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Giappone Export Militare

Gcap, ecco come il Giappone lima le regole dell’export militare

Il Giappone ha allentato i limiti all'export militare in vista del Gcap, programma per lo sviluppo del caccia di sesta generazione in collaborazione con Regno Unito e Italia

Tokyo allenta il divieto di esportazione di armi letali per consentire le vendite del prossimo jet di sesta generazione.

Il Giappone ha modificato le norme che vietano di esportare attrezzature militari in modo da permettere l’export del nuovo caccia da combattimento in fase di progettazione con Regno Unito e Italia nell’ambito del Global Combat Air Programme (Gcap). A dicembre il governo di Tokyo aveva approvato un’altra eccezione a queste norme per consentire la vendita di missili Patriot agli Stati Uniti.

La nuova revisione riguarda esclusivamente il programma Gcap e consentirà l’export verso Paesi terzi con cui ci sono accordi di trasferimento di tecnologie della difesa come Stati Uniti, Francia, Australia, India, Filippine, Emirati Arabi Uniti.

Si prevede che la controversa decisione di consentire la vendita internazionale di armi contribuirà a garantire il ruolo del Giappone nel progetto congiunto di aerei da combattimento e parte di una mossa per costruire l’industria delle armi giapponese e rafforzare il suo ruolo nella sicurezza globale, commenta Ap.

Ogni vendita dovrà comunque essere approvata dal governo.

Tutti i dettagli.

L’INTERVENTO DEL GOVERNO DI TOKYO SULLE REGOLE PER LE ESPORTAZIONI DI ARMAMENTI

Martedì il governo giapponese ha allentato le restrizioni sull’esportazione di attrezzature militari, la seconda modifica in meno di quattro mesi, per consentire future vendite all’estero di un caccia a reazione avanzato che sta sviluppando con Gran Bretagna e Italia. La modifica della regola si applica solo alle esportazioni di caccia approvate dal governo e sarà limitata ai paesi – attualmente 15 – che hanno accordi di trasferimento di attrezzature di difesa con Tokyo che li impegnano a risolvere pacificamente le controversie internazionali in conformità con la carta delle Nazioni Unite, ha affermato il governo.

Le esportazioni verso i paesi coinvolti in conflitti rimarranno vietate, ha aggiunto il gabinetto del primo ministro Fumio Kishida.

LA PORTATA DELL’ALLENTAMENTO DELLE RESTRIZIONI ALL’EXPORT MILITARE DEL GIAPPONE

Anche se di portata limitata, il cambiamento, che arriva dopo mesi di dispute politiche tra il Partito Liberal Democratico al potere e il partner di coalizione Komeito, rappresenta il più grande cambiamento nella politica di esportazione militare del Giappone negli ultimi dieci anni, rimuovendo un potenziale ostacolo che avrebbe potuto affossare il programma per il sistema di combattimento aereo del futuro con Londra e Roma.

Nella sua decisione, il governo ha affermato che il Giappone ha bisogno di un “quadro” che consenta l’esportazione di armi “al fine di garantire che possa contribuire equamente al programma globale di combattimento aereo con Gran Bretagna e Italia”.

A CHE PUNTO È IL GCAP

Lo scorso 14 dicembre a Tokyo il ministro della Difesa, Guido Crosetto, assieme agli omologhi di Giappone e Regno Unito, Minoru Kihara e Grant Shapps, hanno firmato l’accordo sul Global Combat Air Programme (Gcap), progetto per lo sviluppo di un aereo da combattimento di sesta generazione entro il 2035.

La sigla del contratto è giunta un anno esatto dopo la firma dell’accordo nel dicembre 2022 con cui Regno Unito, Italia e Giappone hanno stabilito di unificare i rispettivi progetti di sviluppo di velivoli da combattimento di quinta generazione. L’accordo ha combinato di fatto il progetto Tempest — a guida britannica a cui partecipa il nostro paese per sostituire i caccia Typhoon — con il programma F-X giapponese in un’impresa chiamata Global Combat Air Program (Gcap), relativo allo sviluppo di un sistema di sistemi di nuova generazione e operazioni multi-dominio. In particolare, Tokyo intende sviluppare un successore per i suoi 90 jet da combattimento F-2, mentre Londra e Roma intendono sostituire in totale circa 240 jet Eurofighter.

Sotto la supervisione di un ente di coordinamento, il consorzio formato dalla italiana Leonardo, la giapponese Mitsubishi Heavy Industries e la britannica Bae Systems, punta a completare i lavori di progettazione entro il 2027.

L’espansione delle esportazioni è considerata fondamentale per ridurre i costi di sviluppo del progetto, che saranno condivisi tra i tre paesi, evidenzia ancora il Ft.

LE CONSEGUENZE

Qualsiasi divieto di esportazione giapponese che avesse bloccato le vendite all’estero e limitato i numeri di produzione avrebbe potuto rendere l’aereo inaccessibile perché le spese di sviluppo avrebbero dovuto essere ripartite su una flotta più piccola, osserva Reuters.

Il cambiamento delle regole è tuttavia controverso in Giappone perché il paese aderisce ancora a una costituzione di rinuncia alla guerra adottata dopo la sconfitta nella Seconda Guerra Mondiale.

I PRIMI COMMENTI

I dirigenti dell’industria della difesa e gli alleati del Giappone speravano che il programma trilaterale di aerei da combattimento avrebbe offerto l’opportunità per un più ampio allentamento dei limiti alle esportazioni di armi di Tokyo e avrebbe dato agli appaltatori della difesa giapponese un maggiore accesso ai mercati esteri, rileva il Financial Times.

Il Giappone spera che il nuovo aereo offra le capacità avanzate di cui il paese ha bisogno in mezzo alle crescenti tensioni nella regione, dandogli un vantaggio tecnologico rispetto ai rivali regionali Cina e Russia.

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