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aumento prezzi ikea

I dazi rendono i mobili di Ikea meno democratici

"Siamo fatti per cambiare", recita lo slogan di Ikea, che effettivamente - causa dazi, inflazione e costi della logistica - sta rivedendo al rialzo i propri prezzi negli Stati Uniti. Fatti, numeri e commenti

 

In risposta all’entrata in vigore dei nuovi dazi statunitensi su mobili e legname, Ikea sta attuando un aumento dei prezzi su diversi articoli. Il colosso svedese dei mobili low-cost, noto per il suo impegno verso il “design democratico”, ha dovuto infatti sospendere la sua campagna globale di ribassi, ammettendo di non poter più assorbire l’intera pressione dei costi.

A pesare sulle scelte aziendali anche il calo del fatturato globale, l’inflazione persistente e i costi della logistica. Secondo analisti ed economisti, saranno i consumatori finali a sostenere gran parte del peso dei dazi voluti dal presidente Donald Trump.

IL DESIGN “DEMOCRATICO” DI IKEA MESSO ALLA PROVA DAI DAZI

Ikea, simbolo di accessibilità nel design d’arredo, si trova oggi costretta a ridefinire cosa significhi “prezzo basso” in un contesto globale segnato da tensioni geopolitiche e misure protezionistiche. Come riportato da Quartz, il celebre rivenditore svedese ha aumentato i prezzi di diversi prodotti negli Stati Uniti: il divano Uppland, per esempio, è passato da 849 a 899 dollari, mentre un set da camera da letto in rovere è salito da 959 a 1.049 dollari.

Secondo Ikea, questi aggiustamenti sono dovuti all’incremento dei costi delle materie prime, del trasporto e della manodopera, ma soprattutto ai dazi imposti dall’amministrazione Trump, che colpiscono mobili imbottiti, cucine, legno e legname, con aliquote che vanno dal 10% al 50%.

SOLO IL 15% DELLA PRODUZIONE AVVIENE NEGLI STATI UNITI

La struttura della catena di fornitura rende Ikea particolarmente vulnerabile ai dazi. Solo il 15% dell’assortimento Ikea venduto negli Usa è prodotto localmente, osserva Quartz. Alcune categorie, come le cucine, sono state escluse dai dazi grazie alla produzione interna, ma molte altre, tra cui divani e materassi, sono state colpite.

Tolga Öncü, responsabile retail del gruppo Ingka, il più grande franchisee Ikea, presente in 31 mercati, ha dichiarato al Wall Street Journal: “Dobbiamo adattarci e trasferire una parte dell’aumento dei costi ai clienti. La nostra ambizione è continuare ad abbassare i prezzi. Ma ovviamente, nel mondo in cui viviamo oggi, a volte… diventa molto difficile, se non impossibile”.

RIBASSI INSOSTENIBILI E VENDITE IN CALO

Secondo quanto riportato da Reuters, Ikea ha ridotto i prezzi del 10% in media negli ultimi due anni, nel tentativo di attrarre clienti colpiti dall’inflazione. Tuttavia, la strategia non ha portato a un incremento del fatturato: nell’anno fiscale 2025, le vendite retail globali sono diminuite dell’1%, attestandosi a 44,6 miliardi di euro, nonostante un aumento del 3% nei volumi e del numero di clienti.

Nei soli Stati Uniti, l’azienda ha dovuto interrompere la politica di ribassi proprio a causa dei nuovi dazi. La strategia di assorbire l’impatto iniziale si è rivelata insostenibile, come confermato da più dirigenti aziendali sia ad Axios che al New York Post.

NUOVA STRATEGIA

Per mitigare gli effetti delle barriere commerciali, Ikea sta espandendo la propria rete di fornitori statunitensi, soprattutto per materassi e mobili imbottiti. È stato inoltre annunciato l’acquisto della società tecnologica Locus, specializzata in logistica, per migliorare l’efficienza nella distribuzione.

Ikea sta anche lavorando per ridurre i costi operativi, pur mantenendo il suo impegno per il “design accessibile”. Un messaggio rivolto ai consumatori statunitensi chiarisce che i prezzi potranno variare nel corso dell’anno e che i prezzi precedenti non saranno più garantiti.

EFFETTO DOMINO SULL’INTERO MERCATO

Ma l’aumento dei prezzi di Ikea è un segnale per l’intero settore dell’arredamento. Ikea, osserva Quartz, ha storicamente funzionato da benchmark per i prezzi nel comparto: quando il colosso svedese aumenta i listini, molte catene minori seguono, trasferendo l’onere sui consumatori.

Secondo stime riportate dal Wall Street Journal e commenti di analisti di Goldman Sachs, i consumatori statunitensi potrebbero sostenere fino al 55% del costo dei dazi e gli effetti di questa dinamica si iniziano già a vedere nei primi dati dell’indice dei prezzi al consumo (CPI) per i mobili.

PREVISIONI INCERTE

“L’effetto del calo dell’inflazione e della diminuzione dei tassi di interesse… di solito richiede un po’ di tempo prima che le persone tornino ad aprire il portafoglio”, ha dichiarato Jesper Brodin, Ceo di Ingka Group, che ha registrato un calo del fatturato dell’1,6%, attestandosi a 39 miliardi di euro.

Brodin, tuttavia, ha anche sottolineato che l’incertezza legata a commercio internazionale e conflitti globali rende difficile qualsiasi previsione.

Nonostante Ikea ribadisca che la propria missione rimane immutata, ovvero offrire prodotti di qualità, ben progettati e a prezzi accessibili, per Quartz, la vera domanda è quanto di questo aumento dei costi potrà essere compensato attraverso efficienza logistica e produzione locale, e quanto invece finirà per gravare direttamente sui clienti. Come ha detto Öncü: “Non possiamo rimanere immuni e assorbire tutti i costi da soli”.

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