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Economia Tedesca

Ecco quanto costerà alla Germania la guerra in Ucraina

Che cosa succederà alla Germania con la guerra in Ucraina. L'articolo di Pierluigi Mennitti da Berlino

 

Lo Schalke 04, nota squadra di calcio tedesca un tempo fa gloriosa e quest’anno finita in seconda serie, ha reso noto che toglierà il nome dello sponsor Gazprom dalle proprie maglie. Certo, i soldi di Gazprom non hanno impedito alla squadra della Ruhr di retrocedere appena un anno fa, ma per le depresse casse sociali sono sempre una boccata di ossigeno. Che adesso viene a mancare.

Nella Germania che ha tentato fino all’ultimo la carta diplomatica con la Russia, l’attacco deciso da Vladimir Putin è al tempo uno shock e una sconfitta. Che si porterà dietro una lunga teoria di conseguenze economiche che obbligheranno il governo a rimodulare le coordinate dei propri business e di quello di tante aziende tedesche.

A cominciare naturalmente dall’energia. Mandato con ritardo in soffitta temporanea il Nord Stream 2, il problema è quello di ripensare nei tempi più veloci possibili la strategia di rifornimento delle fonti. E questo nel pieno dell’esplosione dei prezzi di gas e petrolio e delle incertezze legate alla transizione energetica. È vero che l’aumento della quota di fonti rinnovabili nel paniere tedesco si rivela oggi una scelta fortunata e anche economica rispetto alle fossili, ma da solo non basta ad assicurare la quantità di energia necessaria a far muovere la macchina industriale del paese.

La Germania dipende dalla Russia per il 55% del gas importato, dalla Norvegia per il 30%, dall’Olanda per il 13%, mentre il restante 2% giunge da altri paesi. Il ministro dell’Economia Robert Habeck ha assicurato che per i prossimi mesi non ci saranno strozzature nei rifornimenti, grazie anche a riserve comunque sufficienti, e che è già iniziato il lavoro per diversificare la quota del gas russo. Si è detto sicuro di riuscire ad accedere ad altri mercati, anche se ci vorrà un po’ di tempo: in un primo momento il prezzo del gas è destinato a salire ancora, ma a medio termine sarà possibile tenere i costi sotto controllo.

A dargli man forte uno studio dell’istituto economico Ifw di Kiel, che ha sviluppato una simulazione ipotizzando un embargo occidentale su gas e petrolio russo: dopo uno shock iniziale sul prezzo, ad averne la peggio sarebbe proprio la Russia, il cui Pil perderebbe il 3%, mentre la Germania registrerebbe addirittura un piccolo rialzo grazie anche al maggiore approvvigionamento di fonti alternative e alla diversificazione del gas verso la Norvegia e il Gnl, per il quale però vanno costruiti i rigassificatori. Dunque, anche in questo caso tempi medi, se va bene.

Infatti un altro istituto economico, l’Iw di Colonia, ha invece proiettato l’impatto della guerra sull’inflazione, stimando un’ulteriore impennata significativa fino al 6,1%, dovuta quasi esclusivamente all’aumento del prezzo del gas.

Chi guarda con enorme apprensione a quel che avviene sul terreno di guerra e alle conseguenze in arrivo con le sanzioni è il vasto mondo dell’imprenditoria tedesca che dopo la caduta dei regimi comunisti si è gettata anima e cuore sui mercati est-europei, russo compreso.

E nonostante il calo di presenze degli ultimi anni, a seguito delle incertezze maturate dal 2014, dopo l’inizio del conflitto in Donbass e l’annessione della Crimea, la Russia è ancora un importante mercato di vendita per le aziende tedesche. Nel 2011 erano presenti 6.300 imprese, un anno fa la camera di commercio estera ne registrava 3.651, numero destinato a scendere ancora. Ad andarsene sono soprattutto le medie e piccole, mentre i colossi tedeschi, impegnati con investimenti di lungo termine, sono destinate a rimanere. E a subire le conseguenze delle sanzioni.

Secondo l’Ufficio federale di statistica, nel 2020 la Russia si è classificata al quindicesimo posto tra i partner commerciali della Germania: con 23 miliardi di euro, la quota del paese sul totale delle esportazioni tedesche si era fermata al 2%. I russi acquistano macchinari industriali, automobili e componenti di automobili, prodotti chimici e ingegneria elettrica. Al contrario, la Russia fornisce principalmente materie prime, petrolio greggio, gas e metalli non ferrosi.

Grandi gruppi come Volkswagen e Siemens sono preoccupati e hanno spinto fino all’ultimo affinché il governo perseguisse la via della diplomazia. Ora c’è rassegnazione, l’attacco militare ha cambiato le carte in tavola, forse il governo tedesco tenterà di rinviare il più in là possibile Mosca fuori dal sistema di pagamenti Swift, ma le dichiarazioni di giornata dei politici sono state di ben altro tono rispetto ai giorni scorsi. La Germania si è risvegliata bruscamente in un mondo che sembra assomigliare all’incubo della guerra fredda in cui era stata immersa fino al 1989, dure sanzioni economiche sono state annunciate dal cancelliere, i ministri verdi più espliciti nelle posizioni anti-Putin hanno ripreso forza. Dei politici, o meglio degli ex politici, è rimasto solo Gerhard Schröder a criticare le sanzioni (ma questa volta, pur senza nominarlo, anche Putin): anche perché una delle possibili vittime potrebbe essere lui stesso, visto che Joe Biden ha annunciato misure contro tutti coloro impegnati nel progetto di Nord Stream 2.

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