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Inflazione

Non solo Pnrr. Cosa si può fare contro il caro energia

Il Pnrr va rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli investimenti in campo energetico. L’intervento di Alessandra Servidori, docente di politiche del lavoro, componente il Consiglio d’indirizzo per l’attività programmatica in materia di coordinamento della politica economica presso la presidenza del Consiglio

 

Il ministro dell’Economia, Daniele Franco, ha affermato che il Pnrr non si deve modificare per la questione del caro energia e la guerra e sicuramente i motivi per cui l’Europa si è data questo piano non sono cambiati poiché rimangono gli obiettivi del Piano di uscire dalla recessione, affrontare la questione climatica per la manifattura, cambiare i prodotti, il modo di viaggiare e consumare, la rivoluzione tecnologica e l’inclusione. Quindi dobbiamo avere chiari questi obiettivi e semmai bisogna accelerare poiché Next Generation Ue ha la priorità della sostenibilità climatica, l’evoluzione tecnologica e l’inclusione.

Vero è comunque che il Dipe e il Cipess (Dipartimento economico della presidenza del Consiglio) hanno organizzato un seminario per affrontare le modalità di sviluppo della direttiva Draghi del 7 dicembre 2021 che ha indicato le linee guida di indirizzo sull’Azione dl Comitato interministeriale per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile per l’anno 2022. Ricordiamo che la direttiva impone di adottare entro quest’anno (dunque ora) una delibera contenente le linee guida generali comprensiva di una relazione descrittiva e di riferimento al possibile set di indicatori di sostenibilità, coerenti con il regolamento Ue 852/2020 e atti successivi delegati sulla base delle quali le amministrazioni componenti il Comitato sottoporranno a decisione proposte di investimento coerenti e compatibili con gli obiettivi di sviluppo sostenibile. E dunque in alcuni ambiti specifici di riferimento: infrastrutture, coesione, ambiente, aree urbane imprese e attività produttive sanità ricerca innovazione politiche agricole.

E allora, pur nella consapevolezza che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia, vi è la preoccupazione delle associazioni industriali della debolezza del decreto energia recente del CdM di determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo. Tra le imprese del Nord c’è fortissima preoccupazione: occorre intervenire immediatamente, con ogni misura possibile e sostenibile, per compensare l’aumento dei costi dell’energia – anche attraverso un price cap/tetto sui prezzi – e gli effetti delle sanzioni legate alla guerra per i settori o le imprese direttamente colpite. L’Italia e la sua industria stanno pagando un prezzo molto alto in Europa.

La trasparenza del mercato energetico deve poter permettere di legare al costo delle forniture il prezzo al cliente, non ai valori oscillatori delle speculazioni quotidiane. Anche il sistema fiscale che grava sui prodotti energetici va reso lineare, chiaro e trasparente. Non è possibile che le imposte raddoppino il costo del carburante e siano la sommatoria di accise accumulate nei decenni senza più alcun riferimento alla situazione attuale.

Perché non prendere esempio dal Portogallo, dove il governo ha chiesto alla UE la riduzione dell’aliquota IVA dal 23% al 13%? La scelta di intervenire con “sconti” e ristori temporanei limitati nel tempo e negli impatti pare in contrasto con le previsioni, anche quelle meno pessimistiche, di alti livelli dei prezzi sui mercati energetici prolungati nel tempo. Il problema della insostenibilità grava sulle ipotesi o gli scenari di riduzione “teorici” dei consumi energetici dell’industria. Le strategie europee, a partire dal Fit for 55, vanno riviste in una logica di transizione “sostenibile”, non di obiettivi irraggiungibili per tutti i settori industriali, dalle plastiche all’auto. La transizione va discussa velocemente, condivisa e programmata insieme all’industria.

Visto il diverso impatto del costo dell’energia nei vari paesi europei, le imprese italiane sono quelle la cui competitività è maggiormente a rischio. Dobbiamo definire rapidamente un vero e proprio Piano energetico nazionale che preveda un nuovo mix di forniture e fonti accelerando la realizzazione degli impianti di rinnovabili sbloccando, nell’interesse nazionale, gli iter autorizzativi, oggi di fatto bloccati in molti ambiti ed aree.

Così come è indispensabile accelerare l’aumento del prelievo nazionale di gas, anche con nuove esplorazioni, e riattivare gli investimenti previsti sui rigassificatori. È evidente che il Pnrr su alcune voci va rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli investimenti in campo energetico, mentre con maggiore decisione devono essere riprese le riforme timidamente approcciate in questi mesi: prima di tutte quella del fisco, intervenendo strutturalmente sul cuneo fiscale. Gli effetti dell’inflazione sui salari rischiano di essere ulteriormente “deprimenti” per l’economia e per le imprese italiane.

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