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Export, ecco i settori che reggono (e che crollano). Report Sace

Tiene l'agroalimentare, calo del tessile e della meccanica strumentale: come la pandemia cambia l'export italiano secondo il report dell'ufficio studi di Sace

 

La pandemia da Covid-19 contagia anche l’export italiano, che nei primi mesi del 2020 ha mostrato un calo del 12,5% su quasi tutto il territorio nazionale.

Tiene il settore alimentare e, geograficamente parlando, tiene il Mezzogiorno, con il Molise che ha registrato una crescita delle vendite oltreconfine pari al 31,4%, secondo i dati del “Focus On” sull’export territoriale realizzato dall’ufficio studi di Sace, che ha condotto un’analisi sulle dinamiche dell’export di province e regioni italiane.

Tutti i dettagli.

I NUMERI DELL’EXPORT

Partiamo dai numeri generali. L’export, nell’anno della pandemia, ha registrato un forte calo del 12,5% su quasi tutto il territorio nazionale nei primi nove mesi del 2020, rispetto allo stesso periodo del 2019, secondo i dati del ‘Focus On’ sull’export territoriale di Sace.

Solo tra luglio e settembre si è registrata una ripresa delle vendite all’estero, a +24,1% congiunturale (quasi ai livelli del primo trimestre del 2020).

UNA SOFFERENZA A ZONE

Sul lato geografico, il Sud sembra risentire meno della crisi. L’export mostra “una dinamica meno negativa della media nel Mezzogiorno (ad esclusione delle Isole) grazie alle ottime performance dei prodotti agroalimentari”, si legge nel report, in cui si aggiunge che il Molise ha addirittura registrato una crescita del 31,45.

Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto, Toscana e Piemonte, “pur continuano a giocare ruoli da protagoniste per l’export nazionale, hanno visto un calo in quasi tutti i settori esportativi, in particolare nella meccanica e nel tessile e abbigliamento; il comparto agroalimentare, anche in queste regioni, è quello che ha saputo contenere maggiormente gli effetti negativi e in alcuni casi addirittura accrescere le proprie vendite oltreconfine”.

export

I COMPARTI CHE REGGONO

A tenere, nonostante lo shock pandemico, è il settore agroalimentare, che è riuscito a mantenersi in crescita. In Campania, Puglia, Abruzzo, Basilicata, Molise e Calabria il tasso medio di crescita del comparto di alimentari e bevande nei primi nove mesi del 2020 è stato del 10,1% rispetto allo stesso periodo del 2019, contro la media nazionale pari all’1,3%. In crescita anche l’export dei prodotti agricoli, +6,7%, grazie soprattutto alla Puglia.

Segni positivi anche per alcune categorie di prodotto: il caso del mobilio forlivese, del comparto moda di Arezzo, nonché dei macchinari agricoli del padovano e vicentino. In Toscana, il settore dei metalli e quello della farmaceutica hanno registrato una crescita di oltre il 40%.

LE PERFORMANCE DELLE REGIONI NELL’AGROALIMENTARE

Ed in particolare, a tenere alta la bandiera, al Sud, per il settore agroalimentare, è il Molise, che ha registrato una crescita delle vendite oltreconfine significativa del 30,5%. Crescita a doppia cifra anche per l’export alimentare di Basilicata (+19,3%) e Campania (+13,2%). Crescono anche Abruzzo e Puglia.

A far peggio, per il comparto, sono Sardegna (-12,2%), Calabria (-9,2), Umbria (-7,6%), Sicilia (-7,5%), Friuli, Venezia Giulia (-4,8%). Segno meno anche per Liguria, Veneto, Piemonte e Valle d’Aosta.

CROLLANO MECCANICA E TESSILE

In calo il settore tessile e l’abbigliamento.

Crollano le esportazioni anche nella meccanica strumentale, con una contrazione in tutte le regioni d’Italia. Perdite decise, nel comparto, soprattutto in Lombardia e Piemonte, per le quali il settore è significativamente importante.

 

 

 

L’OCCASIONE DEL SUD?

Che i numeri dell’export in piena crisi pandemica rappresentino un nuovo inizio per le vendite fuori confine? Forse, cero è che “Lo shock pandemico ha messo ancor più in risalto le potenzialità inespresse dell’export del Mezzogiorno, potenzialità che potrebbero essere sviluppate nel prossimo futuro sia verso quelli che sono già importanti partner commerciali (come Stati Uniti, Francia e Germania), sia verso geografie ancora poco conosciute ai prodotti meridionali”, sostiene il report di Sace.

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