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Iva

Vi spiego cosa (non) succederà all’Iva. Il commento di Cazzola

La controversa questione delle clausole di salvaguardia sull'Iva analizzata dell'editoralista Giuliano Cazzola

 

La discussione sull’Iva somiglia alla trama di una tragedia di Euripide. L’ultimo della terna dei grandi tragici della letteratura greca aveva uno stile particolare: la sua narrazione era molto complessa, le situazioni dei personaggi erano tra loro tanto intrecciate che ad un certo punto, sulla scena, veniva calato, con un argano, il demiurgo (ecco l’origine del deus ex machina) il quale spiegava agli attori (perché gli spettatori sbigottiti e confusi capissero) che cosa stava accadendo nella storia raccontata nella tragedia a cui stavano assistendo.

La vicenda dell’Iva potrebbe fare a meno dell’intervento del demiurgo, se qualcuno si incaricasse di esporre, nei talk show televisivi (il nuovo Areopago della politica italiana), come stanno davvero le cose. Nel corso del 2019 le clausole di stabilità, che prevedevano l’incremento delle aliquote Iva a partire dal 1° gennaio 2020, sono state presentate alla stregua di un enorme meteorite che si stava avvicinando alla Terra e che avrebbe colpito proprio il nostro Paese. Nelle assemblee della Confcommercio non si parlava di altro. E Luigi Di Maio, ovunque “girasse lo sguardo”’, spergiurava che l’imposta sui consumi non sarebbe aumentata (ancorché l’incremento fosse previsto per legge).

Quando, in agosto, Matteo Salvini si è mandato a quel paese da solo e il governo Conte 1 è caduto, la minaccia dell’entrata in vigore delle clausole di stabilità è divenuta una degli argomenti più solidi per il rovesciamento delle alleanze, nell’invarianza del presidente del Consiglio. “Sterilizzare’” è diventata la parola d’ordine. Il nuovo titolare del Mef, in continuità con il suo predecessore, non sembrava troppo convinto dell’utilità di allocare, al capitolo Iva, 23 dei 30 miliardi previsti nel complesso della manovra. Ma la nuova maggioranza ha voluto tirare diritto, senza nessun ripensamento neppure parziale. E il governo ha obbedito. E Roberto Gualtieri si è vendicato affermando di aver saldato il conto del Papeete.

Ad essere onesti la somma di 23 miliardi non era tutta attribuibile al governo giallo-verde il quale ne aveva ereditati ben 14 dall’esecutivo precedente (evidentemente l’opposizione attuale se ne è dimenticata perché non ha quasi mai fatto valere questo argomento nella polemica politica). Ma il bello doveva ancora venire. Ad un certo punto il fantasma dei 23 miliardi si è dileguato nella nebbia. E il Conte 2, che aveva provveduto a ‘’sterilizzare’’ il fatidico incremento si è trovato ad affrontare l’accusa di essere il ‘’governo delle tasse’’, a causa di quella spigolatura di interventi, un po’ alla rinfusa, di carattere fiscale che conteneva la prima stesura del disegno di legge: interventi contestati anche dai partner della maggioranza e poi modificati o rinviati nel tempo.

Nei dibattiti, se qualcuno del Pd o della nuova maggioranza, si azzardava a ricordare che l’incremento dell’Iva era stato cancellato per il 2020, rischiava di essere deriso, come se dichiarasse di aver inventato l’acqua calda. Tanto più che la questione della ristrutturazione delle aliquote Iva, non è stata rimossa, ma solo rinviata. Come è scritto nella Relazione tecnica la disposizione contenuta nella legge di bilancio prevede la completa sterilizzazione per il 2020 e quella parziale dal 2021 degli aumenti delle aliquote Iva e dell’obiettivo di gettito da accise sui carburanti per autotrazione stabiliti dalla legislazione vigente.

Nella tabella seguente sono indicati i relativi effetti finanziari in termini di entrate, grazie alle disposizioni della legge di bilancio per il 2020:

Sempre nella Relazione tecnica vengono previsti (si veda la seguente tabella) i calcoli effettuati assumendo ‘’come dati di partenza gli importi del gettito IVA e gli obiettivi di entrate da accisa che sono stati già scontati nei saldi di finanza pubblica a legislazione vigente’’.

In sostanza in un triennio (2020-2022), rispetto a quanto previsto dalla legge di bilancio per il 2019, vi saranno circa 35.800 miliardi di minori entrate. Alla faccia del ‘’governo delle tasse’’. Certo, prima o poi, occorrerà porsi il problema del ‘’che fare’’, altrimenti anche le prossime leggi di bilancio saranno requisite dai destini dell’IVA.

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