La direttiva europea sull’efficientamento energetico degli immobili, meglio conosciuta come “direttiva case green“, potrebbe “imporre obblighi significativi in un arco temporale circoscritto” e avere “un impatto significativo per il patrimonio immobiliare italiano”. Lo si legge in un recente rapporto della Banca d’Italia, intitolato Il miglioramento dell’efficienza energetica delle abitazioni in Italia: lo stato dell’arte e alcune considerazioni per gli interventi pubblici.
QUANTO PESANO GLI EDIFICI SULLE EMISSIONI DELL’UE
Secondo gli autori del report, “l’impegno a favore della de-carbonizzazione non necessariamente deve concretizzarsi attraverso target obbligatori sull’EE [efficientamento energetico, ndr] del settore residenziale, anche se quest’ultimo è responsabile di una quota significativa delle emissioni. Altre forme di intervento potrebbero essere più efficienti in termini di costi, ovvero in grado di raggiungere a parità di spesa una riduzione maggiore di gas climalteranti”.
Gli edifici – dicono le stime della Commissione europea – valgono il 40 per cento dei consumi energetici comunitari e sono responsabili del 36 per cento delle emissioni di gas serra; circa il 75 per cento del patrimonio immobiliare europeo è inefficiente dal punto di vista energetico.
IL PATRIMONIO IMMOBILIARE ITALIANO HA UN’EFFICIENZA ENERGETICA BASSA
Il patrimonio immobiliare italiano è composto da 36 milioni di abitazioni (su un totale di circa 77 milioni di unità immobiliari), “con una quota significativa che presenta caratteristiche di performance energetiche insoddisfacenti. Il mercato immobiliare italiano si caratterizza per l’ampia quota di immobili in cui risiedono i proprietari, mentre la quota in affitto risulta rilevante solo per le famiglie più povere”.
LE CASE GREEN STIMOLERANNO DAVVERO LA DECARBONIZZAZIONE EUROPEA?
Secondo Bankitalia, “la spesa per il Superbonus, tenendo conto di stime di tipo ingegneristico sull’efficacia degli interventi, ha dato luogo a una riduzione di emissioni molto al disotto di quella che si sarebbe potuta realizzare con scelte alternative”. Inoltre, la crescente elettrificazione dei consumi energetici – cioè, nel concreto, la sostituzione dei fornelli a gas e delle caldaie con, rispettivamente, i piani a induzione e le pompe di calore – e la maggiore disponibilità di fonti pulite per la generazione elettrica “renderebbero meno rilevante il risparmio energetico per gli obiettivi della de-carbonizzazione”.
In altre parole: se nel futuro prossimo i consumi elettrici causeranno sempre meno emissioni grazie alla sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili, ha senso investire grandi somme nell’efficientamento energetico delle abitazioni? Peraltro, nel rapporto si precisa che “l’evidenza di rendimenti positivi [della riqualificazione energetica delle abitazioni, ndr] non è tuttavia garanzia che il rapporto tra costi e benefici degli investimenti in efficienza energetica sia positivo”.
SERVONO PIÙ DATI
Nel valutare la convenienza delle norme di efficientamento energetico, Bankitalia parla di un “elemento critico” che ha a che vedere con la “scarsa disponibilità dei dati sull’efficienza energetica delle abitazioni, sui consumi energetici e sulle misure di incentivazione passate. Una più ampia disponibilità di queste informazioni favorirebbe la trasparenza e gli sviluppi di mercato (come ad esempio l’azione delle banche e del settore privato a favore degli investimenti in EE)”.
“Potrebbe essere utile”, si legge nello studio, “che le imprese fornitrici di servizi energetici evidenziassero i risparmi che si otterrebbero dopo gli investimenti in EE (ad esempio fornendo in bolletta i consumi medi delle abitazioni simili per caratteristiche dell’immobile e del nucleo familiare, ma appartenenti a classi energetiche con performance migliori)”.
I CONSIGLI DI BANKITALIA SUGLI INTERVENTI A CARICO DEL BILANCIO PUBBLICO
Nelle conclusioni del report, Bankitalia sottolinea cinque aspetti “importanti” relativamente agli interventi di efficientamento energetico a carico del bilancio pubblico. Eccoli:
- La selezione dei beneficiari e degli immobili da agevolare dovrebbe essere tale da indirizzare le risorse prevalentemente alle famiglie bisognose (es. individuate in base all’ISEE) e, a parità di condizioni familiari, alle abitazioni meno efficienti in termini energetici, limitatamente a quelle che sono occupate per la maggior parte del tempo. In caso di abitazioni in affitto private, potrebbe essere valutata l’ipotesi di concedere incentivi fiscali rafforzati (ad esempio, forme di tassazione agevolata del canone) al raggiungimento di determinati livelli di EE, oppure di subordinare la locazione al rispetto di standard minimi, come accade in altri paesi, sempre prevedendo agevolazioni fiscali all’efficientamento. Per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica (ERP), il costo degli investimenti potrebbe essere integralmente o in larga parte sostenuto direttamente dalla proprietà pubblica mediante un fondo statale che cofinanzi gli interventi di riqualificazione, incluse le spese di progettazione.
- Per quanto riguarda la modalità dell’intervento, come accade già in altri paesi, esso potrebbe articolarsi in un mix più equilibrato di strumenti che tenga conto delle caratteristiche delle diverse categorie di destinatari: alle detrazioni e ai crediti d’imposta (attualmente prevalenti in Italia) potrebbero essere affiancate forme di sussidio diretto e di sostegno all’accesso al credito.
- La misura dell’incentivo dovrebbe sempre prevedere una compartecipazione al costo da parte del beneficiario per limitare rischi di azzardo morale ed essere modulata in relazione al risparmio energetico atteso, al costo dell’intervento e alle caratteristiche reddituali e patrimoniali dei destinatari.
- Per quanto riguarda i profili di finanza pubblica, qualora in futuro si desiderasse aumentare le risorse pubbliche rispetto alla situazione precedente al Superbonus, dovrebbero essere identificate forme di finanziamento degli interventi adeguate e certe, che potrebbero derivare ad esempio, prioritariamente, da selezionati tagli ai sussidi ambientalmente dannosi e dall’introduzione di un sistema di carbon pricing complementare all’EU-ETS.
- Sarebbe infine necessario assicurare un adeguato livello di stabilità e certezza dell’incentivo.