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Il peso dell’economia russa su Putin

A causa del “keynesismo militare”, l’economia russa non si sviluppa né cresce, ma si gonfia a causa dell’inflazione. E Mosca è schiacciata verso la dipendenza dalla Cina. L'analisi di Ugo Poletti

Quanto il crollo del rublo e l’inflazione alta pesano sulle decisioni del Cremlino? Questa è la domanda che molti analisti si chiedono nell’attesa di un negoziato di pace nel 2025.

Il crollo del rublo, che continua da diversi giorni ha stabilito nuovi record negativi. Una valuta nazionale debole aumenta il costo dei beni importati e dei componenti per la produzione, con ripercussione immediata sui prezzi al dettaglio. Inoltre la Russia non è un paese esportatore di prodotti finiti. La svalutazione fa perdere potere d’acquisto, quindi rende più cari i prodotti importati, ma allo stesso tempo rende più convenienti i beni destinati all’esportazione. Ecco perché l’inflazione ai tempi della lira portava benefici alle aziende esportatrici, ma penalizzava gli italiani che acquistavano all’estero. Per la Russia non ci sono vantaggi dalla svalutazione.

AUMENTO DEI PREZZI AL DETTAGLIO

Questo brusco calo del rublo ai minimi dall’inizio della guerra della Russia contro l’Ucraina sta già influenzando i prezzi. Secondo il giornale economico russo Kommersant, i principali produttori di elettrodomestici, sia stranieri che russi, hanno informato le catene di distribuzione di un aumento dei prezzi dei loro prodotti. Dal 2 dicembre, marchi come Beko, Grundig, Kuppersberg, Indesit e Vard aumenteranno i prezzi del 10%. Il gruppo francese SEB-Vostok (proprietario di Tefal, Rowenta e Krups) ha annunciato un incremento dei prezzi a partire dal 1° gennaio 2025.

Gli analisti riportano che a gennaio 2025 l’aumento dei prezzi dell’elettronica di consumo potrebbe superare il 20%, a causa sia del tasso di cambio del rublo sia dell’elevato tasso d’interesse fissato dalla Banca Centrale (21%). L’inflazione ha già cominciato a colpire anche altre categorie di beni, come alimentari, abbigliamento e servizi. Questo rappresenta una grave minaccia per il tenore di vita della popolazione.

LE CAUSE DEL CALO DEL RUBLO

Gli esperti attribuiscono questa situazione a diversi fattori:

l’aumento delle spese di bilancio per la guerra e le forze di sicurezza;
l’accesso limitato ai mercati internazionali di capitale, a causa delle sanzioni;
la riduzione delle riserve valutarie e la fuga degli investitori, sempre a causa delle sanzioni.
Il crollo del rublo alimenta la spirale inflazionistica, che la Banca Centrale cerca di contenere con tassi d’interesse elevati. Tuttavia, tali misure deprimono l’attività economica e il consumo, perché rendono costosissimi i servizi bancari.

La politica economica del Cremlino, concentrata sulle spese militari, aggrava la crisi. Per molte famiglie russe, questo periodo sarà paragonabile alla grave crisi economica degli anni successivi al crollo dell’Unione Sovietica.

QUANTO IL CREMLINO PUÒ IGNORARE LA SITUAZIONE ECONOMICA?

Negli ultimi tempi, i media occidentali hanno pubblicato spesso articoli sulla presunta resilienza dell’economia russa. Eppure la realtà sembra diversa e proprio lo stato dell’economia potrebbe costringere Putin a fare concessioni.

Per condurre la guerra contro l’Ucraina e affrontare l’Occidente, il Cremlino ha adottato un modello economico basato sul “keynesismo militare”. Secondo questo approccio, le ingenti spese militari dovrebbero garantire la stabilità economica del paese in circostanze belliche.

Si tratta della teoria di John Maynard Keynes sul ruolo dello Stato nell’economia. Keynes elaborò un modello di sviluppo economico in cui le spese pubbliche rappresentano un fattore essenziale di crescita. Il “keynesismo militare” è un’interpretazione specifica di questa visione.

Durante una guerra, si genera una forte domanda per beni e servizi destinati all’esercito, che lo Stato fornisce direttamente, poiché la sua stessa esistenza è minacciata. Di conseguenza, lo Stato sostiene elevate spese militari, commissionando beni e servizi a produttori interni e stimolando così la crescita economica.

LA VERSIONE DI MOSCA DEL “KEYNESISMO MILITARE”

Però, non si tratta di una ecenomia in salute e il beneficio è apparente. Le economie interagiscono con il settore estero, importando ed esportando beni e servizi. Questi legami commerciali esterni influenzano significativamente l’efficacia degli approcci keynesiani. Se il ciclo produttivo dipende dalle importazioni, l’effetto degli ordini pubblici sulla crescita economica si indebolisce. L’importazione implica infatti il pagamento di un valore già generato in un altro paese.

Il “keynesismo militare” ha funzionato bene per gli Stati Uniti durante la Seconda Guerra Mondiale grazie alla loro minima dipendenza dalle importazioni e all’enorme autosufficienza della loro economia, in grado di produrre quasi tutto il necessario.

La situazione della Russia, però, è completamente diversa. La sua dipendenza dal commercio estero, sia per le importazioni che per le esportazioni, è enorme. La quota delle importazioni di beni e servizi sul PIL russo è circa il 19%. Una quota delle importazioni russe comprende beni di consumo indispensabili che il paese non produce autonomamente, come elettronica, automobili, elettrodomestici e componenti critici per vari settori produttivi.

La dirigenza russa cerca ovviare all’effetto dell’aumento della spesa pubblica per la guerra attraverso un programma di sostituzione delle importazioni. Tuttavia, ci sono grandi dubbi sul successo di questa politica, che Mosca non è mai riuscita a realizzare in passato, salvo nei periodi di grandi investimenti occidentali in Russia.

Nel periodo 2021-2023, è aumentata la quota delle importazioni in settori come elettronica, farmaceutica, veicoli commerciali e auto private. In quasi tutti i settori dell’ingegneria meccanica, la percentuale di beni importati supera di gran lunga quella dei prodotti di origine russa. Quando cresce la produzione interna, spesso ciò significa che i beni importati sono sostituiti da prodotti russi di qualità inferiore, a causa dell’impossibilità di importare beni e tecnologie occidentali migliori.

COME LE SPESE PER LA GUERRA DROGANO L’ECONOMIA

Le spese russe per la guerra sono aumentate da 68 miliardi di dollari nel 2021 a 123 miliardi di dollari nel 2023. Queste rappresentano circa il 41% del bilancio federale e l’8% del PIL. Una percentuale significativa della popolaziome ha trovato impiego in settori legati alla guerra, cioè le industrie della difesa e l’esercito. Questi ricevono stipendi che superano notevolmente quelli di chi lavora nel privato.

Attualmente, il costo medio annuo per mantenere un militare russo supera i 5 milioni di rubli, considerando i pagamenti iniziali al momento della firma del contratto e gli stipendi. Questo importo è cinque volte superiore al salario medio dei lavoratori dipendenti nel paese. Tuttavia, è importante sottolineare che questa vasta forza lavoro è impiegata in attività improduttive. Analogamente, tutto il consumo bellico di risorse è improduttivo: i lavoratori delle industrie della difesa producono un carro armato destinato a essere distrutto. I soldati sono impegnati in combattimento e, spesso, muoiono.

Ma questa parte della popolazione poi vuole spendere lo stipendio acquistando prodotti del settore privato. Tuttavia, le aziende private sono sacrificati a favore di risorse destinate alle esigenze militari, che assorbono la maggior parte delle risorse umane e finanziarie.

Questo ha portato a un pericoloso squilibrio in Russia: la massa monetaria a disposizione della popolazione (soprattutto di quella impegnata nella guerra) supera l’offerta di beni. Il risultato diretto è l’inflazione, che è stata accuratamente occultata nelle statistiche ufficiali da almeno tre anni.

I TASSI DI INFLAZIONE PER CONTENERE LA CRISI

Recentemente, la Banca Centrale Russa ha aumentato il tasso d’interesse dal 19% al 21%. Questo indica un tentativo di contenere un’inflazione che potrebbe essere almeno del 17-18%, anziché dell’8,6% riportato dalle statistiche ufficiali.

Alla luce di questi livelli di inflazione, è necessario esaminare criticamente anche i dati ufficiali sul PIL russo. Infatti, calcolando il PIL ai prezzi del 2021 e applicando un deflatore basato sull’inflazione reale, i risultati mostrerebbero un valore negativo. In realtà, l’economia russa è gonfiata dall’inflazione, poiché l’espansione della massa monetaria supera di gran lunga la creazione di valore aggiunto nel paese.

IL CIRCOLO VIZIOSO DELL’ECONOMIA DI GUERRA

Si genera un circolo vizioso: l’eccesso di denaro (o “overhang monetario”) alimenta l’inflazione. Per contenerla, la Banca Centrale Russa aumenta il tasso d’interesse, che serve a diminuire la quantità di liquidità nel sistema. Tuttavia, questo non incide sulle spese militari dello stato, che continuano a inondare l’economia di liquidità. L’inflazione, quindi, continua a crescere, costringendo a nuovi rialzi del tasso d’interesse.

A un certo punto, i tassi raggiungono livelli tali da rendere necessario per le aziende destinare gran parte dei profitti al servizio del debito. Ciò frena la produzione, riducendo ulteriormente l’offerta di beni di consumo. Al contempo, i produttori devono aumentare i prezzi per compensare l’alto costo dei crediti. Di conseguenza, i prezzi continuano a salire. Le potenziali conseguenze sono drammatiche: o iperinflazione o stagflazione (stagnazione economica combinata con inflazione).

Nonostante la propaganda russa e alcune analisi occidentali che celebrano una presunta resilienza dell’economia russa, quest’ultima è in un vicolo cieco. Il tempo gioca contro di essa. L’unica via d’uscita sarebbe una drastica riduzione delle spese militari improduttive, che però oggi tengono l’economia russa in ostaggio.

PROSPETTIVE PER L’UCRAINA

A causa del “keynesismo militare”, l’economia russa non si sviluppa né cresce, ma si gonfia a causa dell’inflazione. Inoltre, è pressata da circostanze esterne sfavorevoli: a ovest, dall’isolamento dai Paesi democratici più sviluppati; a est, dalla Cina, che non intende costruire impianti produttivi in Russia, preferendo esportarvi beni finiti con alto valore aggiunto. Mosca è schiacciata verso la dipendenza dalla Cina, dato che non esiste un’economia alternativa così grande al mondo.

A causa di questa situazione economica, il tempo sembra giocare contro il Cremlino. Putin è certamente sotto pressione, anche perché fu eletto molti anni fa per salvare la Russia da una simile crisi economica. Questo significa che se l’Ucraina riesce a mantenere la posizione al fronte e il mondo occidentale sviluppato continua a sostenerla in modo credibile, avrà la possibilità di affrontare un futuro negoziato di pace con una Russia molto più debole di quanto ci hanno fatto credere.

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