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Banche

Ecco come i fondi esteri azionisti di Intesa Sanpaolo e Unicredit pizzicano il governo Meloni sulla tassa

Il Financial Times raccoglie umori e malumori di alcuni fondi esteri presenti nel capitale di Intesa Sanpaolo e Unicredit che commentano la tassa sui cosiddetti extra margini delle banche.

 

Siluro via Financial Times al governo Meloni. Il casus belli è la neonata tassa sui cosiddetti extra margini (ingiusti, secondo il presidente del Consiglio, Giorgia Meloni) delle banche. Ecco umori e malumori raccolti dal quotidiano finanziario britannico.

CHI SBUFFA ALL’ESTERO CONTRO MELONI SULLE BANCHE

“Alcuni dei più grandi investitori internazionali in banche italiane hanno criticato la tassa sulle plusvalenze, avvisando che rischia di raffreddare l’entusiasmo per un settore che stava finalmente guadagnando slancio”. Inizia così l’articolo che il Financial Times dedica alla tassa sugli extraprofitti introdotta dal governo Meloni, e che è condito da interviste diversi gestori e grandi investitori.

COSA DICE UN GRANDE AZIONISTA DI INTESA SANPAOLO

“È una misura tragica”, ha affermato David Herro, chief investment officer del gestore degli statunitense Harris Associates, il sesto più grande azionista di Intesa Sanpaolo. “Per anni le banche hanno lottato in un contesto di bassi tassi di interesse. Nessuno ha implorato, né avrebbero dovuto, delle sovvenzioni”, ha aggiunto. “Ora finalmente che abbiamo un po’ di normalizzazione, il governo confisca i profitti”, dice Herro. Oliver Collin, co-responsabile delle azioni europee di Invesco, fra i top 20 azionisti di UniCredit, ha detto che il prelievo, che il ministro delle Finanze Giancarlo Giorgetti precedentemente aveva escluso, riflette “una combinazione di mancanza di chiarezza e un completo voltafaccia in termini di politica”.

NEL MIRINO I POLITICI ITALIANI

Jérôme Legras, socio amministratore di Axiom Alternative Investments, che detiene partecipazioni in banche italiane tra cui UniCredit e Intesa, ha dichiarato: “I politici non l’hanno gestita molto bene. È tutto un po’ un pasticcio. I numeri non erano chiari, hanno colto tutti di sorpresa in piena estate ed è stato uno strano modo di annunciarlo”.

L’ESEMPIO DELLA SPAGNA

Per gli azionisti, riporta il Financial Times, l’imposta mette in luce il rischio politico che comporta l’investimento nelle banche, un settore che ha fatto fatica ad attrarre capitali internazionali in una decade di tassi negativi o molto bassi. L’intervento del governo italiano segue quello della Spagna, che l’anno scorso ha introdotto una tassa del 4,8% sul reddito da interessi e commissioni per due anni con l’obiettivo di raccogliere 3 miliardi di euro per aiutare le famiglie alle prese con l’impennata del costo della vita.

IL COMMENTO DI UN FONDO ESTERO AZIONISTA DI UNICREDIT

Un altro commento è di Justin Bisseker, analista bancario presso il gestore patrimoniale Schroders, tra i primi 10 investitori in Intesa e uno dei maggiori 15 azionisti di UniCredit. “Gli investitori sono stati a lungo riluttanti a fidarsi del capitale delle banche, frutto delle cicatrici della crisi finanziaria globale, della crisi dell’euro, dell’onda di maggiore regolamentazione. Tutto ciò è profondo: quando cose come questa arrivano inaspettate hanno potenzialmente un impatto materiale sulla valutazione del capitale della banca, una cosa non di aiuto”, ha detto.

Tom O’Hara, gestore di portafoglio di azionario europeo di Janus Henderson, che è uno dei primi 15 investitori in UniCredit, dice che interventi come questo hanno giustificato la loro decisione di stanziare meno capitale alle banche. “Alla fine – afferma – è un’altra conferma dei nostri timori che è anche se entri in un ciclo in cui i guadagni tornano a crescere perché crescono i margini netti di interesse e perché non devono aumentare la quantità di capitale che hanno contro le attività di rischio, probabilmente c’è da aspettarsi che i governi si prendano gioco di loro”. E ha aggiunto: “A tutti gli effetti le banche sono solo sempre più armi dello Stato e saranno tassate come tali”.

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