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Buzzi, Webuild, Cementir e non solo: chi punta al business della ricostruzione di Gaza

"Vogliamo essere protagonisti oltre che della sicurezza, della ricostruzione" della Striscia di Gaza, ha detto Tajani. La Banca mondiale e le Nazioni Unite hanno avviato diversi bandi. Ecco le aziende italiane che potrebbero avere un ruolo.

Sono passati solo pochi giorni dall’avvio della prima fase dell’accordo di pace tra Israele e Hamas – che ha prodotto il cessate il fuoco a Gaza e lo scambio di ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi -, ma ci sono già diverse gare internazionali per la ricostruzione della Striscia.

I bandi sono aperti anche alle aziende europee e italiane, purché siano registrate come fornitrici delle Nazioni Unite. Mf-Milano Finanza ha scritto che i “gruppi americani e dei Paesi Mena (Medio Oriente e Nord Africa), Egitto e Qatar su tutti”, hanno già messo gli occhi sui primi appalti.

Si stima che per la ricostruzione della Striscia di Gaza siano necessari circa 80 miliardi di dollari.

I BANDI DELLA BANCA MONDIALE, DELL’UNDP/PAPP E DELL’OMS

La Banca mondiale ha assegnato alla Striscia di Gaza lo status di special conflict-affected state, che semplifica la partecipazione delle imprese ai bandi multilaterali per la ricostruzione del territorio.

Ad esempio, la Banca mondiale ha pubblicato il nuovo Procurement Plan 2027-2027 per Gaza e la Cisgiordania (o West Bank), dal valore di 170 milioni di dollari. Ad agosto il programma delle Nazioni Unite per l’assistenza al popolo palestinese (Undp/Papp) aveva aperto una gara per la fornitura e l’installazione dei prefabbricati che ospiteranno i servizi essenziali: la scadenza è fissata al 20 ottobre prossimo. L’Organizzazione mondiale della sanità (un’agenzia delle Nazioni Unite) aveva indetto un bando per le apparecchiature mediche da destinare agli ospedali palestinesi, in chiusura il 15 ottobre.

COSA C’È NEL PROCUREMENT PLAN PER GAZA DELLA BANCA MONDIALE

Il nuovo Procurement Plan della Banca mondiale prevede ventisette bandi relativi a infrastrutture sanitarie, sistemi informativi, forniture di attrezzature e programmi di formazione tecnica, tra le altre cose. Le gare previste entro novembre riguarderanno la riabilitazione di tre ospedali nella Striscia di Gaza, l’installazione di impianti fotovoltaici e sistemi di stoccaggio, la digitalizzazione del sistema sanitario e la fornitura di apparecchi diagnostici.

I finanziamenti proverranno da un fondo congiunto tra la Banca mondiale e l’Unione europea.

LA EU GAZA FACILITY

Intanto, la Commissione europea sta lavorando all’istituzione di una “Eu Gaza Facility”, una piattaforma con una dotazione di 1,6 miliardi di euro dedicata al coordinamento tra la Banca europea per gli investimenti e le varie agenzie di sviluppo nazionali nei settori dell’energia, dell’acqua e della gestione dei rifiuti.

IL RUOLO DELL’ITALIA SECONDO TAJANI

Quanto all’Italia, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha dichiarato al Quotidiano Nazionale che “vogliamo essere protagonisti oltre che della sicurezza, della ricostruzione” della Striscia di Gaza. Il nostro paese avrà “lo sguardo rivolto alle infrastrutture, anche con l’impegno delle nostre imprese. Poi penso alla sanità, alla scuola, alle università e alla formazione di una nuova classe dirigente palestinese […]. Possiamo aiutare i palestinesi a mettere in piedi un sistema sanitario adeguato, potremmo coinvolgere gli ospedali italiani che abbiamo già sia in Giordania che in Egitto, in partenariato con nostri presidi sanitari italiani”.

LE AZIENDE ITALIANE CHE POTREBBERO PARTECIPARE ALLA RICOSTRUZIONE DI GAZA

Tra le aziende italiane che potrebbero avere un ruolo nella ricostruzione di Gaza ci sono:

  • Buzzi, specializzata nella produzione di cemento e calcestruzzo e controllata dall’omonima famiglia;
  • Cementir, attiva nello stesso settore: Francesco Gaetano Caltagirone detiene il 66,7 per cento del capitale;
  • Webuild, gruppo di ingegneria e costruzioni partecipato da Salini (38,5 per cento) e Cdp Equity (16,4 per cento);
  • Saipem, società di infrastrutture energetiche: Eni (21,1 per cento) e Cdp Equity (12,8 per cento) sono i principali azionisti;
  • Ansaldo Energia, società di impianti energetici controllata quasi interamente da Cdp Equity;
  • Maire, gruppo ingegneristico controllato da Glv Capital (51 per cento) di Fabrizio Di Amato.

Cdp Equity è una holding controllata al 100 per cento da Cassa depositi e prestiti, che risponde a sua volta al ministero dell’Economia.

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