I ministri delle Finanze dell’Ue hanno raggiunto ieri un accordo politico sul Fondo europeo per la ripresa post pandemica (“Recovery and Resilience Facility, Rrf) lo strumento principale del pacchetto di rilancio economico da 750 miliardi di euro negoziato e concordato dai capi di Stato e di governo al Consiglio europeo del 17-21 luglio.
Trattandosi di una videoconferenza, e quindi di una riunione informale – ha sottolineato Askanews – non è stato possibile votare sul testo, presentato dalla presidenza di turno tedesca dell’Ecofin, ma l’accordo politico sarà confermato venerdì prossimo dagli ambasciatori dell’Ue nel Coreper (il Comitato dei rappresentanti permanenti degli Stati membri che prepara le riunioni del Consiglio), e poi adottato formalmente con procedura scritta.
Per approvare il testo, che costituisce la “posizione comune” del Consiglio Ecofin rispetto alla proposta originaria di regolamento della Commissione europea, basta la maggioranza qualificata degli Stati membri.
Lo scopo del Rrf, che offrirà un mix di sovvenzioni (312,5 miliardi di euro) e prestiti (360 miliardi di euro) ai paesi dell’Ue, ricorda una nota del Consiglio “è fornire supporto finanziario su larga scala per le riforme e gli investimenti intrapresi dagli Stati membri, per mitigare l’impatto economico e sociale della pandemia di Covid-19 e per rendere le economie dell’Unione più sostenibili, resilienti e meglio preparate per la sfide poste dalla doppia transizione, verde e digitale”.
La proposta di regolamento che istituisce questo strumento, riferisce la nota, “è stata discussa intensamente in seno al Consiglio negli ultimi mesi”. I ministri dell’Ecofin hanno proceduto a uno scambio di opinioni alcune questioni in sospeso riguardanti il Fondo Rrf, e in particolare la sua “governance” e le modalità e i criteri di controllo e verifica dei piani nazionali di ripresa e resilienza che gli Stati membri dovranno presentare alla Commissione per richiedere i finanziamenti.
“La posizione del Consiglio guiderà la Presidenza tedesca nei negoziati con il Parlamento europeo, che intendiamo concludere quanto prima”, ha detto il ministro tedesco delle Finanze, Olaf Scholz presidente di turno dell’Ecofin, alla fine della riunione.
Tuttavia, i negoziati sono complicati dal fatto che, per rendere operativo il Recovery Fund, è necessario prima aspettare la decisione unanime del Consiglio Ue e poi le ratifiche di tutti i parlamenti nazionali sulla decisione di aumentare il tetto delle risorse proprie, ovvero il massimale gli impegni finanziari sottoscritti dagli Stati membri per il bilancio pluriennale 2021-2027. Questo perché la differenza (“headroom”) fra gli impegni finanziari (sottoscritti ma non versati) e la spesa effettiva del bilancio Ue sarà utilizzata per costituire le garanzie necessarie affinché la Commissione possa raccogliere sui mercati i prestiti necessari a finanziare il Fondo.
Il compromesso della presidenza tedesca sul regolamento del Rrf ha permesso di chiarire in particolare due punti che stavano a cuore all’Italia. Innanzitutto, come ha spiegato il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri durante una conferenza stampa a Roma al termine dell’Ecofin, viene precisato che il versamento anticipato del 10% del Fondo, previsto dal regolamento per il primo anno (il 2021), “non riguarda più solo il 70% delle risorse, ma tutto il totale”.
In secondo luogo, “si chiarisce che il termine massimo di tre mesi entro cui può essere attivato il ‘freno d’emergenza’”, durante le procedure di esborso dei finanziamenti Ue per gli Stati membri “è un limite massimo, e quindi è molto chiaro che non c’è un potere di veto” da parte degli Stati membri.
Il meccanismo del freno d’emergenza, escogitato dal Consiglio europeo di luglio per venire incontro alle richieste dell’Olanda, permette a ciascuno Stato membro di chiedere al Consiglio europeo un riesame delle decisioni di attribuzione dei fondi a un altro paese, ma non di bloccarle.
Nel testo della proposta della Commissione, tuttavia, si affermava che il termine di tre mesi sarebbe stato applicato “di regola” (“as a rule”), e questo, ha spiegato Gualtieri, lasciava adito a possibili eccezioni. Adesso, ha sottolineato il ministro italiano, quel termine “è scolpito nella pietra”, e quindi non c’è diritto di veto per nessuno.
Durante la discussione dell’Ecofin, il ministro olandese delle Finanze, Wopke Hoekstra, ha insistito sul fatto che, nel valutare i piani nazionali di ripresa e resilienza (che gli Stati membri dovranno presentare a Bruxelles in versione preliminare il 15 ottobre, per poi inviare le versioni definitive entro aprile 2021), si debba tenere conto in particolare del rispetto delle “raccomandazioni specifiche per paese” (Csr) pubblicate dalla Commissione non solo nel 2020, ma anche nel 2021. Hokstra sostiene l’esigenza di un riferimento esplicito agli aspetti relativi al rigore di bilancio e al legame con il rispetto del Patto di Stabilità.
Le raccomandazioni specifiche del 2019, elaborate prima della crisi pandemica, erano naturalmente molto più attente al rigore finanziario degli Stati membri. Il testo della presidenza tedesca precisa in effetti che le Csr “rilevanti” per i piani nazionali sono sia quelle del 2020 che quelle del 2019. Ma il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, intervenendo al dibattito dell’Ecofin, ha precisato che un esplicito riferimento aggiuntivo agli aspetti di politica di bilancio delle Csr sarebbe “ridondante”.
“Per definizione – ha spiegato Gentiloni – le Csr includono, per gli Stati membri in cui questo è rilevante, le raccomandazioni di politica di bilancio”. Questo riferimento dunque, ha proseguito, “non aggiunge ulteriori raccomandazioni, ulteriori criteri o nessuna gerarchia fra le Csr a cui i piani nazionali degli Stati membri dovranno rispondere”. E ha concluso: “Nel tradurre le raccomandazioni rilevanti in specifiche riforme e investimenti, gli Stati membri dovrebbero perciò focalizzarsi su quelle sfide e priorità che genereranno l’impatto più durevole”.
Le parole di Gentiloni hanno innescato una comunicazione governativa improntata ad enfasi e soddisfazione, per bocca in particolare del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri (Pd).
Gualtieri ha esaltato due novità, a suo dire, di grande rilievo per l’Italia: per prima cosa aver ottenuto l’anticipo per il 2021 commisurato al 10% dell’intera quota dei sussidi del RRF e non del 70%.
“Parliamo cioè di 6,5 miliardi di anticipo, anziché 4,5. Spiccioli. – ha commentato l’analista Giuseppe Liturri sul quotidiano La Verità – L’altro risultato è relativo al tema delle discussioni “esaustive” davanti al Consiglio Europeo. Infatti, qualora uno Stato membro ritenga che “vi siano gravi scostamenti dal soddisfacente conseguimento dei pertinenti target intermedi e finali” può chiedere di rinviare la questione al Consiglio Europeo e quindi la Commissione deve sospendere i pagamenti. L’eroica e fiera resistenza di Gualtieri sul punto, ha portato alla scomparsa dell’inciso “di norma” con riferimento ai 3 mesi di durata di tale discussione. Sono tre mesi e basta. Anche qui, c’è da inchinarsi di fronte alla devastante portata di questo risultato”.
“Gualtieri sposta abilmente il fuoco della questione sulla durata del processo, evitando il merito. Nessuno ha infatti chiarito cosa potrebbe accadere se il Consiglio Europeo non raggiungesse una posizione comune al termine dei 3 mesi. La Commissione pagherà comunque? Anche se il Consiglio fosse spaccato sull’argomento?”, ha aggiunto Liturri.
Restano intatte le condizioni macroeconomiche che, in caso di significativo inadempimento, potrebbero condurre il Consiglio, secondo l’articolo 9 del regolamento sul Rrf, a sospendere i pagamenti: “E tali condizioni sono esattamente quelle contenute nelle raccomandazioni Paese adottate dal Consiglio per il 2019 e 2020 che, per il loro contenuto somigliano tanto ad un Patto di Stabilità che rientra dalla finestra dopo essere stato cacciato dalla porta, con la sospensione del marzo scorso – ha sottolineato Liturri – Il vice presidente esecutivo Valdis Dombrovskis, nella conferenza stampa successiva all’Ecofin, è stato chiaro: quelle raccomandazioni vanno rispettate e, perdipiù, la Commissione valuterà se i piani nazionali per la ripresa affrontano i problemi delineati nelle raccomandazioni Paese, inclusi gli aspetti di bilancio. Quindi, domineranno il campo sin dall’inizio del processo, per poi assumere un ruolo decisivo all’atto dei pagamenti, come delle vere forche caudine”.
Conclusione dell’analista: “E sappiamo bene di cosa si tratta: riforma delle pensioni, riforma del catasto con inevitabile impatto sul gettito IMU, riduzione della spesa pubblica, ed “utilizzare entrate straordinarie” per ridurre il rapporto debito/PIL. La cassetta degli attrezzi che ci perseguita dal 2012”.