di posizioni. Invece l’articolo di Barchiesi lo presenta così: “Terzo posto per Claudio Descalzi (79.81) che agli Eni Awards sottolinea l’importanza della ricerca nella transizione energetica e nell’innovazione globale, presenta il “Methane Report 2024” e rimarca il ruolo di Eni nella gestione del metano”. Insomma, leggendo quello senza aiuti dati dalla grafica mai avrei capito che il numero 1 dell’Eni ha perso posizioni.
Scende anche Carlo Messina di Intesa Sanpaolo e tu mi dirai “avrei voluto vedere il contrario”, vista la vicenda di Vincenzo Coviello, che ha spiato conti, carte e movimento titoli di politici, ministri, calciatori, cantanti, attori, vip e non solo (lascio per comodità un rimando ai principali dettagli di cronaca nei primi giorni in cui è divampato mediaticamente il caso). Qui vengono spese davvero poche parole, per questo ti riporto il pensiero per intero: “Settimo posto per Carlo Messina (77.76) ottavo Matteo Del Fante (74.82)”. Nessuna motivazione, nessun accenno a quella freccia rossa…
Solo il povero Cucinelli si becca la sottolineatura di una performance ottobrina deludente: “Scende al nono Brunello Cucinelli (74.77), seguito al decimo da Luca de Meo (72.47) che sale di uno”. Evidentemente non è bastato questa volta lo stillicio di interviste rilasciate da Cucinelli a far zampillare l’algoritmo reputazione di Cucinelli.
Tanto di cappello invece alla scalata della classifica del padrone di casa là al Corriere: “Sale al quinto di due posizioni Urbano Cairo (78.03), che a fine settembre ha visto il suo Torino in vetta alla serie A dopo 47 anni”. Qui devo dire sono rimasto un po’ interdetto: ma la classifica non è di ottobre? E allora cosa c’entrano i risultati del Torino registrati a settembre, peraltro a campionato appena iniziato?
Non sono un gran tifoso, direttore, ma questa estate ce li ricordiamo tutti le manifestazioni dei tifosi contro Urbano Cairo. Scriveva Il Fatto lo scorso 25 agosto: “Torino, 10mila tifosi in corteo contro Cairo: “Vattene”. Da cosa nasce la contestazione”. E poi veniva spiegato: “Gli acquisti non sono mancati, ma la colpa è un’altra: ennesima sessione di calciomercato in cui i migliori se ne vanno. L’ultimo in ordine cronologico, Raoul Bellanova che vestirà la maglia dell’Atalanta. E così, a pochi minuti dalla partita di campionato – valida per la seconda giornata di Serie A – proprio contro la Dea, numerosi supporter hanno organizzato una manifestazione contro il presidente. E gli striscioni sono inequivocabili: “Cairo, vattene!”. Fuori dal centro sportivo Filadelfia – punto di ritrovo – gli ultras hanno appeso uno stricione che recita: “Ambizioni di un certo livello? Da 19 anni il solito ritornello. Noi non siamo in vendita“.
Tuttosport è ancora più esplicito se si vuole capire il clima della curva: “Oceano Toro: 20.000 persone contro Cairo”.
Tu mi dirai: poi super-Cairo ha riportato in vetta la squadra e i tifosi ora lo amano. Non proprio. Il Torino è decimo, ha appena perso contro la Fiorentina (ma ormai la classifica reputazionale di ottobre era già stata scritta) e i tifosi… be’, lascio che sia La Stampa di Torino a dire come la pensano: “Vergogna a Torino, croce e bara per Cairo: contestazione shock al Filadelfia”. Che poi aggiunge: “Messaggi inquietanti e vergognosi contro il presidente granata sono comparsi fuori dal centro sportivo granata dopo la sconfitta di Roma: si rafforza la protezione della polizia”.
Che le cose vadano parecchio male in campo non è una novità delle ultime ore. Leggo sul sito “TorinoGranata“: “Il nuovo Torino sembra il vecchio: 5 ko nelle ultime 6 partite. I tifosi sempre più contro Cairo”. Certo, se la classifica di Top Manager Reputation che esce a novembre su ottobre prende i risultati calcistici di settembre è normale che tutto ciò resti fuori. Ma allora non sarebbe meglio glissare sulle motivazioni?
Infine, anche Scocchia di Illiycaffè scende, ma viene comunque presentata così: “Al dodicesimo Luigi Ferraris (72.06), al tredicesimo sale di uno Marina Berlusconi (71.94), poi Cristina Scocchia (68.60)”.
Insomma, tanto di cappello ad Andrea Barchiesi, che non contento di aver trovato l’algoritmo che calcola la reputazione dei manager e di aver fondato, leggo su PrimaComunicazione “la Teoria della Reputazione” ha pure scritto un libro sull’Ingegneria Reputazionale. Non so bene cosa sia ma se ne dovessero fare mai un corso di laurea, magari a una università telematica, correrei a iscrivermici.
A proposito di studi e insegnamenti: già che è alle prese coi libri di testo, a Barchiesi suggerisco allora di scrivere un manuale di giornalismo, perché è evidente che il talento non gli manca. Usa astuzie che ho visto solo in pochi, eccelsi, uffici stampa. I suoi editoriali che illustrano le classifiche sono come barometri perennemente puntati sul bel tempo: complimenti a chi sale e complimenti pure a chi scende dato che nell’arco del mese ha comunque fatto qualcosa di meritorio per essere dove si trova. E se non l’ha fatto si ripescano risultati calcistici di inizio Serie A.
I giornalisti tradizionali di solito sono come avvoltoi puntualmente in attesa della caduta, dell’inciampo, del potente per riderne e deriderne con articoli maramaldeschi. Scrivono solo le brutte notizie relegando a trafiletti invisibili quelle belle: le nuove leve dovrebbero apprendere da Barchiesi e lasciarsi conquistare da un po’ di sano ottimismo. Non c’è chi vince, né chi perde. Non c’è neppure chi scende. Solo chi sale. Una lezione simile, impartita da chi si è inventato una classifica reputazionale, è semplicemente un colpo di genio. Ne converrai, direttore.
Un allibito (ma anche pure un po’ estasiato)
Claudio Trezzano