A seguito dell’inasprimento dei dazi da parte degli Stati Uniti, le esportazioni cinesi di abbigliamento e tessuti si stanno rapidamente spostando verso l’Europa. Secondo l’associazione europea Euratex, i produttori cinesi stanno cercando mercati alternativi, facendo così aumentare del 20% le importazioni europee di prodotti tessili e di abbigliamento provenienti dalla Cina nei primi sei mesi del 2025, rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
LA STRATEGIA AGGRESSIVA DELLA CINA
Una parte significativa di questo aumento – afferma il Financial Times – è legata a un’impennata di circa 2 miliardi di euro nell’importazione di capi a basso costo e la concorrenza sui prezzi è diventata particolarmente evidente. Come spiega Mario Jorge Machado, presidente di Euratex:
“Parliamo di questa guerra dei dazi e vediamo che la Cina esporta meno negli Stati Uniti. Vediamo che una quantità significativa viene esportata in Europa, ma ciò è anche collegato a una diminuzione dei prezzi degli articoli che importiamo”.
A suo dire, le imprese cinesi si stanno muovendo in modo “estremamente aggressivo” per accaparrarsi quote di mercato in Europa, compensando così le perdite subite oltreoceano.
TUTTI I TENTENNAMENTI DELL’UE
Tutto questo accade mentre da mesi l’Unione europea discute su come affrontare l’afflusso massiccio di pacchi da piattaforme online come Temu e Shein. La Commissione europea ha avanzato la proposta di abolire l’attuale soglia di esenzione dai dazi doganali per spedizioni inferiori a 150 euro e di introdurre un’imposta fissa di 2 euro per pacco sotto quella soglia. Tuttavia, la misura necessita ancora dell’approvazione degli Stati membri.
Nel frattempo, gli Stati Uniti hanno già adottato una linea molto più rigida, cancellando il proprio sistema “de minimis” e imponendo un costo minimo di 80 dollari per pacco. “Stiamo confrontando, per lo stesso pacco, 2 euro contro 80 dollari”, ha detto Machado, commentando duramente il divario tra le due politiche e definendo “ridicolo” il tentativo dell’Ue.
Il presidente di Euratex ha anche denunciato l’assenza di una vera politica industriale da parte dei leader europei: “I politici europei non difendono l’industria europea da molti anni… stiamo assistendo alla sua distruzione”, ha dichiarato, sottolineando il contrasto con la strategia protezionistica adottata da Cina e Usa.
CALO DELLE ESPORTAZIONI EUROPEE VERSO LA CINA
Allo stesso tempo, secondo il Ft, l’industria europea registra un calo del 19% delle esportazioni verso la Cina. Il fenomeno è attribuito a una combinazione tra la svalutazione dello yuan rispetto all’euro e la pressione sui prezzi esercitata dalla concorrenza asiatica. I produttori europei, messi in difficoltà, stanno cercando nuove strategie per resistere alla concorrenza estera, per esempio, puntando sull’importanza dell’acquisto locale nella comunicazione con i consumatori.
Bisogna infatti ricordare che il comparto tessile europeo rappresenta una fetta importante dell’economia dell’Ue, con un fatturato annuo pari a 170 miliardi di euro e circa 1,3 milioni di occupati.
TRA DUMPING ED EFFETTO DOMINO SU COSTI E COMPETITIVITÀ DELLE IMPRESE UE
Le autorità europee osservano con attenzione la possibilità che i produttori cinesi stiano ricorrendo a pratiche di dumping, ossia vendite a prezzi artificialmente bassi, il che potrebbe abbassare ulteriormente l’inflazione.
Inoltre, le tensioni commerciali innescate dai dazi americani hanno provocato profondi cambiamenti nelle catene di fornitura internazionali. I produttori cinesi, esclusi in parte dal mercato statunitense, cercano ora sbocchi in Europa. Con dazi aggiuntivi che arrivano oggi fino al 30% negli Stati Uniti, le imprese europee si trovano a dover fronteggiare una concorrenza ancora più aggressiva, aggravata da costi energetici e burocratici superiori rispetto ad altri mercati.
UN SETTORE STRATEGICO A RISCHIO
Anche esportare negli Stati Uniti non è semplice per le aziende europee. Prima dell’accordo commerciale firmato a luglio, molti prodotti tessili erano soggetti a tariffe inferiori al 15%. L’intesa ha poi uniformato i dazi al 15% per la maggior parte dei prodotti ma, secondo Euratex, resta il fatto che solo l’11% dei beni tessili era precedentemente colpito da tariffe superiori a questa soglia.