Il bollettino economico pubblicato dalla Banca d’Italia venerdì 15 gennaio costituisce il primo quadro completo sull’andamento dell’economia nell’intero 2020 ed offre le previsioni più aggiornate per il 2021. È stato purtroppo sovrastato dal rumore di fondo di un dibattito politico distaccato dalla realtà e poco a proprio agio con i fatti rappresentati dai numeri. Allora proviamo ad offrire una sintesi, commentando le tabelle ed i grafici più significativi.



Circa il 55% prevede un peggioramento (lieve o netto) della situazione economica dell’Italia nel 2021. Con l’aggravante che la loro percentuale è nettamente aumentata da settembre a novembre.

- Chi non ha perso reddito nel 2020 prevede di non perderne anche nel 2021; sono i protetti.
- Il 40% di chi ha perso reddito nel 2020, prevede di perderne ancora nel 2021; sono quelli esposti alle chiusure.
Stessa tendenza sul fronte delle attese di risparmio: chi avrà la fortuna di aumentare il reddito nel 2021, riuscirà a risparmiare; segno di un’economia bloccata dalla paura. Ma è anche forte la tendenza al risparmio da parte di chi manterrà il reddito invariato.

Questo ci offre una conferma della sostanziale ininfluenza del regime di contenimento adottato. Giallo, arancione o rosso che sia, le persone hanno comunque ridotto la spesa.
Drammatico il quadro occupazionale:
non bisogna tanto guardare tanto al tasso di disoccupazione – influenzato positivamente dal numero di quanti sono così scoraggiati da non dichiararsi più in cerca di lavoro – quanto al numero di occupati e di ore lavorate. Le ore lavorate sono ancora molto al di sotto del livello pre Covid, così come gli occupati. Anzi, si riscontra un recupero più forte nelle ore che nel numero degli occupati. Triste conferma del fatto che, con la ripresa estiva, le imprese hanno preferito aumentare il lavoro di chi era già in azienda (magari part time), anziché assumere nuovo personale.

Altrettanto impressionanti i dati della cassa integrazione: prima del Covid, si viaggiava intorno a 10/20 milioni di ore mensili. Nel picco primaverile siamo arrivati a 700 milioni di ore, solo per la cassa ordinaria. Ed ancora a fine anno, si viaggia intorno a 200 milioni di ore mensili, un livello 10 volte superiore a quello pre crisi. A testimoniare che la crisi ha colpito duramente proprio in comparti ad altissima intensità di lavoro come i servizi turistici, culturali e ricreativi.


È interessante notare l’aumento della vita media residua del debito negli ultimi mesi del 2020 e la continua discesa del costo medio, oggi molto vicino al 2%. Anche il BTP decennale ha rotto al ribasso la soglia del 1%.

Ancora una volta, quando c’è la Bce c’è tutto.

Questa tavola è la più importante del documento di Bankitalia. Ci mostra le prospettive di “crescita” per il triennio prossimo: spicca il dato del +3,5% del 2021, contro il 6% tuttora previsto dal governo che, verosimilmente, dovrà presto adeguare la sua troppo ottimistica previsione. Investimenti ed esportazioni saranno le principali componenti che traineranno la crescita.

Per chiudere, un dato molto rilevante. La posizione netta creditoria sull’estero, cioè la differenza tra attività finanziarie detenute dai residenti all’estero ed attività finanziarie detenute da non residenti in Italia, è divenuta finalmente positiva già alla fine del terzo trimestre 2020.
È un dato che conferma l’assenza di dipendenza da parte di finanziatori esteri, che potrebbero sempre precipitosamente fuggire, mettendo in difficoltà il Paese. È anche la conferma della massa di attività finanziarie costituite all’estero dagli italiani grazie alla liquidità generata col programma di acquisto di titoli pubblici (QE) di Mario Draghi ed è anche l’esito dell’accumulo di un importante surplus commerciale verso l’estero. Fenomeno in atto dal 2012.
In conclusione:
- Previsioni di crescita del governo destinate ad essere ridimensionate;
- La Bce, con i suoi acquisti, domina le sorti del debito pubblico italiano;
- Il blocco delle attività economiche per il Covid ha distrutto occupazione nei servizi che non si recupererà facilmente;
- L’industria tiene e si aggrappa all’export.











