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Bce

Perché è una sciagura il Fondo Monetario Europeo proposto dalla Germania

L’analisi di Guido Salerno Aletta sulla proposta di trasformare l’Esm (European Stability Mechanism) in Fme (Fondo monetario europeo): un’istituzione che diventerebbe indipendente e adibita al controllo, verifica e sostegno finanziario agli Stati membri in difficoltà L’Ue prosegue nella strategia di raddoppiare le istituzioni multilaterali nate dopo la seconda guerra mondiale. La Direzione Concorrenza si è…

L’Ue prosegue nella strategia di raddoppiare le istituzioni multilaterali nate dopo la seconda guerra mondiale. La Direzione Concorrenza si è arrogata da anni poteri di gran lunga superiori a quelli previsti dal Wto, sulla base del divieto generalizzato di aiuti di Stato alle imprese. Si andrebbe anche verso la creazione di un esercito europeo, sovrapposto alla Nato sia sul piano politico che organizzativo, per la difesa delle frontiere esterne: obiettivo paradossale, perché gli unici a violarle sono i migranti che nessuno osa respingere per ragioni umanitarie.

LA TRASFORMAZIONE DELL’ESM

Si propone anche di trasformare l’Esm (European Stability Mechanism) in Fme (Fondo monetario europeo): un’istituzione, quella guidata da Klaus Regling, che diventerebbe indipendente e adibita al controllo, verifica e sostegno finanziario agli Stati membri in difficoltà. Soppianterebbe la Troika, composta da rappresentanti di Commissione Ue, Fmi e Bce, cui in questi anni è toccato erogare i fondi resi disponibili dall’Esm.

FME? PESSIMA IMITAZIONE DEL FMI

Sarebbe una pessima imitazione del Fmi. Quest’ultimo nacque per affermare due principi fondamentali nelle relazioni internazionali, che avrebbero garantito tutti i Paesi aderenti: la necessità di bilance dei pagamenti correnti stabili e il divieto di svalutazioni competitive. Nel caso di crisi economica o finanziaria, la svalutazione del cambio è sempre stata una delle misure concesse dal Fmi a favore del Paese in difficoltà, ancorché accompagnata da aggiustamenti fiscali ed azioni volte a migliorare la competitività. Nell’Eurozona, poiché una svalutazione monetaria è impossibile per definizione, gli aggiustamenti devono riguardare prezzi e salari da una parte, occupazione e capacità produttiva dall’altra. Ma così facendo si amplia il divario tra le diverse aree, a scapito di quelle più deboli.

SI RITORNA ALLA CONTRAPPOSIZIONE

Si ritorna alla contrapposizione che si presentò a livello globale dopo la Prima Guerra mondiale: di fronte all’eccesso di capacità produttiva procurato dalle spese belliche finanziate in disavanzo, e ai giganteschi debiti pubblici accumulati, si chiedeva un riequilibrio generale basato sulle esigenze dell’economia reale dei diversi Paesi, partendo dai lavoratori e dalle capacità produttive in ciascuno disponibili.

FRA EUROPA E STATI UNITI

In Europa, il costo del ritorno al gold standard fu generalizzato, ma risultò ancora più pesante per i Paesi usciti sconfitti dal conflitto e per quelli economicamente più deboli, come l’Italia. Gli Stati Uniti, immensamente arricchiti dall’export verso l’Europa durante gli anni del conflitto, in nulla si sacrificarono: anzi, pur di continuare a esportare, mantennero il dollaro sottovalutato rispetto all’oro affluito dall’estero, e per difendersi dal calo dei prezzi agricoli internazionali si protessero ricorrendo ai dazi. Poco o nulla è cambiato da allora. Chi ha il potere in mano, allora gli Usa a livello globale, oggi la Germania nell’Eurozona, impone agli altri l’onere dell’aggiustamento, con tagli a prezzi e salari accompagnati da forte riduzioni alla spesa pubblica.

CHE COSA SUCCEDEREBBE CON IL FME

Il punto centrale, e inaccettabile, è che con il Fme si darebbe vita a un organismo che avrebbe tutti i poteri per imporre severe condizioni all’erogazione degli aiuti agli Stati in difficoltà, sulla falsariga del Fmi, senza aver riconsiderato a livello dell’Ue la necessità di porre rimedio agli squilibri originari, sempre più ampi, che hanno determinato le crisi recenti.

LE CONTRADDIZIONI SU DEBITI E SQUILIBRI COMMERCIALI

Ancora una volta si mettono sotto controllo solo i disavanzi e i debiti pubblici, mentre non si considerano gli squilibri strutturali internazionali, economici e finanziari. Giappone, Cina e Germania esportano da anni deflazione e disoccupazione accumulando enormi attivi commerciali, che poi impiegano in modo sempre più rischioso. La crisi europea è stata innescata dalla mole di titoli tossici Usa detenuti dalle banche del nord Europa, dai prestiti erogati alle banche irlandesi e spagnole, che hanno alimentato una gigantesca bolla immobiliare.

FME COME STAMPELLA DEL FISCAL COMPACT

Il Fme sarebbe solo una stampella del Fiscal compact: servirebbe a imporre, in cambio di aiuti, misure correttive agli Stati in difficoltà con i mercati per via degli interessi sul debito insostenibili. Forse anche dopo l’istituzione del Fme andrebbe mantenuto l’Omt, il programma della Bce che consente acquisti senza limiti prefissati di titoli di Stato, seppure a condizione che sia stato prima chiesto l’intervento dell’Ue per le misure correttive. Le risorse del Fme, come quelle del Fmi, sono del tutto inadeguate a sostenere Paesi di media stazza. Figuriamoci l’Italia.

UN ALTRO PARADOSSO

C’è un ulteriore paradosso in questa impostazione, che si riflette sulla politica monetaria: la Bce, con il solo annuncio del Qe, ha molto influenzato il cambio dell’euro verso le altre principali valute. La moneta unica si è indebolita aiutando un’economia export-led come quella tedesca. Se non si correggono gli squilibri nel commercio internazionale, che espongono tutta l’Europa alle reazioni di Trump, cioè ai dazi sull’import dall’Europa, l’istituzione del Fme suona ancora più beffarda.

LE VOLONTA’ DELLA GERMANIA

A un secolo dal Trattato di Versailles, Inghilterra e Germania giocano la stessa partita a difesa della moneta come strumento di dominio e del loro ruolo di potenza economica. L’Unione europea e il progettato Fme sostenuto dalla Germania assomigliano tristemente alla Società delle Nazioni e al suo Comitato finanziario, allora dominato dall’Inghilterra, che impose la sterlina come moneta di riserva, cambi stabili e conti pubblici in pareggio. Si voleva assicurare la pace tra i popoli, ma non avendo affrontato il tema dell’equa distribuzione dello sviluppo globale, fu tutto vano.

Articolo pubblicato su Mf/Milano finanza

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