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Bruxelles ha favorito le banche tedesche e francesi in Grecia? Report Bce

L'articolo di Francesco Ninfole, giornalista di Mf/Milano finanza, su uno studio della Bce

Le previsioni della Commissione Ue hanno sottostimato l’effetto delle strette fiscali sull’economia dei Paesi europei. Lo ha indicato un’analisi scritta da tre economisti della Bce e una del Fmi, pubblicata nei giorni scorsi in un bollettino di ricerca dell’istituto di Francoforte.

CHE COSA DICE IL REPORT BCE

Gli autori hanno verificato i «moltiplicatori fiscali» utilizzati da Bruxelles, ovvero i valori che indicano il rallentamento dell’economia legato alle manovre sui bilanci pubblici. Un moltiplicatore di 1 indica per esempio che, per ogni euro di aumento delle tasse, si verificherà una pari riduzione del pil, vanificando così il beneficio dell’intervento.

LA QUESTIONE DEL MOLTIPLICATORE FISCALE

L’interesse per i moltiplicatori fiscali è tutt’altro che speculazione filosofica: aiuta a capire per esempio se lo sforzo richiesto alla Grecia sia servito a migliorare la situazione di Atene oppure a peggiorarla. In questo campo gli studi più noti sono stati quelli di Olivier Blanchard (ex capoeconomista del Fmi) e Daniel Leigh nel 2013 e nel 2014, secondo cui i moltiplicatori in Europa si sono rivelati largamente maggiori di 1: ovvero ogni euro di consolidamento fiscale ha ridotto il pil di più di un euro. Perciò l’analisi di Blanchard è stata considerata un’autocritica sull’operato del Fmi, che assieme a Ue e Bce ha fatto parte della Troika intervenuta in Grecia (che è appena uscita dal programma di assistenza finanziaria).

UN NUOVO CAMPIONE DI DATI

Lo studio appena pubblicato dalla Bce entra nella discussione usando un nuovo campione di dati, derivato dalle previsioni e dalle raccomandazioni della Commissione Ue (poi varate dall’Ecofin) sulle procedure per deficit eccessivo tra il 2009 e il 2015. Secondo gli autori i moltiplicatori fiscali Ue sono aumentati nel tempo «per incorporare un impatto negativo maggiore sulla crescita» delle misure fiscali. «Al culmine della crisi del debito sovrano nel 2011 e nel 2012, la crescita del pil è stata molto più bassa di quanto previsto dagli esperti, soprattutto nei Paesi più colpiti dalla crisi».

IL CAPITOLO GRECIA

Lo studio considera tutti i Paesi con deficit eccessivi e non alcuni in particolare. Durante la crisi le misure di austerità hanno riguardato soprattutto la Grecia: è stata anche una conseguenza dalla volontà politica di non imporre perdite ai principali creditori del Paese, ovvero alle banche tedesche e francesi. Il debito di Atene non è stato ristrutturato, se non in misura limitata e tardiva (il tempo è servito agli istituti tedeschi e francesi per uscire dal Paese). Il risultato è stato quello di colpire l’economia greca con misure più pesanti di quanto ipotizzato da Bruxelles.

LA NOVITA’ DELLO STUDIO BCE

Tra gli economisti è di solito utilizzato come standard nelle previsioni un moltiplicatore ex ante di 0,5. Il documento Bce indica però che l’Ue ha usato in media un valore di 0,25 tra il 2009 e il 2011. In particolare nella seconda metà del 2009 è stato pari a 0,1 e nella prima metà del 2010 si è avvicinato a zero. Questi bassi valori «riflettono l’ipotesi implicita all’inizio della crisi che il ridimensionamento fiscale avrebbe avuto solo effetti negativi molto limitati o nulli sulla crescita», ha osservato Bce.

LA RICERCA

«Alcuni avevano previsto che una stretta fiscale avrebbe aumentato la fiducia e quindi la crescita», come riportato in uno studio di Alberto Alesina e Silvia Ardagna. In seguito, tuttavia, «è apparso ovvio che l’aggiustamento fiscale aveva avuto un impatto più negativo sulla crescita nei primi anni della crisi rispetto alle previsioni». Di conseguenza gli economisti hanno gradualmente aumentato i moltiplicatori fiscali, portandoli in media a 0,66 (quindi oltre il livello standard) tra il 2012 e il 2015.

LE DOMANDE

Qual è stato il vero moltiplicatore fiscale ex post? Per gli economisti non è possibile definire un valore esatto ma sarebbe rimasto sotto 1 al culmine della crisi. Secondo l’analisi Bce comunque «l’impatto del ridimensionamento fiscale sulla crescita è stato più ampio di quanto inizialmente ipotizzato dalle previsioni», che erano «decisamente inferiori» al livello standard di 0,5. «Queste convinzioni molto ottimistiche riguardo all’impatto limitato del consolidamento sulla crescita implicano che il loro impatto vero sia stato maggiore, anche se non quanto quello indicato da Blanchard e Leigh». In definitiva l’ex capoeconomista del Fmi avrebbe esagerato con l’autocritica, mentre le previsioni Ue hanno sottovalutato le conseguenze delle strette fiscali.

(Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza)

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