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Ericsson

Ericsson tra corruzione e terroristi

Per i procuratori di New York, la multinazionale svedese Ericsson è stata coinvolta dal 2000 al 2016 in una “campagna di corruzione” con vari Paesi, tra cui l’Iraq nelle mani dell’Isis, e ora dovrà pagare una sanzione di oltre 206 milioni di dollari. Tutti i dettagli

 

Colpevole. Così si è dichiarata la multinazionale svedese Ericsson per aver violato le disposizioni anti-corruzione del Foreign Corrupt Practices Act (Fcpa) del 2019.

Il gruppo operante in 180 paesi nella fornitura di tecnologie e servizi di comunicazione, software e infrastrutture in ambito ICT, secondo i procuratori federali di New York, è stato coinvolto dal 2000 al 2016 in una “campagna di corruzione” con funzionari governativi di vari Paesi, tra cui l’Iraq guidato dell’autoproclamato Stato Islamico (Isis).

Pagherà una sanzione di oltre 206 milioni di dollari, dopo aver già versato 520,6 milioni di dollari nel 2019 e altri 540 milioni di dollari alla Securities and Exchange Commission (Sec).

RITORNO AL PASSATO

Secondo alcuni documenti confidenziali svelati dal Guardian nel febbraio 2022, Ericsson sarebbe stata coinvolta in casi di corruzione in almeno 10 Paesi in 4 continenti e avrebbe pagato delle tangenti al sedicente califfato islamico per poter continuare a lavorare in Iraq anche dopo la presa del potere da parte dell’Isis.

L’anno scorso, come scriveva Start, Borje Ekholm, amministratore delegato della società, aveva dichiarato che questi ultimi “pagamenti” – definiti “spese insolite risalenti al 2018” – potevano essere stati effettuati “per ottenere l’accesso a certe vie di trasporto” nel Paese.

I NUMERI DELLA CORRUZIONE

Stando a Quartz, Ericsson avrebbe pagato decine di milioni di dollari ad agenti e consulenti in Cina (di cui “almeno una parte è stata utilizzata per fornire beni di valore, inclusi viaggi di piacere e intrattenimento, a funzionari stranieri”); 2,1 milioni di dollari in tangenti a funzionari governativi di alto livello a Gibuti; 4,8 milioni di dollari al Vietnam; 45 milioni all’Indonesia e 450.000 dollari al Kuwait.

LE SANZIONI

Quindi, nel 2019, per risolvere la questione, Ericsson aveva stipulato con il Dipartimento di giustizia degli Stati Uniti un Deferred Prosecution Agreement (Dpa), ovvero una specie di accordo di non-azione penale.

La società aveva pagato una sanzione di 520,6 milioni di dollari per quella che, secondo i procuratori federali di New York, è stata una “campagna di corruzione durata anni”, che ha coinvolto funzionari governativi e portato alla falsificazione di libri e registri a Gibuti, Cina, Vietnam, Indonesia e Kuwait. Ericsson ha pagato, inoltre circa 540 milioni di dollari alla Sec.

LA VIOLAZIONE DEL DPA

Tuttavia, il lupo perde il pelo ma non il vizio e la telco con sede a Stoccolma ha violato il Dpa del 2019 “omettendo di rivelare in modo veritiero tutte le informazioni e le prove fattuali relative allo schema di Gibuti, allo schema della Cina e ad altre potenziali violazioni delle disposizioni anticorruzione o contabili dell’Fcpa”.

Secondo il Dipartimento, Ericsson “non ha segnalato e divulgato tempestivamente” nemmeno “le prove e le accuse di comportamenti relativi alle sue attività commerciali in Iraq che potrebbero costituire una violazione dell’Fcpa”, le cui “mancate comunicazioni hanno impedito agli Stati Uniti di denunciare alcuni individui e di intraprendere azioni investigative fondamentali”.

IL VERDETTO DEL DEPARTMENT OF JUSTICE

Tutti motivi che giovedì scorso hanno portato il Dipartimento a riferire che Ericsson “ha accettato di dichiararsi colpevole e di pagare una sanzione penale di oltre 206 milioni di dollari”.

La società svedese “si dichiarerà colpevole di aver messo in atto uno schema di lunga durata per violare il Foreign Corrupt Practices Act (Fcpa) pagando tangenti, falsificando libri e registri e non implementando ragionevoli controlli contabili interni in diversi paesi del mondo”, si legge nel comunicato del Dipartimento.

Il procuratore degli Stati Uniti, Damian Williams, ha detto: “Ericsson ha commesso significative violazioni dell’Fcpa e ha stipulato un accordo con il Dipartimento di giustizia per ripulire il proprio operato. La violazione da parte dell’azienda degli obblighi previsti dal Dpa indica che Ericsson non ha imparato la lezione e ora sta affrontando un prezzo salato per i suoi continui passi falsi”.

La telco dovrà inoltre scontare un periodo di libertà vigilata fino a giugno 2024 e ha acconsentito a un’estensione di un anno del controllo indipendente della conformità.

PENTITI PENTITI?

Ora per l’ad di Ericsson, Ekholm, il caso è chiuso. “L’adozione di questo provvedimento significa che la questione delle violazioni è ora risolta – ha detto in comunicato stampa -. […] Questa risoluzione ricorda con chiarezza la storica cattiva condotta che ha portato al Dpa.  Abbiamo imparato da questa esperienza e stiamo intraprendendo un viaggio importante per trasformare la nostra cultura. Per essere un vero leader del settore, dobbiamo essere leader nel mercato e nella tecnologia, ma anche nel modo in cui conduciamo la nostra attività”.

L’azienda ha voluto inoltre precisare che un’indagine condotta internamente “non ha concluso che la società abbia effettuato o sia stata responsabile di pagamenti a organizzazioni terroristiche” e che anche “una successiva indagine condotta nel 2022 non ha modificato tale valutazione”.

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