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Equo compenso: cosa prevede la norma che tutela i professionisti

L’equo compenso diventa legge. In terza e ultima lettura, ieri la Camera ha approvato (243 sì, zero no, 59 astenuti, del gruppo Pd) la proposta di legge sull’equo compenso delle prestazioni occasionali. Tutti i dettagli

 

L’equo compenso diventa legge. In terza e ultima lettura, ieri la Camera ha approvato (243 sì, zero no, 59 astenuti, del gruppo Pd) la proposta di legge sull’equo compenso delle prestazioni occasionali.

Tredici articoli per disciplinare equità e proporzione dei compensi con la possibilità di tutelare i diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso l’azione di classe.

Le nuove norme riguardano le prestazioni professionali in favore di imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), ma anche quelle per imprese con più di 50 lavoratori nell’anno precedente all’incarico e con ricavi annui sopra i 10 milioni.

Rientrano anche le prestazioni per la Pubblica amministrazione e società partecipate, ma non quelle per società veicolo di cartolarizzazione e gli agenti della riscossione.

COS’È E COME DI DETERMINA L’EQUO COMPENSO

Il disegno di legge sull’equo compenso arriva dalla scorsa legislatura e nasce da un’iniziativa di Fratelli d’Italia e Lega. L’obiettivo della norma è proteggere il lavoro dei professionisti e dei lavoratori autonomi che dovranno ricevere un compenso equo, ossia “il compenso deve essere proporzionato alla quantità e qualità del lavoro svolto e al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale nonché conforme ai parametri per la determinazione dei compensi previsti”. I parametri dell’equo compenso sono stabiliti “per gli avvocati, dal regolamento di determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense”, “per gli altri professionisti iscritti a ordini o collegi, dai regolamenti di determinazione dei parametri stabiliti con decreto del Ministro vigilante la professione”, “per gli esercenti professioni non organizzate in ordini o collegi da decreti del Ministro dello sviluppo economico”.

CHI TUTELA LA LEGGE SULL’EQUO COMPENSO

In particolare, la norma vuole tutelare i professionisti che si interfacciano con i cosiddetti contraenti forti, e cioè le “imprese bancarie e assicurative (e loro controllate e mandatarie), nonché di imprese che nell’anno precedente al conferimento dell’incarico hanno occupato alle proprie dipendenze più di 50 lavoratori o hanno presentato ricavi annui superiori a 10 milioni di euro”. Inoltre, “l’articolo 2, al comma 3, estende l’applicazione della disciplina dell’equo compenso alle prestazioni rese dal professionista nei confronti della pubblica amministrazione, delle società partecipate dalla pubblica amministrazione e delle società disciplinate dal testo unico in materia di società a partecipazione pubblica. Inoltre la norma bolla come “nulli” gli accordi al di sotto di una soglia predeterminata, patti che vietano al professionista di chiedere acconti in corso d’opera o che gli impongano l’anticipazione delle spese, così come per clausole o pattuizioni che riconoscano al committente vantaggi sproporzionati. “Gli agenti della riscossione devono garantire comunque, all’atto del conferimento dell’incarico professionale, la pattuizione di compensi adeguati all’importanza dell’opera, tenendo conto, in ogni caso, dell’eventuale ripetitività della prestazione richiesta”, si legge nel testo di legge.

LA CENTRALITÀ DEGLI ORDINI PROFESSIONALI

La norma, inoltre, prevede un nuovo ruolo centrale per gli ordini professionali che dovranno rivedere il Codice deontologico inserendo sanzioni per il professionista che consegna un preventivo non equo e non «proporzionato alla prestazione professionale richiesta e determinato in applicazione dei parametri». Le imprese committenti potranno adottare di modelli standard di convenzione concordati con le rappresentanze professionali. Inoltre, gli ordini saranno gli “arbitri” di ultima istanza per valutare la congruità delle parcelle. Infine, la norma permette la tutela dei diritti individuali omogenei dei professionisti attraverso class action proposte dalle rappresentanze professionali e istituisce, presso il Ministero della giustizia, l’Osservatorio nazionale sull’equo compenso.

LA LEGGE SULL’EQUO COMPENSO SI APPLICHERÀ A 78MILA REALTÀ

I soggetti, aziende e pubbliche amministrazioni, interessate dalla normativa sono poco meno di 80mila. La norma sull’equo compenso si applicherà per le oltre 27mila amministrazioni pubbliche (locali, centrali e loro società partecipate) e per altre 51mila realtà imprenditoriali che superano i parametri di fatturato e di dimensioni stabilite dalla legge. Il Sole 24 ore fa una disamina delle aziende alle quali si applicherà la norma. “Più di 33mila (su un totale che sfiora i sei milioni) sono le imprese private che superano il primo requisito, ovvero la soglia dei 50 dipendenti, oltre la quale l’equo compenso sarà obbligatorio – si legge sul quotidiano finanziario -. Mentre per altre 35.165 l’equo compenso scatterà in base al fatturato che, in base all’ultimo bilancio depositato in Camera di commercio, dovrà superare i 10 milioni (anche qui su un totale di circa un milione di società di capitali tenute a depositare il bilancio)”.

LA SODDISFAZIONE DELLA MAGGIORANZA

È una grande conquista, secondo la capogruppo della Lega in commissione Giustizia e relatrice del provvedimento Erika Stefani. “L’approvazione all’unanimità al Senato della legge sull’equo compenso ci porta, finalmente, a un passo dalla meta: il riconoscimento della piena dignità economica alle prestazioni professionali – dice il sottosegretario al Ministero della giustizia Francesco Paolo Sisto -. Basta patti leonini ai danni dei professionisti, soprattutto giovani, e basta contratti capestro. L’on Marta Schifone (FdI), riconosce che questa norma porrà un freno alle trattative al ribasso. Soddisfazione anche in casa Lega con Jacopo Morrone (Lega), firmatario del provvedimento, che parla una riforma attesa da tempo per superare quello scoglio che sta penalizzando una parte significativa della nostra società e che valorizza merito e talento.

LE PERPLESSITÀ DELLE OPPOSIZIONI

Resta qualche perplessità della minoranza. Il Movimento 5 Stelle e il Pd hanno provato, sinora senza successo, a estendere la normativa anche alle Pmi. Si è astenuto invece il Pd che aveva chiesto una serie di modifiche al testo tra cui l’ampliamento della platea delle imprese obbligate a riconoscere l’equo compenso: «Pur apprezzando la norma, non possiamo non registrare con rammarico che si tratta di una occasione persa che lascerà fuori dalla tutela ancora centinaia di migliaia di liberi professionisti».

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