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Flat tax, salario minimo e taglio del cuneo fiscale si possono davvero realizzare? E con quali risorse?

Il post di Alessandra Servidori

Tutti i giorni il nostro Istituto nazionale di statistica pubblica dati che  spesso risultano contrastanti rispetto a quelli del giorno prima. Oggi è il caso della fiducia delle imprese e delle famiglie che pare ritornare a crescere nel nostro paese come riportano molti giornali. Ma sarebbe corretto riportare integralmente la nota sull’andamento dell’economia italiana al 5 agosto scorso dell’Istat: “Le prospettive per gli scambi internazionali, penalizzate dal protrarsi delle tensioni commerciali e dal rallentamento dell’attività economica in Cina, rimangono negative”.

Secondo la stima preliminare, nel secondo trimestre 2019, il Pil italiano ha registrato una variazione congiunturale nulla a sintesi di una diminuzione del valore aggiunto dell’industria e di un contenuto incremento in quello dei servizi. A giugno, l’indice destagionalizzato della produzione industriale, dopo l’ampio incremento di maggio, si è ridotto marginalmente in termini congiunturali.

A seguito dell’evoluzione positiva nella prima parte dell’anno, a giugno l’occupazione ha mostrato una stabilizzazione e il tasso di disoccupazione è diminuito ulteriormente, pur non riducendo il gap con la media dell’area euro. Sotto la spinta dei ribassi dei beni energetici, a luglio, l’inflazione ha continuato a rallentare e si è ampliato il differenziale negativo con la dinamica dei prezzi al consumo nell’area dell’euro e nei principali partner europei.

A luglio, l’indice del clima di fiducia dei consumatori ha registrato un marcato aumento, diffuso a tutte le componenti. Il recupero della fiducia ha coinvolto anche le imprese a eccezione di quelle manifatturiere. L’indicatore anticipatore ha interrotto la tendenza alla flessione in atto dalla fine dello scorso anno, prospettando uno scenario di lieve miglioramento dei livelli produttivi.

Sarebbe utile capire le autentiche reazioni delle parti sociali costrette a vagare nell’agosto romano tra un palazzo e l’altro, messe nelle umilianti condizioni di dire le loro scelte ma senza sapere su quali proposte il Governo si orienti, ignoranti di quale sia il Governo che effettivamente conta, poste di fronte a scelte contraddittorie e confuse, incapaci di abbozzare una risposta comune. Ma largamente insoddisfatte di un anno di Governo come ha ampiamente e dettagliatamente descritto il presidente di Assolombarda che pare in questa confusione avere un coraggio e una lucidità solitaria.

Uno spettacolo indecoroso per un Paese come l’Italia in cui la concertazione sociale è stata sempre un’arma importante per garantire la crescita e rafforzare la coesione sociale. Uno spettacolo desolante per chi ha sempre attribuito al dialogo sociale una funzione di Governo e alle parti sociali un ruolo di responsabilità sociale ed economica.

Questo agosto scellerato dovrebbe far intendere agli italiani che si dovrebbe porre un termine a questa farsa perché troppo importanti sono le scelte che si devono fare quando non vi è crescita, la povertà non diminuisce, le opere non si costruiscono, l’occupazione rimane bloccata, la fiducia delle imprese traballa e il mondo assiste ad una pericolosa guerra dei dazi che rischia di travolgere soprattutto la nostra economia.

Il Governo  dichiara  ancora un aumento del Pil nel secondo semestre dell’anno per puntare ad una crescita per il 2019 del +0,2%, anche se gli istituti di previsione stimano invece una crescita zero. Se la situazione internazionale dovesse peggiorare è però molto probabile che la produzione industriale, l’export e quindi il Pil del nostro Paese scendano più del previsto.

Il governo avrà quindi questa ulteriore situazione avversa da considerare nella prossima NADef e nella Legge di Bilancio. Le risorse a sua disposizione saranno ancora minori delle attese, una situazione che obbligherà l’esecutivo a fare una manovra ancora più restrittiva. Con queste cifre, flat tax, salario minimo e taglio del cuneo fiscale sono letteralmente impossibili da fare, nei limiti del deficit (massimo 1,8%) imposto da Bruxelles.

 

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