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Fondazione Crt spaccata su Caltagirone e Del Vecchio per Generali

Fatti, nomi e indiscrezioni sulla Fondazione Crt alle prese con il dossier Assicurazioni Generali

 

Tensioni al vertice della Fondazione piemontese Crt sul dossier Assicurazioni Generali.

Dopo l’appoggio della Fondazione al patto formato da Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio in chiave anti Mediobanca e anti Donnet in Generali, nell’ente creditizio piemontese stanno montando rilievi, distinguo e interrogativi che farebbero capo – secondo le indiscrezioni raccolte in ambienti finanziari milanesi – a Fabrizio Palenzona, già ai vertici di Unicredit e in passato deus ex machina di un certo mondo a cavallo tra politica, banche e finanza.

CHE COSA SUCCEDE NELLA FONDAZIONE CRT

Diversità di vedute inedite visto che l’attuale numero uno della Fondazione, Giovanni Quaglia, era considerato fino a poco tempo molto vicino a Palenzona. Ma evidentemente la partecipazione dell’ente al patto di Caltagirone e Del Vecchio, oltre a far accendere un faro informale al Tesoro – ha provocato tensioni tra i due esponenti piemontesi di peso.

CHE COSA HA SCRITTO IL QUOTIDIANO LA STAMPA SUI DUE FRONTI NELLA FONDAZIONE CRT

“C’è una fronda interna ma quanto pesi è difficile dirlo. Di certo in Crt il clima non è proprio dei più sereni – ha scritto oggi il quotidiano torinese La Stampa in fondo a un articolo sui pattisti – Gli argomenti dei “frondisti” sono molti. Di modi e di metodi. Pesa la mancanza di collegialità nella decisione di aderire al Patto, intanto. E poi la redditività dell’investimento: quello in Generali dal 2016 ha reso poco meno di 100 milioni solo di dividendi. Non è piaciuto inoltre il mancato coinvolgimento di altre Fondazioni nel Patto, coinvolgimento promesso al cda del 14 settembre scorso che ha deliberato l’adesione alla cordata Caltagirone-Del Vecchio e che finora non ha dato frutti. A favore dell’interventismo, resta un solo argomento: la speranza di poter avere un posto nel prossimo cda del Leone nel caso che i pattisti risultino vincenti. Argomento messo nero su bianco nel patto, nel passaggio in cui si fa riferimento alle «consultazioni» sulla composizione del prossimo cda”.

SPACCATURA NEL CONSIGLIO DI INDIRIZZO

Capofila dei due schieramenti – che si ritrovano in particolare nel consiglio di indirizzo della Fondazione più che nel cda – sarebbero da un lato Giampiero Leo e Pierluigi Poggiolini, che difendono l’operato di Quaglia e Massimo Lapucci, potente segretario generale dell’ente, e dall’altro – su posizioni più vicine a quelle di Palenzona – ci sarebbe Francesco Galietti.

LA NOTA DELLA FONDAZIONE

Ma anche dopo l’articolo de La Stampa la fondazione piemontese prenderà carta e penna? L’ente infatti si è fatta viva in questo modo dopo un articolo lunedì scorso dell’inserto Affari & Finanza del quotidiano la Repubblica:  “La Fondazione Crt – si legge in una nota di Crt datata 13 dicembre – opera costantemente in maniera lineare e condivisa nella gestione delle partecipazioni che costituiscono il proprio patrimonio, e questo vale ovviamente anche per la partecipazione in Assicurazioni Generali, su cui il consiglio di amministrazione ha sempre deciso all’unanimità. Parimenti, il consiglio di Indirizzo, per quanto di competenza, ha sempre condiviso le varie, periodiche e puntuali informative in tema di gestione patrimoniale e finanziaria che continua, peraltro, a confermare ottime performance”.  Secondo l’ufficio stampa della Fondazione, “sorprendono e non corrispondono al vero le voci raccolte da alcuni organi di stampa, così come non ha alcun fondamento qualsivoglia considerazione relativa alle regole di governance della Fondazione”.

Ecco un estratto dell’articolo che ha provocato la nota della Fondazione Crt:

Fondazione Crt. una netta spaccatura: da una parte il consiglio di amministrazione della Fondazione, trainato dal tandem composto dal presidente Giovanni Quaglia e dall’amministratore delegato Massimo Lapucci, che si è mosso deciso verso un patto di consultazione con i due principali soci privati del Leone, ossia Francesco Gaetano Caltagirone e Leonardo Del Vecchio. Dall’altra il consiglio di indirizzo dell’ente torinese, che nelle ultime settimane vede alcuni protagonisti molto attivi nella promozione di un nuovo statuto che limiti in maniera decisiva il raggio d’azione del consiglio d’amministrazione e in particolare del segretario generale.

Dietro la disputa è facile intravedere anche la sempreverde sagoma di Fabrizio Palenzona, già presidente della stessa Fondazione e considerato tuttora assai influente sulle scelte dell’ente torinese: proprio tra Palenzona e Quaglia, che il primo aveva aiutato a salire al vertice della Fondazione, si sarebbe consumato uno strappo che coinvolge anche la vicenda Generali e che oggi alimenta i dissidi piemontesi. Lo scorso aprile il cda della Fondazione viene completato con alcune nomine e nella seduta d’insediamento decide di riconfermare subito per un nuovo mandato Lapucci, che scadrebbe un anno dopo. Una garanzia per il segretario generale, che ricopre l’incarico dal 2012, che fa però storcere il naso a qualcuno dei critici suoi e di Quaglia.

Lo scorso 14 settembre, poi, i vertici della Fondazione spiegano al cda che pochi giorni prima, il 10, Caltagirone e Del Vecchio hanno stretto il loro patto di consultazione sulle Generali per “una più profittevole ed efficace gestione” della compagnia, “improntata alla modernizzazione tecnologica dell’attività caratteristica, al potenziamento strategico dell’impresa, nonché alla sua crescita in una logica di mercato aperta, trasparente, contendibile”.

Su proposta di Quaglia, il cda della Fondazione (che possiede l’1,23% di Generali) decide, come recita la bozza di verbale di quella riunione, di “conferire mandato al presidente e al segretario generale… per valutare la possibilità di aderire ed eventualmente firmare l’Accordo di consultazione tra soci, sia con riferimento ad Assicurazioni Generali, sia con riferimento a Uncredit”, la banca di cui l’ente ha l’1,64. Ai due viene dato mandato anche “per incrementare l’investimento in Assicurazioni Generali fino a detenere un massimo del 2% del capitale sociale”. Detto e fatto. Tre giorni dopo quella riunione, il 17 settembre, i rappresentanti della Fondazione firmano il patto di consultazione e schierano di fatto l’ente con l’alleanza Caltagirone-Del Vecchio, che non vuole più che la lista per il nuovo consiglio d’amministrazione del Leone sia proposta dallo stesso cda uscente, o – sostengono i soci contestatori – di fatto da Mediobanca. Nei giorni successivi, peraltro, uno dei due vicepresidenti della Fondazione Crt, il giurista torinese Maurizio Irrera, pubblica almeno due articoli in cui solleva forti dubbi sull’opportunità e l’efficacia di liste presentate dai cda.

Tutto questo attivismo non passa inosservato nel consiglio di indirizzo della Fondazione, dove già suscitava qualche perplessità il fatto che Lapucci sia da tempo in consiglio della Caltagirone Spa (in cui è stato riconfermato subito dopo il nuovo mandato deciso dall’ente torinese) e sieda anche nel cda di banca Generali, controllata ovviamente da Trieste. A settembre, peraltro, il consiglio di indirizzo della Fondazione non era ancora completo perché erano in corso complessi negoziati tra Quaglia e i poteri locali della regione per scegliere i loro rappresentanti in quella sede. Non che il comitato di indirizzo avrebbe potuto fare qualcosa sulle scelte relative alle partecipazioni finanziarie, di esclusiva competenza del consiglio d’amministrazione, ma ciò non toglie che qualcuno dei consiglieri di indirizzo abbia vissuto quello di Quaglia e Lapucci come un vero e proprio blitz.

Siamo ad oggi, quando la Fondazione si prepara a partecipare allo scontro per il potere nelle Generali, magari nel frattempo con il 2%, e a Torino il consiglio di indirizzo ormai nel pieno dei suoi 18 membri, vede un acceso dibattito interno.

Alcuni consiglieri dell’organo – ad esempio Giampiero Leo e Pierluigi Poggiolini – sostengono Quaglia e Lapucci. Un altro gruppo, che assicura di rappresentare una maggioranza di almeno 12 voti nel consiglio di indirizzo, vuole invece correre ai ripari. I consiglieri di questo gruppo hanno studiato gli statuti di tutte le Fondazioni piemontesi e delle principali italiane e stanno mettendo a punto una bozza che dovrebbe essere discussa a inizio 2021 dallo stesso consiglio di indirizzo. Tra i punti qualificanti il divieto per il segretario generale di cumulare incarichi diversi – leggasi posti in cda – rispetto a quello che ha nell’ente di appartenenza.

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