skip to Main Content

Russia

Perché l’odore della guerra in Ucraina spaventa i mercati

La mossa della Russia nel Donbass. Le vere mire di Putin sull'Ucraina. La posizione dell'Occidente. E la reazione dei mercati. Conversazione con Luigi De Biase, giornalista del Tg5, esperto di Russia ed Europa dell’est

Perché Putin ha deciso il riconoscimento delle due repubbliche?

L’iniziativa diplomatica condotta nelle ultime settimane da Macron e Scholz prevedeva il rispetto degli accordi di Minsk. Gli accordi li hanno firmati Ucraina e Russia nel 2015. Comprendevano l’attribuzione di uno status speciale alle regioni ribelli del Donbass. L’Ucraina non ha mai voluto applicarli. Zelensky ha compiuto qualche progresso all’inizio del suo mandato, ma si è dovuto arrendere di fronte alle minacce dei nazionalisti. L’ultimo round di colloqui è fallito proprio la scorsa settimana. Così i russi hanno riportato sulla loro agenda politica l’opzione del riconoscimento.

Così di fatto Putin non ha invaso l’Ucraina senza sparare un colpo?

La questione si può vedere anche in questo modo. Occorre, però, ricordare, che il governo ucraino ha perduto qualsiasi forma di controllo sul territorio delle repubbliche di Donetsk e di Lugansk nel 2014. Da allora queste due entità hanno ricevuto il sostegno economico e militare della Russia. Che ha atteso otto anni prima di riconoscerle, al contrario di quanto è avvenuto con la Crimea. A giudicare dalla risposta molto blanda degli Stati Uniti e dell’Unione europea, si direbbe che nessuno consideri quel che è avvenuto una vera “invasione”.

Ma la Russia ha rispettato il diritto internazionale?

Mi pare che i bordi del diritto internazionale mutino a seconda del soggetto che ne reclama l’esistenza. Per fare un esempio concreto: non credo che la presenza delle truppe americane in Siria entri nel novero delle di quelle che potremmo definire best practice nel rapporto fra stati. Eppure non mi risulta che la questione abbia sollevato grandi proteste presso società attente ai processi democratici come quelle europee. Il che non giustifica certo nuove violazioni. Le rende, però, un tema su cui è possibile dibattere. E questo è il vero problema.

Quali sono le vere mire di Putin sull’Ucraina?

Non è un mistero che alcuni ambienti politici in Russia abbiano per così dire scarsa considerazione della statalità ucraina. Nel suo discorso dell’altra notte, Putin ha fatto riferimento alla decomunistizzazione e si è rivolto ai vicini dicendo grosso modo: avete distrutto le statue di Lenin, ma per essere onesti dovreste ammettere che fu proprio Lenin a costruire il vostro stato. Dopodiché ha fatto capire loro di essere disposto ad aiutarli a portare a termine il processo. E’ una frase ironica, ma piuttosto inquietante. Bisogna sperare che sia soltanto una provocazione.

E’ vero che Putin lavora per avere un governo amico a Kiev ribaltando quello attuale, come dicono alcuni analisti?

Questi analisti ricavano le loro informazioni da rapporti che l’Amministrazione Biden passa da mesi e quotidianamente alla stampa. Nessuno li hai mai visti. Nessuno li ha mai verificati. La maggior parte è stata smentita dai fatti. Gli stessi ucraini hanno definito quei rapporti fake news e propaganda. Provengono davvero dai servizi segreti? Può essere che Biden usi il termine “intelligence” semplicemente per dare vigore alla sua azione politica. Nei fatti per il presidente ucraino, Zelensky, oggi il pericolo più grande è essere rovesciato dai suoi nazionalisti, non dai russi.

Che cosa cambierà ora nel Donbass?

Sono diversi gli scenari che si possono verificare. Il rischio maggiore viene da una risposta militare dell’esercito ucraino. Nel 2008 i georgiani attaccarono i “peacekeeper” russi di stanza in Ossezia del sud. Ricordiamo tutti come andò a finire: in poche ore i russi arrivarono a trenta chilometri da Tbilisi. La differenza rispetto ad allora è che oggi l’esercito russo è meglio armato e meglio preparato. Nel migliore dei casi le cose resteranno ferme nel punto in cui si trovano adesso. Sino al prossimo confronto diplomatico fra Casa Bianca e Cremlino.

L’Occidente morirà per il Donbass?

L’occidente non è disposto a morire neanche per se stesso, figurarsi per il Donbass, una regione all’estremo confine della nostra visione del mondo che reclama, peraltro, l’appartenenza a un diverso sistema di valori, che è il sistema russo. Le richieste del governo ucraino saranno sicuramente oneste e ragionevoli, ma bisogna affrontare un fatto spiacevole e sempre più evidente. I confini del paese, stabiliti e aggiornati durante l’intero arco di esistenza dell’Unione sovietica, rappresentano un modo che oggi non esiste più.

Perché i mercati finanziari e monetari in Russia non festeggiano per la mossa di Putin?

Perché la decisione di Putin, seppure attesa, aggiunge un elemento di forte incertezza a un quadro economico non proprio esaltante. In Russia il governo ha cercato di rassicurare gli investitori, dicendo di essere pronto, assieme alla Banca centrale, a tutte le misure necessarie per garantire la crescita, sulla base anche dell’esperienza maturata con la crisi della Crimea nel 2014. Si direbbe che l’appello non sia servito a molto. L’odore della guerra spaventa i mercati. E anche le piazze, come dimostra il bassissimo consenso che riscuote in Russia l’ipotesi di una guerra.

Back To Top