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Lavoro Minorile Profumi

I profumi di L’Oréal (Lancôme) ed Estée Lauder (Aerin) puzzano di lavoro minorile

Bambini costretti a svegliarsi nel cuore della notte per andare con le famiglie a raccogliere i fiori di gelsomino che verranno poi utilizzati da L'Oréal ed Estée Lauder. Il tutto per circa 1,5 dollari, a fronte di profumi venduti fino a 270 euro. È quanto scoperto da un'inchiesta della Bbc. Tutti i dettagli

 

Heba, una donna che vive in un villaggio del distretto di Gharbia, nel cuore della regione egiziana del gelsomino, ogni notte sveglia alle 3 del mattino i suoi quattro figli, che hanno tra i 5 e i 15 anni, per andare a raccogliere i fiori prima che si alzi il sole e li rovini.

Quel gelsomino, di cui l’Egitto è il maggior produttore al mondo, secondo un’inchiesta della Bbc, finisce poi nei profumi di marchi di lusso come L’Oréal, proprietario di Lancôme, ed Estée Lauder attraverso Aerin Beauty. Nonostante entrambe le aziende dichiarino di impegnarsi contro lo sfruttamento del lavoro minorile, le loro catene di approvvigionamento risultano coinvolte.

SALARI DA FAME PER PROFUMI COSTOSI

I genitori come Heba, scrive la Bbc, sono costretti a chiedere aiuto ai loro figli in quanto, come raccontato dai lavoratori egiziani, le poche aziende che possiedono molti marchi di lusso stanno riducendo i budget, il che porta a salari molto bassi. Basti pensare che profumi contenenti il gelsomino proveniente dall’Egitto come Lancôme Idôle L’Intense, Ikat Jasmine e Limone di Sicilia di Aerin Beauty costano dai 100 ai quasi 300 euro, ma le persone che lo raccolgono ricevono più o meno 1,5 euro a notte.

E nonostante i prezzi al consumo dei profumi sono aumentati dal 2020 e Fortune Business Insights prevede che il settore globale varrà quasi 70 miliardi di dollari entro il 2030, gli stipendi corrispondono a una miseria.

CATENE DI APPROVVIGIONAMENTO POCO TRASPARENTI

“Sulla carta, [l’industria] promette tante cose buone, come la trasparenza della catena di approvvigionamento e la lotta contro il lavoro minorile. Guardando questi filmati, in realtà non stanno facendo le cose che avevano promesso di fare”, ha dichiarato Tomoya Obokata, relatore speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di schiavitù.

Heba, come molti altri, è una cosiddetta “raccoglitrice indipendente” e lavora in una piccola azienda agricola. Nonostante, infatti, più si raccoglie più si guadagna, un terzo dell’importo va al proprietario del terreno e con l’inflazione che in Egitto è ai massimi storici – lo scorso febbraio era salita al 35,7% – la retribuzione si è ulteriormente ridotta rispetto al passato. Inoltre, dal gennaio 2022 il valore della sterline egiziane (EGP) si è ridotto del 50% rispetto al dollaro statunitense.

LE SOCIETÀ DI REVISIONE (PAGATE PER NON VEDERE)

Ma quanto avviene nelle aziende egiziane non sembra essere l’origine del problema. Un dirigente della casa di profumi Givaudan, intervistato dalla Bbc, ha infatti detto che le grandi aziende del settore non controllano adeguatamente le catene di approvvigionamento (che, stando all’inchiesta, potrebbero essere le peggiori per l’abuso di lavoro minorile) perché per quello si affidano a società di revisione terze.

Le società di revisione contabile più spesso citate dai conglomerati e dalle aziende di profumi, riferisce Bbc, sono Sedex e Union for Ethical Biotrade (Uebt), ma i loro rapporti di audit non sono disponibili pubblicamente. Tuttavia, la testata britannica è riuscita a ottenere quelli di A Fakhry and Co, una delle tre principali fabbriche egiziane (insieme a Hashem Brothers e Machalico) che estraggono l’olio dai fiori. Nel rapporto di Uebt, basato su una visita alla fabbrica, viene indicato un non meglio specificato “problema di diritti umani” ma successivamente ha comunque ricevuto il via libera per affermare che offre “olio di gelsomino di provenienza responsabile”.

Quello di Sedex aveva invece dato alla fabbrica “un’ottima valutazione, ma dalla sua stesura emerge chiaramente che la visita era stata preannunciata e che era stato controllato solo il sito della fabbrica stessa, e non le piccole aziende agricole da cui si riforniva di gelsomino”.

Il problema è che “i revisori controllano solo ciò che sono pagati per controllare”, e questo potrebbe non includere il prezzo pagato alla forza lavoro, “una delle principali cause primarie” del lavoro minorile, ha detto l’avvocato Sarah Dadush, fondatrice del Responsible Contracting Project.

IL PREZZO DEL GELSOMINO…

Una volta raccolto e pesato, il gelsomino viene trasferito in una delle numerose fabbriche locali che estraggono l’olio dai fiori. Ogni anno, spiega la Bbc, sono le fabbriche a stabilire il prezzo del gelsomino, che viene poi esportato. Solo Shubra Beloula El-Sakhaweya, un piccolo villaggio a quasi 100 km a nord del Cairo, è responsabile della produzione del 75% del gelsomino egiziano.

Questo commercio, si legge su Vogue Business, vale 6,5 milioni di dollari per il Paese e dà lavoro a circa 30.000 persone, tra le quali è difficile sapere quante di esse siano bambini. Ma secondo la Bbc, nonostante in Egitto sia illegale lavorare tra le 19 e le 7 per i minori di 15 anni, “un numero significativo” di raccoglitori che lavorano nelle piccole aziende agricole sono sicuramente più piccoli.

Sul mercato dei prodotti di base il gelsomino viene venduto a sole 45 sterline egiziane (EGP), circa 0,90 euro, al chilogrammo. Tuttavia, stando a chi lo raccoglie, se il suo prezzo fosse in linea con l’inflazione varrebbe 140 EGP (2,70 euro) al chilo. Per Vogue Business il prezzo è fissato dalle aziende di profumi e i produttori si contendono i contratti per produrlo.

Ma secondo Christophe Laudamiel, profumiere indipendente, e molti altri addetti ai lavori, sebbene siano le grandi aziende come L’Oréal ed Estée Lauder a detenere tutto il potere, queste non si occupano di regolare né i salari dei raccoglitori né il prezzo effettivo del gelsomino: “L’interesse dei maestri è quello di avere l’olio più economico possibile da mettere nel flacone di profumo”, per poi venderlo al prezzo più alto possibile.

…E QUELLO UMANO

Tutto ciò alla fine ha un costo altissimo in termini di diritti umani. Nella maggior parte dei casi infatti i bambini che lavorano alla raccolta del gelsomino spesso lo fanno senza indossare scarpe chiuse, torce o indumenti protettivi. Di conseguenza, vanno incontro a graffi, lesioni, oltre che sviluppare allergie alla pelle e agli occhi a causa della sovraesposizione a pollini e pesticidi. Circa l’80% del gelsomino lavorato da A Fakhry & Co, afferma Vogue Business, viene coltivato utilizzando fertilizzanti e pesticidi, alcuni dei quali, secondo il rapporto CSR 2022 di Fakhry, sono “pericolosi e illegali”.

A Basmalla, la figlia di 10 anni di Heba, per esempio, è stata diagnosticata una grave allergia agli occhi e il medico le ha detto che la sua vista sarà compromessa se continuerà a raccogliere il gelsomino senza curare l’infiammazione.

Inoltre, esistono molti studi indipendenti che dimostrano che l’esposizione ai pesticidi, specialmente nei bambini, è collegata ad alcune forme di cancro, all’asma e a danni agli organi, oltre che a conseguenze negative sullo sviluppo neurologico. Eppure, secondo l’Unicef, nel 2021 il numero di bambini coinvolti nel lavoro minorile era cresciuto di 8,4 milioni negli ultimi quattro anni, arrivando a 160 milioni in tutto il mondo.

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