Seduta con robusti acquisti per Gedi in Piazza Affari dopo l’annuncio dell’accordo per la vendita della partecipazione di Cir a Exor al prezzo di 0,46 euro per azione: il titolo del gruppo editoriale ha chiuso in aumento del 60% a 0,455 euro, allineandosi al prezzo dell’Opa che verrà lanciata sul flottante. Scivolone per Cir (-7% a 1,08 euro) dopo la corsa della vigilia, mentre Exor ha concluso la giornata in Borsa con un aumento dello 0,85% a quota 68,64. i.
ECCO I DETTAGLI DELL’OPERAZIONE
Un’offerta da 0,46 euro per azione per una valorizzazione di Gedi di 233 milioni di euro. E in questo quadro i De Benedetti non usciranno del tutto dall’editoria e dal gruppo ma rimarranno in Gedi con una quota del 5%, riacquistata al valore corrispondente al prezzo dell’Opa che sarà lanciata da Exor tramite una società di nuova acquisizione.
LA NOTA DI CIR
«L’esecuzione del trasferimento – si legge nella nota Cir – è subordinata esclusivamente al rilascio delle necessarie autorizzazioni da parte delle competenti autorità, incluse la Commissione europea e l’Agcom e, in ragione della tempistica dei procedimenti autorizzativi, è prevedibile che l’operazione potrà essere completata entro il primo quadrimestre del 2020».All’esito del closing Exor – che ha quindi valorizzato 102,4 milioni il 43,78% di Gedi in mano a Cir per un prezzo di 46 centesimi ad azione a fronte dei 28 centesimi di chiusura dell’ultima seduta in Borsa – e «che per l’operazione farà impiego di mezzi propri» avvierà «per il tramite di una società per azioni di nuova costituzione un’offerta pubblica di acquisto obbligatoria (“Opa”) sulle azioni Gedi non già detenute».Cir dal canto suo «intende reinvestire nella nuova società, al valore corrispondente al prezzo dell’Opa, acquisendo una quota pari al 5% di Gedi in trasparenza, al fine di accompagnare l’evoluzione della società editoriale nei prossimi anni. Exor e Cir stipuleranno alcuni accordi concernenti il reinvestimento e la loro partecipazione nella nuova società, prevedendo tra l’altro il diritto di Cir di essere rappresentata nel consiglio di amministrazione di Gedi e le usuali pattuizioni concernenti vincoli agli atti di disposizione delle azioni».
IL COMMENTO DI ANDREA MONTANARI
C’è chi ha giudicato l’operazione come “la storia più grossa in mezzo secolo di giornali italiani”. Andrea Montanari, giornalista esperto di finanza ed editoriali tra l’altro, non concorda: “Onestamente – ha scritto su Facebook – il vero cambio di scenario e paradigma del settore editoriale italiano è rappresentato dalla conquista di Rcs – un fortino inespugnabile pure per Silvio Berlusconi – da parte di Urbano Cairo datata estate 2016. Cairo semmai che ora deve difendere questa conquista. Perché la guerra con Blackstone può fare morti e feriti. E cambiare ancora una volta le carte in tavola. Perché il CorSera da sempre è ambito x il suo effetto-domino su economia, finanza e politica. Che piaccia o meno. Exor era già socia di Rcs e poi di Gedi. È un percorso più semplice e naturale. Anche perché la gestione di Rcs pre-Cairo ha provocato perdite x oltre 1 miliardo con manager storicamente vicini agli Agnelli-Elkann. Sono dati di fatto. Riscontrabili nei bilanci”.
L’ANALISI DI CINGOLANI
“E’ un bene che chi ha i quattrini (e oggi Exor ne ha parecchi) investa nella stampa, come ha fatto Jeff Bezos negli Stati Uniti, rilanciando alla grande il Washington Post – ha commentato l’editorialista Stefano Cingolani nel suo “Botta e risposta” domenicale con il direttore di Start, Michele Arnese – La mia impressione è che John Elkann creda nel futuro della stampa, anche grazie ai consigli di Warren Buffett che ascolta attentamente (come ha fatto quando ha frenato Marchionne che voleva scalare la GM). E che voglia davvero creare un gruppo internazionale. La stampa italiana è provinciale e non è solo una questione di barriere linguistiche. Per mia esperienza in un grande giornale (il Corriere della Sera) so che gli esteri fanno per lo più da contorno, ma la ciccia è la politica italiana, anzi il teatrino parrocchiale”.
IL REPORT DI BANCA IMI
Quanto a Gedi, in un report Banca Imi osserva che “il prezzo di transazione implica un equity value di 234 milioni e, sulla base del nostro stima dell’indebitamento netto a fine 2019, un enterprise value di 267 milioni. Il prezzo è tuttavia sostanzialmente inferiore al valore contabile di Cir , pari a 1,2 euro per azione, con una perdita di capitale di circa 170 milioni, e di 0,8 euro per azione per la quota di Exor “. Sulla base delle nostre previsioni, “il prezzo di transazione implica un multiplo ev/ebitda di 7,4 volte nel 2019 e otto volte nel 2020, a un premio concreto rispetto ai multipli degli editori tradizionali di cinque volte”, rileva ancora Imi.