“L’ordine delle idee deve procedere secondo l’ordine delle cose”, sostenne Giambattista Vico. Probabilmente a Cernobbio il Ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, ha seguito questa ispirazione quando ha affermato di puntare ad una manovra di bilancio prudente. L’ordine delle cose, infatti, non segnala un autunno favorevole, tutt’altro. L’inflazione cala lentamente mentre il carrello della spesa intacca retribuzioni e risparmi, riducendo la propensione al consumo.
Sulla crescita l’Istat lancia un avvertimento: non c’è nessuna locomotiva Italia e con la Germania ferma anche sull’Europa i rischi di stagnazione, preludio a eventuali recessioni favorite dalle tensioni internazionali, bussano alla porta. Nel frattempo, la Bce non molla sui tassi di interesse che restringono ancor di più i margini per una espansione dell’economia, in attesa per giunta della discussione sul ritorno ad un patto di stabilità che potrebbe evocare ancora una volta lo spettro di sorvegliato speciale per il nostro Paese.
GRANCHI BLU E SORCI VERDI
In estate ce la siamo presa con i granchi blu, l’autunno potrebbe cambiare le carte in tavola e farci vedere… i sorci verdi.
Certamente ci sarà un serio problema di risorse e di conseguenza la difficoltà ad animare gli investimenti. Ma ciò che emerge dalla congiuntura economica è una necessità di politiche che sappiano tener insieme i problemi del presente con la prospettiva. E pare essere questo il “buco nero” della politica italiana.
LE DIFFICOLTÀ DEL GOVERNO SU LEGGE DI BILANCIO E PATTO DI STABILITÀ
Il Governo appare al momento senza una strategia, né purtroppo le opposizioni sembrano in grado di costringerlo a scegliere una strada da percorrere. Del resto, legge di bilancio e Patto di stabilità sono due riferimenti atti ad oscillare in un sistema economico mondiale che non offre certezze, ma moltiplica gli interrogativi.
Sul patto di stabilità il confronto ci vede pressoché isolati, tanto che fa notizia perfino il ricordo di un Sarkozy che rammenta come fu “licenziato” il governo Berlusconi da quell’asse franco-tedesco (allora c’era la Merkel) che per giunta oggi non è più solido come una volta.
Per ora, non a caso, l’Italia appare interessata più ad un rinvio che ad una soluzione. Ma su tale questione non è facile neppure rintracciare una posizione chiara delle opposizioni.
Sul piano della manovra non si può non temere il peggio. Le scelte tengono più conto del consenso che la destra politica intende mantenere sia quanto da che quando toglie, ma lascia del tutto imprecisate le sorti di settori cruciali come la politica industriale, la sanità, la scuola e la formazione, la stessa prosecuzione degli obiettivi del Pnrr.
DOVE VA IL MONDO, DOVE VA L’ITALIA
Nel mondo occidentale, capofila gli Stati Uniti, si sta verificando un ritorno agevolato a casa di produzioni, l’Italia si limita alle battute come quella del Ministro degli Esteri che giudica non soddisfacenti le conseguenze degli accordi sulla Via della seta. La sanità dopo la pandemia mostra di stare peggio di prima con una… devoluzione verso quella privata sempre più divisiva sul versante sociale. La scuola mostra carenze che si ripercuotono anche sui vuoti di professionalità nel mondo del lavoro ma ricette efficaci non si vedono. Sul Pnrr si fa finta che tutto vada bene, ma in realtà nessuno sa esattamente cosa ci aspetta a breve.
In questo modo, ovvero senza le idee di Vico, non si va da nessuna parte.
La manovra non può risolversi in un raffazzonato compromesso fra partiti della maggioranza e con l’Europa (se ci sta…) che di fatto delega al futuro l’inevitabile resa dei conti economica e sociale. Sarebbe davvero la china di un disastro annunciato. Occorrerebbe davvero una svolta generale.
In una situazione tanto pericolosa servirebbe ragionare in primo luogo secondo criteri da sistema Italia. Mario Draghi anche di recente aveva indicato alcune proposte da mettere sul tavolo di Bruxelles: bilancio europeo e spese comuni per investimenti da finanziare tramite eurobond ad esempio. Non sarebbe allora il caso di recuperare alcune delle suggestioni migliori di quella che fu… l’agenda Draghi?
In secondo luogo, andrebbe ripristinata una forma aggiornata di concertazione fra Governo, Parlamento e parti sociali. Se è in gioco non una manovra di bilancio ma scelte che condizioneranno seriamente il futuro del Paese, non si può sfuggire ad un confronto a 360 gradi che dia al Paese anche il segno di una volontà comune di affrontare i problemi reali senza trincerarsi dietro le proprie bandiere.
Slogan, fuochi di artificio che durano un attimo a beneficio dei social, rifiuto del confronto a priori, finiranno per arroventare inutilmente la scena politica e sociale. Da perdere probabilmente ne ha di più l’opposizione, visto che nei momenti peggiori inevitabilmente ci si affida a chi comanda, oppure si piega la testa di fronte a “interferenze” esterne. Non dimentichiamo che finora abbiamo avuto in epoche diverse una sorta di commissariamento mascherato, prima con Monti, poi con lo stesso Draghi. Sarebbe il caso di evitare nuove esperienze forse anche assai più pesanti.
Lentamente politica ed economia si stanno avviando, se non ci sarà un forte colpo di reni, verso un binario morto, altre che accelerazione auspicata da Giorgia Meloni. È necessario che si mobilitino le migliori energie, culturali, politiche e sociali.
Le potenzialità dell’economia italiana ci sono e sono ancor forti, ma serve una società che non sia disarticolata, in balia di se stessa senza una bussola anche sul piano della convivenza civile. Vale ancora insomma il richiamo all’ordine naturale delle cose…