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Governo Scholz

Euro digitale: perché la moneta è l’Armageddon della sovranità

Continua il viaggio nello Zeitgest dell’Europa, durante il semestre europeo a presidenza di Angela Merkel. Il post di Gianni Bessi

Viaggiando nel cuore dell’Europa e dei suoi centri nevralgici, pochi giorni fa ci ritroviamo nella nostra Roma. Qualche volta quasi ci passa di mente che proprio qui sono state gettate le basi dell’Unione alla fine degli anni ‘50. L’occasione che ci riporta in patria è l’audizione al Senato della Repubblica del ministro dell’Economia e delle Finanze Roberto Gualtieri per condividere gli esiti dell’Ecofin del 6 ottobre e del 4 novembre; si tratta dell’importante consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze di tutti gli Stati membri, responsabile della politica dell’Ue in tre settori principali: politica economica, questioni relative alla fiscalità e regolamentazione dei servizi finanziari.

Tra i numerosi passaggi e i relativi inglesismi intorno agli accordi politici sul Recovery and Relience Facility, un tema che torna più volte e che ci colpisce riguarda il Digital Finance Package, ovvero il ruolo che il digitale avrà sia per la finanza che per le economie più locali, individuata come una dimensione irrinunciabile da includere nei progetti futuri. Quello su cui si punta è la definizione di un approccio comune a tutti i paesi dell’Unione, tale da consentire un approccio condiviso e coordinato rispetto alle opportunità del mercato digitale, e che inoltre permetta di valutarne i rischi secondo un paradigma unitario.

Discorsi lineari e difficili da non condividere, con quell’attenzione al futuro facile da accogliere come lungimirante ma non così lontana da non lasciarsi intendere. Almeno fino a quando non sobbalziamo sulla sedia nel momento in cui viene nominato l’euro digitale. Poco prima si era parlato di criptovalute e di criptomercato. Battere moneta digitale sarà uno dei punti nell’agenda della Banca Centrale Europea? A prima vista così pare. La valuta fisica, quella diavoleria tradizionale e il suo odore sulfureo che da secoli accompagna l’avventura economica e sociale umana, è un argomento di cui nel nostro diario di viaggio abbiamo già accennato. A farci da sponda le analisi di Corazza, che abilmente sottolineava la stretta relazione tra sovranità e moneta. Quest’ultima è infatti uno strumento cruciale di controllo sul mercato (e sulla società), e se questi diventano digitali, anche la moneta deve seguirli per non perdere presa. Tutto ciò — mi fa notare Filippo Onoranti che ha scritto anche un valido vademecum sul tema — nei giorni in cui la prima moneta digitale nata dal mondo libero, Bitcoin, torna dopo un paio d’anni sottotraccia ai suoi massimi storici.

Una domanda che potrebbe sorgere spontanea è cosa c’entri mai l’enfasi delle parole del vicepresidente esecutivo della commissione Dombrovskis sul tema pacchetto digitale e sull’euro digitale, con l’esito del consiglio dei ministri dell’economia e delle finanze europei in questo 2020 che il Covid ha stravolto.

Ma forse basta ascoltare il vicepresidente della Bce de Guindos che in tale sede ha definito il progetto di euro digitale una necessità, specie a seguito proprio della pandemia. Sembra roba da grandi banchieri europei.

Ed infatti è quello proprio noi italiani rappresentiamo.

E non solo per la storia gloriosa dei primi banchieri italiani del rinascimento… anche se alcuni degli istituti che affondano le radici in cotanta storia, come il Monte dei Paschi di Siena, hanno perso parte degli antichi fasti, riverberando la loro crisi sul ministero dell’Economia e Finanze italiano e i suoi impegni a cedere il 68,2% dell’Istituto, aprendo un risiko sulle banche nell’era Covid che sta destabilizzando Unicredit. Una partita europea che potrebbe coinvolgere Francia, Italia, Polonia, Turchia, Russia.

Comunque siamo il terzo azionista della Bce con oltre il 12% delle quote, dopo un 18% scarso della Germania e un 14% della Francia. E noi tre deteniamo oltre il 50% delle quote nazionali di questo istituto, dunque tra i grandi banchieri europei, proprio noi italiani abbiamo una posizione di primissimo piano. Del resto la guida per otto anni alla Bce di Draghi non è stata un capriccio della storia.

Ed essendo a Roma non possiamo non ricordare, passeggiando in via Nazionale davanti al neorinascimentale Palazzo Koch, come il grande progetto dell’euro digitale abbia alle spalle l’esperienza della Banca d’Italia e di Fabio Panetta presidente, sempre per seguire l’english style della finanza, Hltf-Cbdc un acronimo che indica l’eurosistema sulla moneta digitale di banca centrale.

Ecco perché dobbiamo svegliarci dal nostro torpore, o meglio dalla nostra cattiva abitudine di considerare l’Europa come controparte, come del resto ci capita anche di rapportarci verso il nostro stesso Stato. Mentre ne siamo parte importante ed esserne protagonisti dipende solo dalla nostra scelta.

Come insegna la Merkel che in questi ultimi mesi del suo mandato alla presidenza del semestre europeo ha più volte ribadito il ruolo strategico e indispensabile della sovranità tecnologica europea (2); tutto confluisce in maniera preponderante proprio nel tema, apparentemente solo economico ma in realtà fondato su un sottostante di Information Technology e di finanza (e anche di energia…), e quindi della moneta digitale europea. L’euro digitale conferma che il gran ballo fra le banche centrali è solo all’inizio. Il viaggio continua.

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