Skip to content

economia portogallo

Il Portogallo è l’economia dell’anno secondo The Economist

Nel 2025 il Portogallo è stato incoronato “Economia dell’anno” da The Economist per la sua combinazione di crescita solida, inflazione contenuta e un mercato azionario in forte rialzo

 

Nonostante le tensioni commerciali scatenate dalla nuova amministrazione Trump e le iniziali paure di una recessione globale, il 2025 si è rivelato un anno di crescita stabile e resilienza economica.

Il PIL mondiale cresce circa del 3%, la disoccupazione resta bassa quasi ovunque e i mercati azionari chiudono in positivo. L’unica vera nota stonata è l’inflazione, ancora sopra il target del 2% nei paesi OCSE.

In questo contesto eterogeneo, The Economist ha stilato per il quinto anno consecutivo la classifica delle migliori economie, valutando 36 paesi ricchi su cinque indicatori.

Ne emerge un quadro in cui l’Europa meridionale continua a brillare, con il Portogallo incoronato “Economia dell’anno” grazie a una combinazione ideale di crescita solida, prezzi sotto controllo e borsa in forte rialzo.

Come nasce la classifica “Economia dell’anno”

La valutazione dell’Economist, che analizza 36 paesi prevalentemente ricchi. si basa su cinque indicatori chiave: inflazione core (esclusi cibo ed energia, per la loro volatilità), ampiezza dell’inflazione (quota di beni nel paniere dei consumi con aumenti superiori al 2%), crescita del PIL, andamento del mercato del lavoro e performance dei mercati azionari.

Ogni paese riceve un punteggio per ciascun indicatore e un punteggio complessivo che determina la classifica finale.

Un 2025 migliore del previsto

Nonostante le grandi preoccupazioni di aprile, quando il presidente Donald Trump ha avviato la sua nuova guerra commerciale, il 2025 si è rivelato molto meno drammatico del temuto.

La crescita del PIL globale si attesta intorno al 3%, praticamente uguale all’anno precedente. La disoccupazione resta bassa quasi ovunque, i mercati azionari hanno chiuso l’anno con guadagni solidi e rispettabili.

L’unica nota davvero preoccupante è l’inflazione, che nei paesi OCSE continua a superare l’obiettivo del 2% fissato dalle banche centrali.

Le migliori performance del 2025

L’Europa meridionale continua a mostrare segnali incoraggianti. Dopo la vittoria della Spagna nel 2024, quest’anno il primo posto va al Portogallo, grazie a una combinazione perfetta di crescita economica solida, inflazione contenuta e un mercato azionario in forte rialzo. Il boom del turismo e l’arrivo di tanti stranieri benestanti, attratti dalle tasse basse, hanno dato una spinta decisiva.

Altri paesi dell’eurozona che negli anni 2010 avevano sofferto molto, come Grecia (vincitrice nel 2022 e 2023) e Spagna, si collocano anch’essi nelle prime posizioni.

Israele prosegue la sua impressionante ripresa dopo le difficoltà del 2023, mentre l’Irlanda sfiora il podio con una crescita del PIL del 12% nel terzo trimestre, anche se corretta per evitare distorsioni legate alle multinazionali.

La Colombia si distingue per una crescita robusta e un mercato azionario in ottima forma. Anche la Repubblica Ceca entra nella parte alta della classifica grazie a buoni risultati sia sul fronte del PIL che dell’occupazione.

 

Fig. le prime dieci economie nella classifica Economist

 

Chi è rimasto indietro

I fanalini di coda secondo la testata britannic sono soprattutto del Nord Europa: Estonia, Finlandia e Slovacchia occupano le ultime posizioni.

La Germania migliora rispetto agli anni passati, ma il suo quadro resta mediocre, penalizzata da un mercato del lavoro debole. Il Regno Unito ha vissuto un anno “così così”. La Francia, pur tra caos politico, se la cava discretamente.

Negli Stati Uniti il piazzamento è solo medio: il mercato del lavoro è solido ma non eccezionale, mentre l’inflazione ancora alta fa scendere il punteggio complessivo.

L’inflazione core

Il primo indicatore è l’inflazione core: la classifica dell’Economist premia chi si avvicina di più al 2%.

La Turchia è lontanissima, con tassi altissimi a causa delle politiche economiche del presidente Erdogan. L’Estonia segue a ruota, con un’inflazione core vicina al 7% nel terzo trimestre. Il Regno Unito ha ridotto l’inflazione rispetto all’anno scorso, ma resta al 4%, ancora troppo alta per la Bank of England.

In alcuni paesi il problema è opposto: l’inflazione è quasi inesistente, come in Svezia, Finlandia e Svizzera, con il rischio di deflazione che scoraggia i consumi e aumenta il peso reale dei debiti.

Il Giappone, rispetto al passato, ha un’inflazione più alta, ma resta ben lontana dai livelli di surriscaldamento di altri paesi.

Quanto è diffusa l’inflazione?

L’“ampiezza dell’inflazione” misura la percentuale di beni nel paniere dei consumi che aumentano di prezzo più del 2% all’anno.

Negli Stati Uniti e in Australia questa quota è molto alta, oltre l’85% in Australia, probabilmente per via di politiche fiscali molto espansive.

Anche qui Turchia ed Estonia mostrano un’inflazione molto diffusa, mentre Svezia e Finlandia hanno pressioni molto limitate.

I mercati azionari

Gli Stati Uniti registrano guadagni rispettabili, ma non eccezionali, perché gran parte del rialzo era già nei prezzi degli anni passati.

La Francia resta stabile, mentre la Danimarca è l’ultima, con Novo Nordisk in calo del 60% dopo aver perso la leadership nei farmaci.

I migliori rendimenti si trovano altrove: Israele guida con un +70% per Bank Leumi, seguito da Portogallo con un +20%, Repubblica Ceca e Corea del Sud. La Colombia ha visto un mercato azionario in piena fioritura.

Un quadro diviso

Il 2025 mostra un mondo economico molto eterogeneo: secondo il settimanale l’Europa meridionale si conferma in ripresa, mentre il Nord fatica ancora con le conseguenze di shock passati.

L’inflazione resta la sfida principale, ma la crescita e l’occupazione tengono in molti paesi. Curiosità storica: le economie che hanno vinto la classifica Economist negli anni precedenti hanno visto in media un ulteriore +20% in borsa l’anno successivo.

Torna su