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Lavoro

Il blocco dei licenziamenti non serve, bisogna puntare su politiche attive del lavoro

L'intervento di Giovanni Assi, consigliere nazionale di Unimpresa

 

Un vero e proprio déjà-vu, questo è quello che guardando la situazione del mercato del lavoro sembra di (ri)vivere! Era il 07 marzo 2021 quando si denunciava l’ultimo ennesimo gravissimo ritardo nel pagamento dell’ammortizzatore sociale ed a distanza di due mesi ci sono nuovamente 750 mila lavoratori artigiani in attesa della loro cassa integrazione (che per loro si chiama FSBA) da più di quattro mesi, la loro ultima indennità risale alla mensilità di dicembre 2020: sì oltre 120 giorni di ritardo per l’incasso del loro stipendio e nonostante l’ennesima firma apposta dal Ministro Orlando il 29 aprile 2021 dei soldini al momento neanche l’ombra!

Sembra ieri ed invece era il mese di agosto 2020 quando Unimpresa lanciava il primo allarme sulla probabile emorragia di posti di lavoro stimando in oltre 1 milione di posti di lavoro se non si fossero adottare strategie a medio lungo termine, eppure oggi nonostante ll numero di occupati sia già sceso di 945 mila unità nel confronto tra febbraio 2021 e 2020 (ed il divieto non è ancora terminato) ed il blocco sia ormai prossimo all’ennesima scadenza, l’unica soluzione di cui si parla è esclusivamente quella di posticipare ancora una volta e basta il blocco, cosa che non servirebbe a nulla se non accompagnata da politiche strutturali che prevedano politiche attive del lavoro, questo vorrebbe  dire continuare a nascondere la polvere sotto il tappeto, procrastinando probabilmente di qualche mese la perdita di altri 610 mila posti.

Si potrebbe continuare all’infinito nell’evidenziare situazioni “non curate” e che ciclicamente si sono ripresentate in questi lunghi quattordici mesi, la verità è che serve riformare non rattoppare. Ma per riformare serve una politica che non sia più miope ed incapace fin qui di guardare poco al di là del suo naso, programmando la vita delle nostre aziende e dei loro lavoratori con politiche a medio/lungo termine. Serve una politica che non sia più sorda ed incapace di ascoltare davvero le urla di allarme che gli operatori economici più volte lanciano. Serve soprattutto una politica competente perché sbagliare si può,  ma perseverare negli errori è un chiaro segnale di impreparazione e l’impreparazione sulla pelle sugli imprenditori e sulle famiglie dei lavoratori sta creando dei danni irreparabili.

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